Gucci Art Wall e nuovi metodi di comunicazione visiva

Non vi è dubbio che Milano sia ormai considerata la città della moda.

Il Quadrilatero d’Oro sembra essere al centro di un ampio programma creativo. La famosa via Montenapoleone, negli ultimi tempi, si è conquistata il primo posto in fatto di eventi e sfilate, che durante l’anno arricchiscono boutique e negozi lussuosi.

Dall’altro lato, è doveroso ammettere che la città meneghina sia al centro di un sistema culturale ricchissimo. Questo – insieme a quello delle nuove tendenze – permette una notevole crescita generale.

Se poi si considera il fatto che questi due elementi viaggiano spesso a braccetto, allora possiamo presto renderci conto di vivere in una grande e valorosa città.

Durante una passeggiata in centro, dopo aver superato Porta Garibaldi e prima di arrivare in Moscova, ci si imbatte nel Gucci Art Wall. Questo, a partire da maggio 2017, abbellisce nel vero senso della parola la zona di Largo La Foppa a Milano.

In poche parole, si tratta di street art. In pratica è una tela urbana di 176 metri quadrati, niente meno che la facciata laterale di un vecchio palazzo storico che periodicamente viene minuziosamente decorata.

Come? In base alla volontà della famosissima casa di moda italiana.

Un connubio tra marketing e arte contemporanea.
Invece dei già noti cartelloni pubblicitari, che non sempre catturano la nostra attenzione, si è pensato di promuovere le nuove collezioni Gucci puntando proprio sullo stupore.

L’idea è nata grazie al direttore creativo della casa di moda italiana: Alessandro Michele. Un’idea nata quasi per gioco, e che in poco meno di due anni ha superato i confini nazionali, arrivando persino in città come Hong Kong, Taipei e New York.
Milano è stata la città da cui tutto è partito, in cui si è sviluppata l’idea e dalla quale ha preso piede il progetto.
A primo impatto, queste grandi tele murate sembrano stampate. Se ci si avvicina alla facciata, invece, ci si accorge presto che i colori non sono altro che pennellate di intonaci e che tutto è precisamente studiato nei minimi dettagli.

L’originalità del piano promozionale sta nella sua continua varietà. Sia dei soggetti rappresentati che negli articoli pubblicizzati. Profumi, borse, accessori ed eleganti tailleur sono solo alcuni dei pezzi in bella vista che vogliono essere reclamizzati.

Per varietà non si intende solo questo, quanto piuttosto il continuo cambio di sceneggiatura.
Esattamente come un cartellone pubblicitario, anche il Gucci Art Wall cambia a seconda della stagione, della moda e delle tendenze che in quel momento irradiano sulla scena. Artisti ogni volta diversi mettono a disposizione la loro creatività per concepire sempre qualcosa di nuovo. Il muro dipinto viene continuamente modificato; così facendo lo stupore è all’ordine del giorno.

Tutto iniziò, quasi tre anni fa, con un grande e semplice murales realizzato dall’artista americano Yayde Fish, sul quale era impressa una sola frase: “Common sense is not that common”, letteralmente “Il buon senso non è così comune”. La grande scritta nera, che occupava interamente lo spazio, presentava una calligrafia quasi elementare e poco incline ad una casa di moda considerata tra le più prestigiose della città di Milano.
Nessuna immagine, nessun prodotto, nessun colore, ma solo ed esclusivamente una frase, che nel suo piccolo ha contribuito a far partire il progetto con una spinta non comune, ma senz’altro curiosa.

E poi è stata la volta di Angelica Hicks, giovanissima illustratrice londinese. Scoperta su Instagram da Alessandro Michele, quest’ultimo è rimasto folgorato dal suo stile. Da questo interesse è nata una collaborazione, la quale ha portato inizialmente alla realizzazione di undici t-shirt, di cui sono stati prodotti in edizione limitata cento pezzi per ogni modello.

Dopo poco tempo, il successo raggiunto le ha permesso di collaborare con Gucci anche attraverso l’arte dei suoi murales. Con la grande opera intitolata “Freaks and geeks” la giovane artista ha scardinato ogni possibile paletto, donando all’intero progetto un pizzico di ironia e spensieratezza. “Maniaci e disadattati” è infatti la traduzione originale del titolo da lei scelto.
Un titolo senz’altro originale, che potrebbe far parlare. Due parole non prive di significato, ma che se associate all’ottica giusta permettono di andare oltre alla semplice versione letterale.

E così è stato per tante altre città del mondo, che come Milano hanno puntato verso la ricerca di un’originalità che ancora oggi non sembra essere scontata. Non ci resta, quindi, che rimanere incantati di fronte a cotanta bellezza. Di fronte a nuove idee che hanno come base primaria lo stupore e la meraviglia.



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