Neuroestetica

Neuroestetica: l’arte come elisir di salute

Quali emozioni proviamo quando osserviamo La Danza di Matisse o l’Urlo di Munch? L’esperienza artistica è una parte fondamentale dell’ambiente che ci circonda, avvolta da un affascinante alone di mistero per coloro che indagano il suo ruolo dal punto di vista biologico. Da decenni si susseguono riflessioni filosofiche ed esperimenti scientifici sugli effetti positivi che ha l’arte sul nostro cervello. Ora, la neuroestetica è chiamata a risolvere l’enigma.

Efficace cura contro il malumore, l’arte è un veicolo potente delle nostre emozioni. Non è un caso che nel Settecento, per sfuggire alla cupezza della loro noiosa routine, gli inglesi venivano mandati in viaggio in Italia a visitare siti archeologici e museali. Con la speranza che la maestosità dei beni culturali dello stivale soffiassero via la loro malinconia quotidiana, portando una ventata d’allegria nei loro spiriti.

La missione della neuroestetica

NeuroesteticaNegli anni novanta, il neurobiologo Semir Zeki, docente alla University College di Londra, ha posto le basi della neuroestetica, la disciplina che indaga i meccanismi coinvolti nell’esperienza estetica. Ed è proprio la neuroestetica a qualificare l’arte come un importante strumento per la comprensione del mondo. L’osservazione di opere d’arte stimola il cervello a costruire connessioni sempre più articolate, perfezionando le proprie capacità d’interpretazione.

Secondo Juan Carlos Portilla, portavoce della Società Spagnola di Neurologia, sono diverse le aree cerebrali coinvolte nell’esperienza artistica. Quando si osserva un quadro o si ascolta una canzone, viene prodotta una risposta sensoriale e motoria, che è strettamente legata all’esperienza e al contesto culturale di ogni individuo.

“Risultano ormai evidenti i benefici fisici che derivano dai processi di creazione artistica, tanto che esistono progetti che valutano concretamente l’effetto di tali benefici”.

Per questo motivo, l’arte è spesso impiegata come terapia nel trattamento di alcune patologie, come la musica nell’Alzheimer o le arti plastiche per il controllo dell’ansia.

Ecco spiegato perché un semplice accostamento di forme o di colori può suscitare un’emozione più o meno intensa, fino al ricordo di un’esperienza passata. “L’anima è un pianoforte con molte corde e l’artista è la mano che con questo o quel tasto porta l’anima a vibrare” affermava Kandinskij, che aveva già probabilmente intuito gli effetti lenitivi dell’arte sui disturbi psicologici.

Il piacere dell’arte per il nostro cervello

Le teorie della neuroestetica non sono chiacchiere senza fondamento. Lo dimostra un esperimento condotto dallo stesso Zeki attraverso la risonanza magnetica funzionale, che consisteva nell’osservare il cervello di 21 persone mentre guardavano alcune opere d’arte. Quando i volontari si trovavano di fronte a un quadro che ritenevano meraviglioso, si accendeva una zona del cervello in particolare. Si tratta dell’area orbito-frontale, coinvolta nella percezione del piacere.

Insomma, davanti a un’opera d’arte straordinaria, il nostro cervello prova la stessa sensazione di goduria di quando abbiamo davanti il nostro piatto preferito.

“L’artista è una sorta di raffinato neurologo che sa trovare gli stimoli adeguati a eccitare il cervello e l’arte è una droga buona alla quale è fisiologico, e forse anche terapeutico, assuefarsi

Così d’altronde scriveva lo scienziato Lamberto Maffei.

Un ottimo allenamento per la mente

Oltre a una potente fonte di piacere, l’arte è anche un ottimo allenamento per la mente. Ricercando ordine nel caos delle forme e dei colori, stimola il nostro cervello a costruire relazioni concettuali. Per esempio, l’interpretazione delle paradossali combinazioni visive di Dalì o di Magritte impegna più aree del lobo frontale, coinvolgendo al contempo memoria, esperienza e apprendimento. Così come i quadri di Seurat attivano la stessa area del cervello che utilizziamo per ricomporre un puzzle, o i capolavori cubisti di Picasso esprimono il tentativo di risolvere il conflitto tra i molteplici stimoli percettivi della realtà e la schematicità dell’immagine rappresentata da un quadro.

Attraverso l’arte, dunque, il cervello sviluppa contemporaneamente diverse aree, diventando sempre più efficiente nel portare a termine i compiti con cui si confronta nella realtà quotidiana.

Il valore dell’educazione artistica

Tali benefici si moltiplicano quando ne sono protagonisti i bambini. Prosegue Portilla:

“TeNeuroesteticanendo conto dei complessi meccanismi cerebrali che entrano in gioco nei processi creativi, stimolare la partecipazione nello sviluppo di tali processi migliora il funzionamento del cervello e favorisce la connettività tra le distinte aree e funzioni cerebrali implicate. Funzioni come l’attenzione e la memoria sono direttamente associate ai processi di creazione artistica”.

L’insegnamento dell’arte è uno step indispensabile per lo sviluppo della propria sensibilità artistica. Al fine di stimolare la capacità reattiva dei bambini nel contesto culturale in cui sono immersi, i centri educativi dovrebbero scommettere su un programma più dinamico, alternando sessioni di studio in classe a visite nei musei e incontri con l’autore.

Invitare i ragazzi a esplorare la cultura del passato e del presente, affinché trovino in essa dei punti di riferimento per sviluppare progetti che possano dar voce alla propria creatività e alle proprie passioni: questa deve essere la missione dell’educazione del domani.

 

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