Canova, eterna bellezza: la mostra al Museo di Roma

Commemora i 240 anni dal suo arrivo nella Capitale, la mostra Canova. Eterna bellezza in corso a Palazzo Braschi (sede del Museo di Roma). Antonio Canova, principale esponente della scultura neoclassica italiana, risiedette a Roma quasi ininterrottamente dal 1779 alla sua morte, in un percorso di crescita artistica e personale.

Si rende conto dei suoi rapporti con Chiesa, politica e società dell’epoca, del suo enorme successo e della calorosa accoglienza che ebbe in ogni dove. In esposizione non solo marmi e dipinti, ma anche bozzetti, calchi in gesso, lettere e persino una riproduzione avveniristica di uno dei suoi più noti gruppi scultorei, l’Amore e Psiche, realizzata da un robot. 

La mostra resterà ancora aperta fino al 15 marzo, e non possiamo che consigliare di visitarla.

L’artista

Antonio Canova nasce nel novembre 1757 a Possagno, piccolo centro dell’alto trevigiano dove tutt’ora è possibile visitare la sua casa. Entra subito a contatto con la lavorazione della pietra. Di questo lavoro si occupavano già sia suo padre Pietro che suo nonno Pasino. Notate le sue doti, il senatore Falier incoraggia la sua formazione presso studi veneziani.

L’esposizione nel 1776 delle statue di Orfeo e di Euridice inaugura il suo successo e una carriera incredibilmente produttiva. A vent’anni apre così un suo studio e nel 1779 è la volta del suo primo soggiorno romano: Canova è ospite dell’ambasciatore veneto Zulian a Palazzo Venezia. 

L’ammirazione di Zulian per l’artista crescerà al punto da sollecitare una sua permanenza stabile a Roma, che sarà sancita un paio d’anni dopo. L’ambasciatore aveva visto giusto. La fama di Canova cresce e con essa l’apprezzamento per le sue statue – nonché i dipinti con cui a volte si cimenta. Riceve una quantità enorme di incarichi. Ne avrà per tutta la vita, e da ogni città d’Europa da lui toccata. Molti dovrà declinarli. Si batte molto anche per la conservazione del patrimonio artistico nostrano. Nel 1815, ad esempio, è a Parigi per recuperare le opere d’arte sottratte all’Italia durante la dominazione francese di fine Settecento

Danzatrice con le mani sui fianchi, 1811, marmo, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage. L’opera è posta su un piedistallo rotante ed è circondata da specchi che moltiplicano i punti di vista da cui goderne.

Canova si spegne la mattina del 13 ottobre 1822 a Venezia, al riacuirsi dei disturbi di stomaco che lo affliggevano da qualche anno. Acclamato ovunque andasse, riceve doppi funerali, in Veneto e a Roma, e resta pietra miliare della scultura dell’Ottocento.

Prospettiva e movimento

Nella mostra si mescolano calchi in gesso e statue in marmo, di una grazia ed eleganza uniche, com’era negli ideali del Neoclassicismo. Le due tipologie di opere, assieme ai bozzetti in terracotta e ai vari modelli, spiegano il modus operandi dell’artista. Canova parte schizzando la propria idea in un disegno, nel quale studia pose nuove e antiche. Realizza poi un bozzetto in argilla – materiale che preferisce allo stucco, più comunemente usato all’epoca – e talvolta un modellino in gesso, magari da inviare ai propri committenti.

Si passa poi ai modelli a grandezza reale. Da un primo in argilla produce una forma in cui viene colato il gesso liquido. Una volta solidificato, diventerà l’effettivo modello in gesso per l’opera in marmo. A questo punto i blocchi di marmo vengono ampiamente sbozzati dai collaboratori, secondo una prassi diffusa all’epoca. Infine, le stupende opere marmoree prendono vita sotto le mani dello scultore, che le perfeziona.

Questo lavoro e i suoi risultati vanno pensati a lume di candela: al tempo, questa era la sola fonte di luce a disposizione nelle ore notturne, oltre alla luna quando il cielo era sereno. Per meglio immaginare questo contesto, nella mostra vengono proposte quindi proprio delle candele, con cui osservare ad una luce più soffusa i dettagli delle opere. Inoltre, viene realizzato un particolare desiderio di Canova: le sue statue, ideate e realizzate per essere guardate a 360°, sono poste su piattaforme rotanti. Non lo spettatore, bensì l’opera stessa deve muoversi per permettergli di goderne ogni angolazione e dettaglio. 

Sublimazione di tutto questo, la scelta di utilizzare degli specchi attorno a queste opere in movimento. Si moltiplicano le prospettive, si è circondati dalla bellezza. 

Una riflessione sull’Arte

Tra le installazioni multimediali presenti, colpisce quella relativa alla grande riproduzione marmorea del gruppo Amore e Psiche, che accoglie i visitatori nel chiostro centrale di Palazzo Braschi.

Amore e Psiche, 2019, marmo, dettaglio. L’opera è la riproduzione in scala 1:1 dell’originale canoviano, ideata da Magister e realizzata in collaborazione con Robotor.

Questo nuovo gruppo scultoreo è stato realizzato da Robotor, un robot che lo ha scolpito da un blocco di marmo di Carrara, a partire da una scansione 3D. Circa 12 giorni (270 ore) il tempo totale richiesto. La resa è precisa, anche se ad uno sguardo più vicino ed attento è impossibile non notare le striature del dispositivo incisore. L’installazione è pensata nell’ambito dell’innovativo format espositivo “Magister” (prodotto da Cose Belle d’Italia Media Entertainment). Lo scopo è valorizzare e promuovere il nostro patrimonio culturale attraverso i nuovi linguaggi della tecnologia multimediale. I grandi classici vengono così presentati in chiave contemporanea, in un contesto esperienziale unico.

In questo caso, si è voluto anche stimolare una riflessione sulla riproducibilità dell’arte. Viviamo in un contesto in cui l’arte contemporanea viene spesso contestata dal grande pubblico per presunte banalità e scarsa difficoltà di esecuzione. Ed ora anche una grande opera scultorea, complessa nella sua realizzazione e di grande impatto emotivo, può essere riprodotta. Ciò è da vedersi però nei termini di un omaggio all’autore, piuttosto che come una svalutazione della sua opera. 

Non vi resta che scoprire voi stessi in prima persona questa mostra in cui si integrano passato e futuro, arte neoclassica e tecnologia.

 



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