Cosa potrebbe succedere se qualcuno di molto vicino a noi conoscesse un nostro segreto pericoloso? Come cambierebbe la nostra vita se qualcuno potesse rovinare in un attimo la nostra reputazione?
Dopo due importanti successi della letteratura contemporanea come Lacci e Scherzetto, Domenico Starnone è tornato sugli scaffali delle librerie italiane con un nuovo romanzo (Einaudi). Un libro dal titolo apparentemente semplice – “Confidenza” – ma ambiguo, sfaccettato e ammaliante, come la narrazione che si snoda tra le sue pagine.
L’incipit è spiazzante, sia per stile che per contenuto. Starnone ci affascina con una prosa piena di virgole, quasi avvolgente e senza respiro. Una peculiarità stilistica che sembra voler introdurre i lettori a una profonda storia d’amore che divamperà da lì a poco nelle pagine successive.
“L’amore, che dire, se ne parla tanto, ma non credo di aver usato spesso la parola, ho l’impressione, anzi, di non essermene servito mai, anche se ho amato, certo che ho amato, ho amato fino a perdere la testa e i sentimenti. L’amore come l’ho conosciuto io, infatti, è una lava di vita grezza che brucia vita fine, un’eruzione che cancella la comprensione e la pietà, la ragione e le ragioni, la geografia e la storia, la salute e la malattia, la ricchezza e la povertà, l’eccezione e la regola.”
Eppure, Confidenza non celebra l’amore. Dietro l’eruzione di questo inizio si nasconde in realtà la fine di un rapporto, quello di Pietro Vella e Teresa Quadraro. Lui, napoletano di origine, insegna lettere in un liceo romano. Lei è una sua ex alunna di dieci anni più giovane, esuberante nella sua brillantezza. Sono diversi per stile di vita, per carattere, per approccio e fame di vita. Vivono per tre anni una storia turbolenta, atipica e viscerale, piena di distacchi (fisici e mentali) e riavvicinamenti.
Un amore privo di filtri, capace di scalfire per sempre le identità di entrambi, di mettere in luce le ombre e gli angoli più oscuri delle loro anime. Un affetto impetuoso e violento, destinato a infrangersi contro la vita. Non è un caso, infatti, che Pietro e Teresa interrompano la loro storia proprio nel momento di maggiore vicinanza e intimità. I due si lasciano dopo una notte passata a scambiarsi macerie di se stessi per essere uniti per sempre, al grido di “Facciamo che io ti racconto un mio segreto così orribile che nemmeno tra me e me ho mai provato a raccontarmelo, e tu però me ne devi confidare uno equivalente, qualcosa che se si sapesse ti distruggerebbe per sempre”. Ed è qui che troviamo il primo dei tanti significati della parola Confidenza.
Pietro però non avrà neanche il tempo di patire la chiusura della storia più impetuosa della sua vita. Nella stessa scuola dove era stato sedotto dall’irrefrenabile Teresa, incontra Nadia, insegnante di matematica. Vella si innamora subito di quest’apparente Beatrice dantesca. Quasi come in un contrappasso, ne apprezza la tranquillità, il silenzio. È rassicurato dalla mancanza di spigoli di questa donna tanto da renderla prima sua moglie e poi madre di tre figli: Emma, Sergio ed Ernesto.
Circondato da tanto candore e dalla (finta) serenità di coppia, Pietro inizia gradualmente la sua ascesa sociale e pubblica. Ottiene infatti un discreto successo letterario attraverso la pubblicazione di phamplet e scritti che criticano il sistema scolastico dell’epoca e riesce a conquistare un vasto pubblico con le sue abilità oratorie. Teresa non smette comunque di essere un’irruzione vulcanica nella sua vita; la sua presenza lo segue minacciosa, diventando motivo di ansia e paura. Pietro teme infatti in tutto il suo percorso che Teresa possa svelare al mondo la confidenza fatta e rovinare la reputazione perfetta che ha riscosso con fatica.
Al matrimonio con Nadia, dunque, si contrappone il “matrimonio etico” contratto con la giovane studentessa. Nasce infatti tra i due ex amanti un rapporto di sorveglianza, terrore e controllo che proseguirà a vita.
E intanto, mentre con Teresa il rapporto continua fluido, con quella confidenza tipica di chi si conosce a fondo, con Nadia non si arriverà mai a quell’amore totale e fiducioso.
“È difficile avere rapporti di coppia veramente limpidi. Io amavo Nadia, ma non l’amavo al punto da imporle anche con le brutte di raccontarmi cosa le era successo all’università, così che l’avrebbe allontanata per sempre dalle superfici algebriche.”
Come si intravede nell’uso del titolo e dell’incipit parzialmente fuorviante, Starnone è molto abile stilisticamente a costruire un intrigo ambivalente per tutto il libro. La stessa struttura, basata su tre racconti diversi per narratore (Pietro, sua figlia Emma e Teresa) e piano temporale, lancia un’esca per la riflessione sulla doppiezza delle persone e sulla fragilità della costruzione e del mantenimento della nostra identità. Confidenza è perciò un libro sul precario equilibrio della nostra fiducia, qualsiasi sia il rapporto di confidenza col prossimo. Un’opera che sottolinea la potenza delle parole come arma e, al contempo, la nostra precarietà.
Purtroppo però lo stesso romanzo vive di fragilità interne che ne inficiano la totale riuscita. In primis, se si riesce a percepire chiaramente la confidenza tra Teresa e Pietro, senza toccarla concretamente, diversa è la sorte della minaccia che incombe sull’insegnante. Purtroppo l’ansia del protagonista non vive della stessa forza comunicativa e il lettore non riesce a sentire e interiorizzare il pericolo o a percepire su di sé il fiato sul collo di Pietro.
Inoltre, nessuno pronuncia la parola fine alla fabula presentata nelle quasi centocinquanta pagine. Starnone, infatti, non sembra volerci accompagnare all’uscio e chiuderci la porta alle spalle. Ci lascia nel limbo, senza confidenze. Lasciandoci soli a riflettere sul fallimento della “pedagogia dello spavento“.
FONTI
Domenico Starnone, Confidenza, Einaudi, 2019