Sin dalle sue origini, il mondo drag è stato immediatamente associato all’ambito dell’intrattenimento (o meglio, dello scherno): basti pensare agli spettacoli razzisti che avevano luogo tra l’Ottocento e il Novecento negli Stati Uniti, dove era largamente diffusa la pratica di dare vita a spettacoli i cui protagonisti erano soliti dipingersi la faccia di nero e vestirsi da donna, per prendere in giro la femminilità afroamericana.
Se, però, il drag nasce come modo per deridere, già a inizio Novecento comincia a essere associato alla prostituzione, alla comunità LGBT, e di conseguenza alla criminalità.
Da lì comincia un percorso di discriminazione e alienazione delle drag queen, che le porta a doversi nascondere esibendosi in locali notturni, cosa che sarà esportata anche in Italia e rappresentata in svariati film degli anni Sessanta come Costa Azzurra, Europa di Notte e Frenesia dell’Estate.
Il mondo drag oggi
A oggi, le drag queen stanno ancora portando avanti una grande battaglia per essere accettate e, soprattutto, per far capire che il loro è un vero e proprio lavoro – nonché stile di vita – che non consiste solo nel sapersi truccare e indossare vestiti, ma comprende un universo molto più vasto, da scoprire poco a poco.
C’è chi, per sfondare e trasmettere un proprio messaggio al mondo intero, ha intrapreso la via più efficace e immediata possibile: la musica.
L’esordio nei musical: The Rocky Horror Picture Show
A partire degli anni Cinquanta, la filmografia ha decisamente aiutato le drag queen a farsi strada. In particolare, il mondo drag si è inserito bene nella cultura pop, tra scandali e censure: sono emblematici i casi di Victor and Victoria o del più conosciuto The Rocky Horror Picture Show, ossia un vero e proprio inno alla libertà sessuale e a essere chi si è per davvero, senza alcun tipo di filtro o paura per le reazioni altrui. In effetti, verso la fine del film, si afferma “Don’t dream it, be it!“, uno dei punti cardine portati avanti durante l’intera rappresentazione.
Dopotutto, viene mostrato un personaggio che si autodefinisce “Dolce travestito proveniente dalla transessuale Transilvania” vestito con corsetto, tacchi, calze a rete e collana di perle e fiero della sua identità e del suo aspetto, sempre pronto a raggiungere i suoi obiettivi: dire che il personaggio di Frank-N-Furter è diventato una vera e propria icona è riduttivo.
Altri classici del genere posso essere individuati in Kinky Boots o Hedwig – La Diva con Qualcosa in Più: tutti film che hanno influenzato in maniera importante la comunità LGBT nonché la società stessa, che, in parte, è riuscita a ritenere il mondo drag una cosa normale (come dovrebbe essere ritenuta, ovviamente).
La svolta di RuPaul
È in questo clima di accettazione semi-totale che si fa strada un’idea nella mente di RuPaul Andre Charles, altrimenti conosciuto come RuPaul: attualmente una delle drag queen più di successo negli Stati Uniti, ha creato nel 2009 RuPaul’s Drag Race, conosciuta in Italia come America’s Next Drag Queen.
Si tratta di un reality show in cui diverse concorrenti drag affrontano sfide a tema, fino ad arrivare a una sola vincitrice. È importante sottolineare l’influenza di RuPaul e del suo programma perché è proprio da questo talent che hanno guadagnato molta celebrità diverse drag queen e altrettante canzoni. Il che ha spinto a trasmettere messaggi incredibilmente positivi, che spingono a non arrendersi mai di fronte a qualsiasi tipo di ostacolo.
Un esempio di questo modo di pensare può essere dato da Sissy That Walk, pezzo del 2014 di RuPaul stesso. Ecco un estratto del testo:
People talking since the beginning of time. / Le persone parlano dall’inizio dei tempi.
Unless they paying your bills, pay them b*****s no mind. / A meno che non paghino le tue bollette, non dare importanza a quelle s*****e.
And if I fly, or if I fall / E che io voli, o che io cada
Least I can say I gave it all. / Almeno posso dire di aver dato tutto.
Alaska Thunderfuck 5000
Sono canzoni molto leggere, perlopiù dance, spesso ironiche, come Your Makeup Is Terrible di Alaska Thunderfuck 5000, nome d’arte di Justin Honard. In questo caso parliamo di un brano nel quale l’artista prende in giro se stesso ma anche chi lo critica per il suo modo di truccarsi, perché, nonostante le critiche, si ama ugualmente. Questo è un messaggio fondamentale (che non riguarda solo il trucco, ovviamente) in un mondo in cui l’esteriorità e le apparenze sembrano contare sempre di più, cosa che, però, porta molti individui a non essere più se stessi, arrivando anche a essere la causa di disturbi mentali di ogni tipo.
Trixie Mattel
Il mondo musical del drag é così vasto che sarebbe impossibile esplorarlo e raccontarlo bene tutto in una volta. In effetti, ogni drag queen ha un suo stile e un modo di cantare unico e diverso da tutti gli altri: un esempio lampante è quello di Trixie Mattel, pseudonimo di Brian Firkus, che presenta diversi brani con un sound fortemente country.
Conchita Wurst
Resta indimenticabile anche Conchita Wurst, il cui vero nome è Thomas Neuwirth. Da subito, l’artista ha saputo affascinare (e scandalizzare) il pubblico dell’Eurovision Song Contest del 2014, aggiudicandosi la meritata vittoria con Rise Like a Phoenix. Anche se ha, ormai, detto addio al suo tipico look fatto di capelli lunghi e barba incolta, non è indifferente il contributo che ha dato alle comunità drag di tutto il mondo.
È quindi innegabile che la cultura drag stia acquisendo sempre più importanza rispetto a quanta ne aveva anche solo cinquant’anni fa. C’è ancora molto da fare per arrivare alla sua piena normalizzazione e a capire che non consiste solo nel “travestirsi” ma, forse proprio grazie alla musica, potrebbe essere un percorso che si realizzerà ben prima del previsto, come ci auguriamo.