Manzoni era forse un veggente o uno che il genere umano lo aveva capito veramente?
PREMESSA ALL’ARTICOLO: Sono presenti citazioni dai Promessi Sposi, che ci siamo permessi di parafrasare in un italiano più attuale per rendere la lettura più fruibile. Pensiamo però che quel capitolo XXXI di cui stiamo andando a parlare, ora, abbia tutto un altro sapore, e ci permettiamo quindi di invitarvi a leggerlo direttamente (in bibliografia trovate un link diretto). Grazie e buona lettura.
“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto anche che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia.”
Inizia così il capitolo XXXI dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, romanzo storico per eccellenza, pubblicato nella sua versione definitiva nel 1840, ma ambientato ben due secoli prima (tra il 1628 e il 1630).
“L’emergenza coronavirus in Italia continua. L’ultimo bollettino della protezione civile sul Coronavirus in Italia segna un +2.076 casi rispetto a ieri (…) L’Oms dichiara la pandemia per il Covid-19”.
Inizia così, invece, un articolo pubblicato mercoledì 11 marzo 2020, su Il Messaggero.
Appena qualche riga più tardi, con l’intento di provare quanto caotica e tragica fu la peste di Milano del ‘600, Manzoni si affretta ad aggiungere:
“Delle molte cronache contemporanee ai fatti, non ce n’è nessuna che da sola sappia darne un’idea un po’ distinta e ordinata”.
Insomma: il quadro dell’Italia fino a due giorni e mezzo fa. Distinta e ordinata, la nostra informazione non ha mai saputo esserlo. Voci contrastanti, stonate e scordate, di giornalisti, politici, chimici, scienziati, dottori, influencers qualunque assolutamente non qualificati, erano pronte a urlare la propria opinione, oscillante fra due estremi antitetici più che mai, distanti all’inverosimile, ossia quello “è solo una normale influenza” e “è grave, va presa sul serio”.
Per una persona qualunque che accende la televisione e si trova a fare zapping, è paradossale passare da un canale dove il Coronavirus è solo l’influenza ad un altro canale nel quale si prevede un destino apocalittico. Questo confonde, troppo. La parola agli esperti, è proprio il caso di dirlo, e su questo non ci piove. Dunque la preghiera è questa: che parlino SOLO gli esperti, e che si sincronizzino in un bel coro!
Questo coro sembrerebbe essere approdato sulle rive della nostra informazione soltanto un paio di giorni fa.
Ma un attimo, andiamo avanti a leggere il Manzoni:
“In ognuna di queste relazioni (…) sono omessi fatti essenziali, che sono raccontati in altre; in ognuna ci sono errori materiali, che si possono riconoscere e correggere con l’aiuto di qualche altra, o di quei pochi atti della pubblica autorità, editi e inediti, che rimangono; spesso in una si vengono a trovar le motivazioni per cui nell’altra si erano visti, come in aria, gli effetti. In tutte poi regna una strana confusione di tempi e di cose; è un continuo andare e venire, come alla ventura, senza disegno generale, senza disegno ne’ particolari”.
A buon intenditor, poche parole. Quali, e quante, e soprattutto quanto attendibili saranno le fonti che avrà chi, nel 2200, vorrà raccontare il Coronavirus? Ma Manzoni continua a fare la cronaca del 2020 in modo sbalorditivo:
“Il protofisico Lodovico Settala aveva individuato quella peste quando ancora c’erano pochi casi, e ne era stato uno de’ più attivi e intrepidi curatori; questo riferì, il 20 d’ottobre presso il tribunale della sanità, che nei pressi di Milano era scoppiato indubitabilmente il contagio. Non fu per questo presa veruna risoluzione”.
Forse ora anche a voi sarà venuto in mente, ad esempio, Roberto Burioni, e tutti coloro che come lui hanno iniziato a mettere in guardia quando il virus sembrava ancora lontano, e la maggior parte di noi si sentiva di sottovalutarlo.
Ora, andiamo avanti:
”Ma ciò che (…) fa nascere una grande meraviglia, è il comportamento di quella parte di popolazione che non era ancora stata contagiata, ma avrebbe avuto motivo di averne paura. Arrivò da paesi vicinissimi, a pochi chilometri, la notizia del contagio. Non sarebbe forse stato ovvio che la popolazione prendesse precauzioni? Eppure, l’unica cosa su cui le cronache del tempo concordano, è il fatto che nessuno lo fece”.
Manzoni racconta anche che appena la peste invade Milano, scatta la caccia a quello che, nel lessico contemporaneo, i media avrebbero definito come il paziente zero. Si pensò di averlo individuato, e che dunque il pericolo fosse contenuto e sotto controllo, e si potesse isolare:
“Il tribunale della sanità fece segregare e sequestrare in casa la di lui famiglia; i suoi vestiti e il letto in cui era stato all’ospedale, furono bruciati”.
Si isolano familiari, curatori, oggetti che il malato aveva toccato; tuttavia, la cronaca recente ci insegna che il contagio epidemico non può essere contenuto più di tanto, e infatti:
“Ma il soldato ne aveva causato delle infezioni che non tardarono ad esplodere”: qui Manzoni fa un lungo elenco. E ci racconta il diffondersi dell’epidemia.
Perché la peste si diffonde?
“Per l’imperfezion degli editti, per la trascuranza nell’eseguirli, e per la destrezza nell’eluderli, andò covando e serpendo lentamente, tutto il restante dell’anno, e ne’ primi mesi del susseguente 1630”. (Questa citazione era troppo perfetta per meritare una parafrasi).
La gente però continua a non credere al contagio, e ad addossare ai medici la colpa di esagerare (“Di quell’odio ne toccava una parte anche agli altri medici che, convinti come loro, della realtà del contagio, suggerivano precauzioni, cercavano di comunicare a tutti la loro dolorosa certezza”).
Il capitolo del Manzoni è di un’attualità che sa sbalordire, a chi sa leggerlo con gli occhi giusti.
Tutto il disordine che in Manzoni si crea con l’inizio della peste, forse oggi si sarebbe potuto evitare, se per una volta si fosse deciso di lasciar parlare gli esperti e mettere a tacere i tuttologi di turno, laureati e dottori un giorno in serie A, il giorno dopo in vitamina C e quello dopo ancora in scienze politiche, economiche, mediche, e chi più ne ha più ne metta.
Ci rivolgiamo anche ai giornalisti: non lasciate parlare tutti, filtrate! Non si tratta di politica, non si tratta di opinioni: questa è un’emergenza sanitaria, l’azione deve essere direzionata in un verso solo, l’informazione deve essere pulita, efficace, breve, coincisa, numerica e, soprattutto, scientifica. È una richiesta: ne va della salute pubblica, e se l’informazione non è chiara, la popolazione non ha i mezzi per veicolare e gestire i propri comportamenti.
La scienza non conosce opinioni, conosce solo prove ed esperimenti, tentativi fallimentari o vincenti. Se il lavoro del giornalista è quello di informare, è di certo un bene che in politica si riportino le voci di maggioranza e opposizione, ma è ovvio che questo non deve accadere con un’emergenza sanitaria in corso: non si tratta (o almeno, non dovrebbe) di politica, si tratta di salute.
Ora ci rivolgiamo a tutti: per favore, è ora di smetterla di credere a tutto ciò che si legge e si sente dire senza risalire alle fonti. Smette di andare nel panico per le catene di WhatsApp. Basta sparare cifre a caso prese da chissà quali statistiche inesistenti. Basta informarsi su siti che non citano le fonti: la bibliografia, i riferimenti, i dati, sono importanti. Con l’augurio che questa situazione possa insegnarci il senso critico, che ci insegni a non credere a notizie non verificate e non verificabili.
FONTI Bibliografia di riferimento CREDITS
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