Cos’è l’E-Waste? E come viene smaltito?
L’E-Waste, o eletronic waste, è un termine che indica tutti i rifiuti elettronici generici, come smartphone, computer, televisioni, stampanti, automobili e frigoriferi che nei Paesi avanzati sono abbandonati per comprare modelli più recenti, perché non funzionano più o perché inutilizzati. Questi sono anche identificati come RAEE, sigla che indica più precisamente i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Il principale problema dei RAEE è il loro smaltimento, che in Europa e nel mondo non è regolato da abbastanza norme e non è controllato sufficientemente. Le organizzazioni criminali, come le ecomafie, prendono così in mano la situazione, creano delle discariche abusive e smaltiscono illegalmente questi rifiuti per poterci trarre un guadagno solitamente elevato.
Le aziende, i comuni e gli operatori ecologici in Italia non sono obbligati per legge a consegnare i rifiuti ai consorzi, ma devono soltanto essere in possesso di una licenza per il loro smaltimento. In questo modo, le ecomafie possono tranquillamente ritirare i RAEE che ogni giorno milioni di cittadini italiani buttano, estrarre dai loro componenti metalli di valore (come rame, ferro, oro, argento e alluminio) oppure selezionare e prendere dei pezzi di ricambio che sono ancora in buono stato, per poi venderli e guadagnare. I rifiuti elettronici che non interessano invece, sono a loro volta esportati e venduti ai paesi in via di sviluppo, come Ghana, Nigeria e Cina.
Nei paesi in via di sviluppo, infatti, il mercato dell’usato è quasi l’unico commercio esistente: per esempio, per le vie del Ghana ci sono centinaia di mercatini dell’usato che vendono qualsiasi oggetto di seconda mano, giunto dai Paesi più avanzati. Esistono poi centinaia di negozi di riparazione e questi permettono di non comprare prodotti nuovi.
Le ecomafie sono consapevoli di questa economia, così ne approfittano per trarne un ulteriore guadagno: i RAEE esportati sono selezionati, scelti e comprati nel Paese importatore da tecnici esperti, come rivenditori e riparatori, che poi li aggiusteranno per rivenderli ai cittadini a un prezzo sicuramente minore, assicurando così una seconda vita ai prodotti elettronici. L’E-Waste non selezionato però, verrà buttato in discariche abusive, mari e fiumi dei paesi importatori, inquinando e creando le E-Waste cities.
In questo modo, i paesi in via di sviluppo sono sfruttati dai paesi sviluppati che li trattano come una vera e propria discarica, dove possono vendere ma soprattutto buttare i loro scarti.
Le E-Waste cities: Agbogbloshie
Sono aree ricoperte da rifiuti elettronici provenienti dai Paesi avanzati e molto tossici. Infatti, i RAEE nel tempo rilasciano gas refrigeranti che danneggiano lo strato di ozono dell’atmosfera, inquinano e inoltre possono portare a malattie gravi come il cancro alla tiroide.
L’E-Waste city più vasta è Agbogbloshie, un sobborgo della città di Accra in Ghana, che ricopre un’area grande come l’equivalente di undici campi da calcio. Qui ci sono uomini e bambini, denominati E-Waste boys, che bruciano alcuni RAEE per estrarre il rame o altre componenti preziose con l’obiettivo di venderle a loro volta a Paesi sviluppati come l’Europa, l’India e Hong Kong. Utilizzano metodi altamente nocivi e rischiano tutti i giorni la vita: i bambini diventano così le vere vittime di un ciclo economico globale senza fine.
Un progetto che porta speranza
Il consorzio Ecolight insieme con il dipartimento di ingegneria meccanica e industriale dell’Università di Brescia e Stena Recycling, un’azienda specializzata nel trattamento ecosostenibile dei RAEE, il 31 gennaio 2020 ha presentato al congresso milanese L’economia circolare nei rifiuti elettronici: il miglioramento del recupero delle plastiche nei RAEE, un progetto che potrebbe cambiare, almeno in parte, le sorti dell’E-Waste.
L’obiettivo è infatti quello di produrre nuove tecnologie che siano in grado di separare le componenti ferrose, metalliche e di valore dalla plastica contenuta nei RAEE, soprattutto nei RAEE classificati come R4, sigla che identifica i piccoli elettrodomestici, in questi anni in aumento. La ricerca è durata due anni e il risultato è molto soddisfacente: sono stati recuperati ben 17.200 tonnellate di plastica, poi riciclata.
L’aumento della plastica ricavata dai RAEE grazie alle nuove tecnologie e il riciclo di questa ha come conseguenza, oltre quella di non portare l’E-Waste a uno smaltimento illegale e dannoso, anche una diminuzione importante dell’uso di plastica pesante, non destinata al riciclo ma alla distruzione.
Questo è un progetto che ha portato molta speranza nei ricercatori, nonostante manchino ancora le norme necessarie che regolarizzino il corretto smaltimento e il corretto riciclo dei RAEE.
Tokyo verso un futuro ecosostenibile
In previsione delle Olimpiadi di Tokyo del 2020, il comitato olimpico giapponese ha deciso di intervenire sul problema dello smaltimento illegale di E-Waste invitando i cittadini a donare all’organizzazione tutti i loro rifiuti elettrici ed elettronici, invece di buttarli in qualche discarica o nel cassonetto dei rifiuti.
L’iniziativa è stata lanciata due anni fa e ha avuto molto successo: sono state raccolte 80 mila tonnellate di RAEE e più di 6 milioni di smartphones, dai quali si sono poi ricavati 32 chilogrammi di oro, 3.5 tonnellate di argento e 2.2 tonnellate di bronzo. I metalli preziosi ottenuti sono poi serviti a produrre 5 mila medaglie olimpioniche, contribuendo così a togliere dal ciclo economico globale molti RAEE e a donargli una seconda vita ecologica e non tossica.
Sono 50 mila le tonnellate prodotte di E-Waste all’anno in tutto il mondo e nel futuro sono destinate ad aumentare prepotentemente. Inoltre, nel mondo, i RAEE smaltiti legalmente e senza danni sono solo il 20%. L’Asia è il modello peggiore smaltendo legalmente solo il 15% del suo E-Waste, mentre l‘Europa è la migliore nonostante la sua percentuale dello smaltimento legale di prodotti elettronici sia comunque solo il 35%, con Paesi come Inghilterra e Italia tra i peggiori.
Quello di Tokyo dovrebbe essere un esempio per tutto il mondo perché, oltre ad aver riciclato prodotti che altrimenti avrebbero costituito altre numerose E-Waste cities nei paesi più poveri e avrebbero danneggiato ulteriormente ambiente e salute umana, ha anche informato i cittadini giapponesi (e non solo) di un problema reale e molto spesso non considerato attraverso l’evento mondiale delle Olimpiadi.