La definiscono “l’auto del futuro”, cancellerà la parola “emissioni” e sarà completamente sostenibile. Parliamo dell’auto elettrica.
Da quanto riportato dal Centro Studi Fleet&Mobility le immatricolazioni delle auto elettriche sono più che raddoppiate nell’ultimo anno. E ciò che più stupisce è che fino a pochi anni prima, non solo la vendita, ma la stessa produzione fosse solo un fenomeno di nicchia, quasi fantascientifico. Se ci fossimo chiesti quale casa automobilistica producesse macchine elettriche, molto probabilmente avremmo detto pochi nomi, ad esempio Tesla. Ma ora, nel 2020, con l’aumento dei modelli di veicoli elettrici, sta aumentando anche il numero delle case di produzione. Le vendite dei veicoli hanno raggiunto una quota del 2% in crescita dal 2018, anno in cui la disponibilità rimaneva ancora molto limitata.
L’elettrico continua però a essere un mercato dalla limitata offerta e non stupisce che siano pochi i player e altrettanto pochi i leader del mercato, quali Mitsubishi e Nissan (le cui vendite, per singola azienda, sono pari all’8%). A seguire troviamo BMW Group (6,7%) , Volvo (6,4%) e Jaguar- Land Rover (4,3%).
A livello europeo, inoltre, la nuova tecnologia non riesce ancora ad affermarsi, così come a livello nazionale. In Europa la quota più elevata di veicoli venduti è stata in Svezia con un 8,4%, seguita dai Paesi Bassi con un 6,8%, un indirizzo completamente in linea con gli obiettivi europei in materia di emissioni. Tuttavia, l’Italia sta solo iniziando a conoscere l’elettrico. I veicoli elettrici circolanti non raggiungono le 25 mila unità.
Ma quali sono i motivi che limitano la diffusione della tecnologia a zero emissioni? In giro per il mondo sono solo poco più di 2 milioni i veicoli circolanti, davvero troppo pochi.
“Non c’è alcuna domanda di auto elettriche (BEV) da parte dei clienti. Nessuna. Ci sono richieste da parte del legislatore, ma non dei clienti”.
Così ha affermato Klaus Frölich, direttore dello Sviluppo di BMW intervenendo all’evento #NextGen di Monaco. L’investimento non solo dei capitali ma delle energie da parte di BMW nella realizzazione di motopropulsori BEV, PHEV, è stato importante fin dal 2004. Ma è essenziale una domanda corposa, che incentivi le case a produrre. Tanto più in Europa, dove la domanda è minima, se non insignificante in confronti ai tassi di crescita elevati del mercato cinese.
Un mercato, quello cinese, che sta aumentando la vendita di auto puramente elettriche (BEV) e di auto ibride plug-in (PHEV) a ritmi elevatissimi, con un venduto nel 2017 di circa 600.000 unità (doppio rispetto all’anno prima): più dell’Europa con 215.000 veicoli e degli Stati Uniti con circa 150.000. Il motivo principale di questa discrepanza tra il nostro continente e l’Oriente può essere ricondotto all’assenza delle cosiddette tecnologie abilitanti e complementari, le cosiddette infrastrutture di ricarica.
Ma cosa vuol dire questo?
Secondo Transport & Environment (T&E), si parlerebbe di investire ben 20 miliardi di euro. Una cifra che si basa su un forte sentimento di fiducia, una fiducia che vede circolare 44 milioni di veicoli elettrici entro il 2030 per le strade dell’Unione. Uno scenario che risulterebbe meno utopico se esistessero 3 milioni di stazioni di ricarica (al momento si contano meno di 200.000 punti di ricarica).
Al momento però l’investimento nelle infrastrutture è insufficiente. Infatti, la spesa complessiva nella costruzione di colonnine non supera il 3% della spesa sulle infrastrutture stradali europee. Ma un barlume di speranza arriva dal Green Deal, programma adottato dall’Unione Europea per il 2020; un programma finalizzato alla realizzazione di un’ Europa più “ambiziosa”. La Presidentessa von der Leyen ha infatti previsto importanti obiettivi politici, e altrettanti importanti investimenti. Tra questi il “Sustainable Europe Investment Plan”, un piano di investimento per il raggiungimento della neutralità climatica in Europa: 1000 miliardi di euro mobilitati per la strutturazione ed esecuzione di progetti sostenibili.
Un interesse da parte dell’Europa completamente in linea con l’obiettivo europeo per il 2050: ZERO EMISSIONI. Un piano di azione adatto, per un continente in cui il 27% delle emissioni di CO2 proviene dai trasporti. Un obiettivo, pertanto, possibile da raggiungere solo se accompagnato da una strategia che non solo vieti vendita di motori a combustione (come è stato inoltre previsto per il 2035), ma implementi l’acquisto di un mezzo elettrico per mezzo di agevolazioni e infrastrutture adeguate.
Tuttavia, l’installazione dovrà avvenire con criterio. Secondo Transport & Environment (T&E), la priorità dovrà essere date alle colonnine domestiche, ai posti di lavoro e, allo stesso tempo, l’attenzione dovrà essere data a zone poco popolate. Dovrà essere adottata una strategia tale da diffondere il maggior numero di basi installate, così da evitare località scoperte.
Che sia questa la direzione verso la sostenibilità? Sicuramente, ci troviamo solo all’inizio di uno sviluppo interessante della mobilità. E come ci fece notare tempo fa Marchionne, il settore automobilistico è lento ad adattarsi, ma con l’elettrico si è tutto stravolto. Quindi, restiamo attenti sui nuovi sviluppi e sugli avanzamenti della tecnologia.