Prima di essere qualsiasi altra cosa, la Mindfulness è un business da 4 miliardi di dollari. 60.000 libri venduti su Amazon, video-corsi, stage di apprendimento, documentari, servizi aziendali, etc. Il tutto per far girare l’economia di una meschina promessa di felicità, di un colossale specchietto per le allodole.
Se dovessimo riassumere in una formula tutto il lavoro di chi, nell’ultimo secolo, ci ha venduto la “mente piena” – sia attraverso la Mindfulness, sia attraverso quel sistema mediatico di persuasione che la comprende – come si trattasse della panacea di tutti i mali, diremmo che: ci hanno venduto la promessa dell’attenzione, della creatività e della gioia rifilandoci nei fatti distrazione, incasellamento e depressione.
Il marketing di questo prodotto parla di una serenità sviluppata attraverso una pratica meditativa incentrata sul soggetto e sul momento presente. Sul lato teorico si è scomodata brava gente come Eraclito, Orazio e Siddhartha, mentre su quello pratico si è suggerito di contare le masticate di uvetta e considerarne ognuna come un passo verso il Nirvana. In questo articolo non ci interesserà trattare dell’effettiva pratica del gesto e della sua validità scientifica.
Parleremo piuttosto della struttura in cui si inscrive, del suo valore sociale e della dimensione antropologica. Questa fa sì che, per dimenticarsi delle proprie catene, ci sia bisogno di contare fino a dieci e di prendersi la colpa degli errori del sistema.
The mindfulness conspiracy
Ronald Purser ha scritto un lungo articolo per il The Guardian, dal titolo The mindfulness conspiracy. Ha spiegato qui con efficacia di cosa si stia effettivamente parlando quando un palliativo pseudo-trascendentale ci viene venduto come la risposta a tutti i mali della vita contemporanea.
Piuttosto che incoraggiare azioni radicali, la mindfulness dice che le cause del soffrire sono sproporzionatamente dentro di noi. Non nel quadro politico ed economico che dà forma alle nostre vite. E allora gli zeloti della mindfulness credono che pagare la dovuta attenzione al momento presente senza giudicare abbia il potere rivoluzionario di trasformare il mondo intero. È pensiero magico sotto steroidi.
L’inventore della Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), Jon Kabat-Zinn, afferma che ci troviamo di fronte alla possibilità di un “rinascimento globale”, da raggiungersi solo e semplicemente attraverso una banalissima pratica meditativa. Affermando che «la nostra società sta soffrendo di un deficit d’attenzione», Kabat-Zinn ci suggerisce di distrarci ancora un po’ dalla nostra condizione sociale, focalizzarci su noi stessi, e fiorire nelle grandi attese di un mondo fatto di «sopravvivenza e successo». E allora, chi rifletta a fondo queste due parole, noterà che il problema di questa pratica non è nel semplice allenamento alla concentrazione, ma nel valore etico che questo assume.
Sopravvivenza e successo
La parola “sopravvivenza” indica un ambiente immutabile a cui, per forza di cose, ci dobbiamo adattare, poiché esso non può cambiare. La parola “successo” ci indica quale sia l’ecologia di questo ambiente. Si tratta di una folla di agenti economici (produttivi e consumatori) che si ammazzano in una lotta post-hobbesiana per ottenere la “dignità” di essere sociali. Per essere umanamente accettabili nella periferia di Wall Street.
Il prezzo psicopatologico che la pedina umana deve pagare per restare al passo con i ritmi di questa barbarie anarco-capitalista è addebitato alla pedina stessa, non alla scacchiera. Così suggerisce questa potente riflessione di Mark Fisher.
L’ideologia oggi dominante nega alla malattia mentale ogni possibile origine di natura sociale. Ovviamente, la chimico-biologizzazione dei disturbi mentali è strettamente proporzionale alla loro depoliticizzazione. Considerarli alla stregua di problemi chimico-biologici individuali, per il capitalismo è un vantaggio enorme. Innanzitutto, rafforza la spinta del Capitale in direzione di un’individualizzazione atomizzata (sei malato per colpa della chimica del tuo cervello). Poi crea un mercato enormemente redditizio per le multinazionali farmaceutiche e i loro prodotti (ti curiamo con i nostri psicofarmaci).
Buddhismo zen e tardo-capitalismo
La storia della mindfulness affonda le sue radici nel buddhismo zen, pur se spogliando quest’ultimo di tutta la sua anima religiosa e rivestendolo di una tela di contraddizioni e mascherate tardocapitaliste. Questa pratica ha infatti ottenuto un grande successo tra le élite del World Economic Forum di Davos, facendo proseliti tra le maggiori aziende della Sylicon Valley e di tutto il Primo Mondo. Questi ora si apprestano ad implementare la meditazione nelle routine dei luoghi di lavoro e a “riempire la mente” di tutto il capitale umano.
Ciò avviene secondo la stessa logica per cui, dalla seconda metà del secolo scorso, sono aumentati l’uso e produzione di psicofarmaci e le sedute dall’analista.
C’è una cospirazione, dietro tutto ciò? C’è un disegno segreto o un fine diabolico sotto la conversione dell’agenda delle industrie a questi raccoglimenti hippie e pseudo-orientalisti? Niente di tutto ciò. C’è solo l’intenzione di rimanere ancora a lungo nei tempi bui di questo insostenibile samsara, in cui la persona ha valore in quanto produce e in quanto consuma (e in quanto fa tutto ciò da sola).
Un mondo in cui le istituzioni e le forme sociali sopravvivono solo fintantoché si attengono ai giochi del mercato. Un mondo in cui l’individuo, in fondo, non ha altra scelta che dissociarsi dall’umanità e portare l’attenzione ai propri desideri, al proprio edonismo, venduto come fosse il più naturale dei sentimenti. Il tutto, dimenticandosi delle altre persone finché non si ha da goderne, o finché non ci si lotti contro.
Individualismo
Perché leggere in una semplice pratica meditativa tutta questa portata distruttiva? In realtà la Mindfulness non è che il precipitato storico occasionale di un sistema di pensiero, di una filosofia, di una morale sociale che il nostro secolo sta vivendo nelle sue tinte più cupe. Si tratta della riconduzione di tutto l’universo al sé, all’individuo, all’individualismo.
Ma, come tutte le cose, l’individualismo ha un volto attivo ed uno passivo. Attivo è il gesto di chi, storicamente, è stato identificato con il “padrone”. Passiva è invece la condizione di chi è cresciuto e si è confrontato con un sistema volto a isolare l’individuo nel suo edonismo customizzato. Nella competitività a oltranza, nella perdita di contatto con la società e con la storia. O ancora, nella ridicolizzazione di ogni virtù quale l’altruismo, l’assistenza, l’ozio e la libertà di spirito. Ovviamente la prima figura è un sottoinsieme della seconda, il sottoinsieme “di successo”.
La dottrina Mindfulness, poi, promette di sconfiggere lo stress, di frenare le gravissime tendenze sull’aumento della depressione nei posti di lavoro.
Non lo fa però guardando onestamente alle cause di questi mali, rivolgendosi al sistema di mercato e a come esso manipoli la nostra attenzione, che pure la dottrina dice di voler riattivare. Il problema è psicologico, fisiologico, interno, mentale, personale, privato. In un mondo in cui lo sparire della presa di responsabilità è dovuto all’affermazione di una forma di vita sempre più impersonale, claustrofobica e inumana, chi dica che ad essere problematico è il fallimento dell’individuo a incasellarsi, e non la natura del sistema che lo stringe, sta solo proponendo di liberarci dalle catene dimenticandoci di esse. O l’individuo si dimentica delle storture del mondo, si adatta alle sue regole, riempie la sua mente e “fiorisce” in un atteggiamento “resiliente”, oppure è destinato all’ “insuccesso”, al precariato e all’inutilità.
Se Siddhartha usciva dal suo castello per innalzarsi sul samsara, il neoliberista o lo scoperto tale si immerge talmente a fondo nel suo samsara da diventarne parte attiva e non esisterne al di fuori. L’immanenza è rappresentata dall’assurda logica del mercato senza freni, e l’unica “trascendenza” possibile è offerta dall’immanenza stessa.
Si tratta di nient’altro che di un’illusione di libertà, che più spontaneamente riconosciamo come un oblio, una dimenticanza, un lasciar-essere il nostro amaro destino. L’unica “trascendenza” possibile è quella vendibile, quella pubblicizzata nei lifestyle dei volti noti, nella sadica e sfruttata ingenuità delle Stories di Fedez e Kim Kardashian, quella implementata dalle aziende di Davos a supporto dello status quo e della comoda (per l’1%) religione del “se stesso”.
La riflessione di Ronald Purser
Come nota Ronald Purser, l’intuizione di Kabat-Zinn – e di chiunque sia riuscito a vendere un mero prodotto di fabbrica come una reliquia – è stata quella di brandizzare la “mente piena” come una religiosità secolare. Non si è trattato tuttavia di una rivoluzione spirituale, di uno sconquassamento della forma di vita contemporanea, ma solo di un ulteriore passo avanti nella direzione della legittimazione morale e, a questo punto, religiosa del “realismo capitalista”, che ci porta a vedere la realtà come una grande transazione di mercato a cui there is no alternative. Del resto, com’è possibile una rivoluzione che affermi con ancora più tenacia il ruolo del migliore amico del tardo capitalista, il “sé individuale”?
Scrive Purser:
Un vero movimento rivoluzionario cercherebbe di sostituire questo sistema malfunzionante. Ma la Mindfulness serve solo a rinforzare la sua logica distruttiva. L’ordine neoliberale si è imposto furtivamente nelle passate decadi, allargando l’ineguaglianza in favore della ricchezza delle corporation. Ci si aspetta che le persone si adattino a ciò che questo modello gli chiede. Lo stress è stato patologizzato e privatizzato, e l’onere della gestione è lasciato agli individui. Così, gli ambulanti della Mindfulness entrano in scena per salvare la situazione.
Kabat-Zinn assicura che la felicità è un «inside job». Se tutti siamo sicuri che ridurre lo stress sia un nobile intento da perseguire, è altrettanto vero che chi nasconda dietro a un dito le cause sociali fondamentali di quel disturbo, di certo non sta facendo un lavoro del tutto trasparente.
Se ammettiamo che la depressione è una malattia mentale, che lo “stress” è una condizione innaturale e del tutto propria dell’essere umano moderno, allora sarà il caso di ascoltare la voce di Mark Fisher. Capire dunque che:
ripoliticizzare la malattia mentale è un compito urgente per qualsiasi sinistra che voglia lanciare una sfida al realismo capitalista.
Quello che dovremmo chiederci è: come è potuto diventare tollerabile che così tante persone, e in particolare così tante persone giovani, siano malate?
Il messaggio ideologico della Mindfulness, come nota Purser, è che se non puoi alterare le circostanze, allora devi cambiare la tua reazione a quelle circostanze.
La macchina della disimmaginazione
Siamo all’interno di quella che Henry Giroux chiama “macchina della disimmaginazione”. Dobbiamo guardare a noi stessi e a quello che ci viene concesso, poiché abbiamo perso l’impulso a pensare nuove idee e creare nuove realtà. L’unica realtà che può esistere è quella del mercato, e tutto il resto va distrutto, che siano pratiche o che siano idee. In effetti, il neoliberismo, non è altro che una morale distruttiva, «un programma per distruggere le strutture collettive che possono impedire la pura logica di mercato» (P. Bourdieu).
La Mindfulness ci permette di nasconderci nel presente e tornare alle nostre 80 ore di lavoro settimanale. Senza il bisogno di un passato, una dignità naturale e storica, senza il bisogno di pensare ad un futuro diverso. Il motto di questa pratica meditativa è: pagare attenzione al momento presente, senza giudicare. La nostra facoltà di giudicare non è reputata necessaria, non s’incastra nel sistema.
È possibile eliminarla del tutto ricorrendo alle lezioni di meditazione che, come i panini di McDonald’s, sono le stesse per un uomo di Parigi e per una donna di Canberra, per un bambino di Davos e per un depresso di periferia. Kabat-Zinn offre corsi di otto settimane per diventare un santone del Mindfulness e vende con successo il prodotto a scuole, aziende, governi e istituzioni.
E poi, il gioco è fatto. Tutto ciò che dobbiamo fare è chiudere gli occhi e controllare il respiro. Ci accorgeremo di non essere mai stati così amici dei nostri sfruttatori.