Il cambiamento tecnologico ha ormai acquisito la forma della diffusione di tecnologie di informazione e comunicazione, un nuovo paradigma tecnologico che vede ora un’accelerazione con l’affermarsi della digitalizzazione e automazione. È un cambiamento non neutrale, dato che i suoi effetti tendono a dispiegarsi asimmetricamente.
Tra i primi effetti vi è il cambiamento nella distribuzione del reddito tra impiego del lavoro e del capitale. E dato che il capitalismo si fonda sui profitti, dati dalla sottrazione del valore aggiunto alla spesa totale per i salari, l’uso di tecnologie permette la riduzione degli occupati e quindi dei costi di produzione. In secondo luogo, gli effetti si dispiegano fra settori diversi (manifattura e servizi, e industrie ad alta/bassa tecnologia). In terzo luogo, vi è la disparità salariali fra lavoratori ad alta/bassa qualificazione.
Le tecnologie dell’ICT
La storia della tecnologia è caratterizzata dai tentativi di espandere le capacità umane, a partire dalla rivoluzione industriale. Evoluzione della tecnologia è perciò una sequenza di paradigmi tecnologici legati alle innovazioni radicali che definiscono il perimetro delle diverse traiettorie tecnologiche. Dagli anni Ottanta ad ora, il paradigma tecnologico dominante è rappresentato dalle tecnologie dell’ICT, la cui diffusione è avvenuta grazie ai costi decrescenti e le migliori prestazioni.
Con la loro introduzione tutto è cambiato, persino i luoghi. Con le piattaforme digitali (Google, FB, Uber …) i confini hanno acquisito un nuovo rilievo economico, favorendo la creazione di imprese globali dal potere monopolistico. Contemporaneamente alla realizzazione di piattaforme dagli importanti benefici sociali, che favorissero lo sviluppo di nuove attività cooperative, quali Wikipedia.
Le innovazioni di prodotto e di processo richiedono anche cambiamenti organizzativi per poter realizzare i potenziali incrementi di produttività, ad esempio nuove pratiche di management corrispondono all’introduzione di nuove tecnologie. In EU il cambiamento organizzativo è più importante di quello tecnologico. Ad esempio, nel caso dei servizi l’introduzione di ICT ha consentito di allentare le tempistiche relative alla fornitura, portando a una forte evoluzione occupazionale. La presenza di complementarità fra cambiamento tecnologico e l’innovazione organizzativa può avere esiti contrapposti: maggior controllo di lavoro e dunque aumento di qualifiche e produttività, o ristrutturazione ed eliminazione di posti di lavoro.
Le ICT hanno effetti che vanno oltre l’impatto sulla singola attività produttiva, dato che possono trasformare l’intera organizzazione dell’economia, assicurano il coordinamento fra processi produttivi sempre più complicati e aumentano flessibilità e varietà di produzioni, oltre al favorire un maggior controllo sistematico sul lavoro e lavoratori. Ciò però causa uno squilibrio strutturale fra capitale e lavoro, complici dello spostamento di 10-15 punti percentuali di reddito dai salari.
Infatti, pur riducendo la quantità di lavoro umano sul tempo medio di lavoro annuale dei lavoratori (negli ultimi tre decenni si è fermata questa riduzione), hanno aperto la strada a un impiego tecnologico meno favorevole al lavoro.
Già Ricardo e Marx si chiesero se il cambiamento tecnologico potesse portare alla disoccupazione di massa e la risposta è che la sostituzione di lavoratori con le macchine porti ad un’accumulazione di capitale, che è quindi a favore del capitalista. La tecnologia riduce l’impiego di lavoro, i costi salariali e le competenze; aumentando la disoccupazione.
Una seconda analisi è stata condotta nella seconda metà degli anni Novanta. Noti per essere studi sullo Skill Biased Technological Change (SBTC), si concentrarono sulla composizione relativa dei lavoratori facendo una distinzione fra livelli di istruzione e skill. Affermando pertanto la diminuzione del numero di occupanti dalle medie qualifiche, a differenza di coloro che vantassero un’ alta intensità di conoscenza e di una maggiore domanda di lavoro non qualificato a basso salario.
Teoria superata, o per meglio dire, in contrasto con Task Biased Technological Change (TBTC). Quest’ultima ha focalizzato la sua analisi su quelle che potrebbero essere definite semplicemente le mansioni svolte. La tecnologia, secondo quest’analisi potrebbe portare pertanto a sostituire solo coloro che rivestono ruoli routinari, quindi, facilmente sostituibili, quali gli operai. Non è più la conoscenza, ma è quanto la tua stessa azione possa essere facilmente imitata molteplici volte da un qualunque “robot”.
A questo proposito potrà essere interessante la classificazione delle professioni fatta dalla ISCO che elenca nel seguente ordine: Manager, Impiegati, Lavoratori specializzati, Operai generici. Un ordine che riflette le cosiddette gerarchie occupazionali, salariali, e le diversità nei livelli di istruzione. Una gerarchia che rappresenta anche l’andamento percentuale delle quota occupazionale. Infatti, in Europa, i settori con più innovazioni hanno più manager. Fra il 2002 e il 2007 la figura del Manager è aumentata +3,5%, operai generici +1%, impiegati e lavoratori specializzati hanno subito una riduzione; 2007-2011 -6% degli operai, più limitate per gli impiegati e stabili per i manager.
La tecnologia, così l’ICT, ha portato importanti benefici alla nostra società, rendendo più efficiente una serie di azioni che sarebbero state più difficili o meno agevoli. Tuttavia, come affermava Schumpeter, l’innovazione è creatrice, ma con sé porta anche la fine di ciò che era il passato.
Siamo in un momento di transizione in cui la crisi occupazionale, che ancora continua ad interessarci, risulta strettamente legata all’incapacità (anche per i giovani) di capire il mercato, o meglio di rendersi disponibili ad accettare che anche un lavoro manuale possa essere ora praticato da una macchina.
FONTI
Economia dell’Innovazione di F. Malerbae Innovazione.
Imprese, industrie e economiedi J. Fagerberg, D. Mowery e R. Nelsonentrambi di Carocci
Digitalizzazione, automazione e futuro del lavoro INAPP Paper
Guarascio, D., & Pianta, M. (2018). Tecnologia e disuguaglianze di reddito