Quante volte capita di passeggiare per le strade di una città, come turisti o come semplici residenti, e osservare scritte tondeggianti, disegni variopinti, che si alternano di muro in muro, di parete in parete, di edificio in edificio?
Quante volte lo sguardo pesca dal suo campo visivo scritte romantiche di giovani amanti, disegni che ricoprono intere facciate celebrando grandi personaggi del passato, stencil satirici che sbeffeggiano capi politici, graffiti, murales, stencil? Ecco, tutto questo è Street Art, amata dai giovani e (spesso) incompresa, se non rifiutata, dalle “vecchie leve” della società.
Irriverente, ironica, socialmente “aggressiva”, profondamente underground, urbana, ma sempre LIBERA. Potentemente “anti-sistema” e capace di evadere dai contesti accademici per portare l’arte in strada, per renderla alla portata di tutti e per trasformare gli spazi urbani in pinacoteche all’aria aperta.
Nata tra gli anni ’60 e ’70, la Street Art affonda sue radici negli States. Si denota fin da subito come forma di ribellione artistica di giovani statunitensi cresciuti in ambienti underground e ben “nutriti” da una certa cultura hip-hop. Una cultura che proprio negli anni ’70 inizia a diffondersi tra i costumi, le mode e lo stile di vita di adolescenti intolleranti agli schemi omologatori imposti dalla politica e dalla società.
Questa “intolleranza sociale”, unita al fatto di essere una forma d’arte “urbana”, hanno fatto la fortuna della Street Art. Essa ha dato a molti giovani lo stimolo decisivo per identificarsi in una nuova forma d’arte che non necessita di particolari mediazioni o meditazioni accademiche. Uno stimolo che ancora oggi spinge giovani artisti, aspiranti e intolleranti, a ricercare nella Street Art il mezzo più adeguato per far emergere la propria creatività.
Vandalismo o forma d’arte?
Si è parlato di Street Art come “forma d’arte”, ma quante volte capita di osservare gli stessi edifici e le stesse pareti brutalmente imbrattate da scritte incomprensibili, artisticamente “anonime”, grammaticalmente orrende, da scritte e figure eseguite con segni “nervosi” e che fanno precipitare in decadenza il paesaggio urbano, sopratutto quello di periferia?
Ecco che si innesta una questione. Quanto è sottile la linea che sancisce il passaggio da vandalismo a forma d’arte? Dove termina il primo e inizia la seconda?
Semplice, direbbero molti. Quando un murales o un graffito è brutto esteticamente, viene eseguito illegalmente e con il fine esclusivo di imbrattare luoghi pubblici, allora assume l’etichetta di “atto vandalico”. Al contrario, quando appare esteticamente bello, senza imperfezioni, e viene eseguito legalmente, previa autorizzazione del comune/privato in questione, allora in quel caso rientra nella categoria di “opera d’arte”.
Ma siamo davvero sicuri che questa netta dicotomia sia sempre valida?
Non ci sono dubbi che l’atto meramente vandalico rappresenti a tutti gli effetti uno scempio urbano (e talvolta anche grammaticale), ma non sempre la linea che separa il vandalismo dalla forma d’arte è così spessa, anzi.
Le origini
Risalendo alle origini della Street Art, si può intendere come gli stessi pionieri di questa corrente artistica, ai loro albori, non si ponessero minimamente il problema se ciò che stavano facendo fosse giusto o sbagliato, legale o illegale, artistico o vandalico. Anzi, al contrario, la Street Art si presentò fin da subito come forma di esigenza, ribellione ed emancipazione artistica, perpetuata, spesso, proprio attraverso atti vandalici.
Come per qualsiasi altra corrente artistica, è poi fondamentale considerare il contesto storico-sociale in cui essa nacque. Come detto, siamo tra gli anni ’60 e ’70, il periodo post Boom Economico. L’epoca in cui le masse transitano e si concentrano nei centri urbani che, proprio in questo periodo, vivono la loro “epoca d’oro”. E allora ecco che si parla di “nuovo urbanesimo”, “miracolo economico”, “cultura pop”.
Ci si ritrova in un contesto in cui le metropoli esplodono. Si comincia a parlare di “pubblico” e la società di massa si fa sempre più pressante. Il tutto accompagnato dal deterioramento delle periferie, che si configurano nell’immediato come il residuo urbano delle grandi città, come il deposito di ciò che in centro città non può assolutamente esserci: il degrado urbano e civile.
Pareva quindi che il rapido sviluppo delle città progredisse in rapporto direttamente proporzionale al degrado imperante delle periferie. Per ogni palazzo costruito, per ogni quartiere finanziato progredito nel centro città, vi era un immancabile peggioramento del livello di decadenza nelle zone periferiche.
Ecco che, in questa situazione, si potrebbe dire paradossale, emerse una nuova modalità di espressione artistica che si appropriava esattamente di quegli spazi urbani in decadenza. Quasi a voler dar loro una nuova visibilità, come a voler dire “ricordatevi che esistiamo anche noi…”. Proprio quegli spazi urbani divennero un po’ i luoghi prediletti da questa nuova corrente artistica. Spazi dove l’atto di pitturare pareti ed edifici era sì un gesto vandalico, ma finalizzato a veicolare messaggi di denuncia sociale.
Pertanto proprio in quanto “atto vandalico” quel gesto assumeva una dimensione artistica. O meglio, l’atto vandalico finiva per essere trasceso dal messaggio veicolato, conquistandosi così l’epiteto di “gesto artistico”.
La street art oggi: controtendenza
Oggi, invece, la Street Art sembra aver acquisito una connotazione inedita rispetto alle sue origini. Pare infatti che la distinzione tra vandalismo e gesto artistico sia sempre più chiara e marcata.
Anzi, vi è di più. Oggi sembra esserci una maggiore consapevolezza della potenza artistica che la Street Art può assumere. Addirittura le città stesse sembrano aver compreso il ruolo che questa forma d’arte può rivestire per la collettività.
Sempre più spesso infatti gli stessi comuni e le amministrazioni locali coinvolgono street artists in progetti di riqualificazione urbana, volti a riportare in auge interi quartieri che versano in situazioni sociali ed economiche piuttosto difficili, oppure che sono stati semplicemente dimenticati.
Sembra che la situazione si sia totalmente capovolta. Addirittura pare che, paradossalmente, la Street Art abbia “perso” quel suo carattere fondamentale. Ovvero la sua natura underground che tanto affascinava gli adolescenti newyorkesi degli anni ’70. Da corrente artistica anti-sistema è diventata uno strumento artistico (spesso) al servizio del “sistema” stesso.
CREDITI
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