Tra le paure più grandi dell’essere umano c’è sicuramente quella d’invecchiare. Si può vedere nella realtà di ogni giorno e la chirurgia plastica è solamente uno dei tanti metodi che vengono utilizzati per affrontarla. Tony Luciani, pittore e fotografo pluripremiato, ha deciso di utilizzare proprio l’età avanzata della madre Elia come protagonista dei suoi scatti.
All’origine del progetto
Tony, nato nel 1956 a Toronto, ha trascorso più di 40 anni della sua vita come pittore ed il suo lavoro è stato esposto in numerose gallerie.
A 91 anni, la madre Elia inizia a sviluppare una demenza parziale mentre vive da sola, accettando sempre meno la sua età. Tony però pensa che sia troppo piena di vita e umorismo per chiuderla tra le mura di una casa di riposo. Quindi, nel settembre 2014, decide di trasferirla nella sua casa, una vecchia chiesa convertita. Cerca di metterla il più possibile a suo agio, ma mentre dipinge al cavalletto, la vede lì, con lo sguardo perso nel vuoto. Non era la mamma che l’aveva cresciuto. Al suo posto c’era invece una fragile donna anziana.
Dopo alcune settimane, Tony sente il bisogno di prendersi una pausa dalla pittura. Vuole provare la sua nuova macchina fotografica, comprata da poco. Così mette il treppiede davanti a un grande specchio, bloccando l’accesso all’unico bagno di casa. Dopo nemmeno 5 minuti la madre bussa. Tony le dice di aspettare, deve prima finire uno scatto. Dopo 15 minuti la donna bussa ancora: è l’inizio del progetto MAMMA: in the Meantime.
MAMMA: in the Meantime
Dopo l’illuminazione avuta in bagno, Tony esercita le sue capacità di fotografo usando la mamma come modella. Nel mentre, lei parla e lui ascolta. Gli racconta della sua infanzia e di come si sente adesso. Elia stava perdendo la memoria a breve termine, ma ricordava bene gli anni di gioventù. Lui chiedeva e lei gli raccontava storie. Lui ascoltava ed era il suo pubblico.
Basandosi su queste storie, a Tony vengono un sacco di idee. Mostra alla mamma che cosa dovesse fare, ricreando egli stesso le scene, per poi realizzarle insieme. Lei posa e lui, intanto, impara sempre di più sulla fotografia. Elia ama il procedimento, la recitazione; così facendo, infatti, sente di valere ancora, di essere utile e necessaria. Sente la vecchiaia solo come un abito perché in fondo l’età è sempre prima interiore che esteriore.
Insieme giocano, si divertono e tutte quelle rughe si trasformano ora in un altro tipo di linee: sorrisi. Madre e figlio si imbarcano in un viaggio. L’arte diventa così il mezzo migliore per esprimere il lutto e le meraviglie di vivere con la demenza.
Elia, che mostra con orgoglio il segno delle fatiche di una vita, ci conduce in un territorio fatto di semplicità e quotidianità. MAMMA: in the Meantime si configura così come un testamento visivo, ricordando all’osservatore come la vita e le sue sfide valgano la pena di essere vissute.
Elia Luciani: più che una musa
La mamma di Tony nasce in un piccolo villaggio nelle montagne del centro Italia, dove i suoi genitori hanno terreno e pecore. Suo padre muore giovane di polmonite, lasciando la moglie e le due figlie sole con tutte le onerose faccende da sbrigare. Dopo poco tempo scoprono di non potercela fare.
Bisogna quindi prendere una decisione molto difficile ma necessaria. La mamma di Tony, la più grande tra le figlie, a 13 anni si sposa con uno sconosciuto, che di anni ne ha 26. Passa dall’essere una ragazzina all’essere un’adulta; a 16 anni, infatti, partorisce il primo figlio. Successivamente, ormai trasferitasi a Toronto, trova lavoro in una fabbrica di vestiti. Viene presto messa a capo di un grosso reparto di cucito e siccome è pieno di lavoratori immigrati, impara da sola parole prese da libri di traduzione. Parla moltissime lingue, quali francese, greco, spagnolo, portoghese, danese, polacco, russo, rumeno e ungherese.
Ogni tipo di Alzheimer o di demenza, porta con sé tristezza e molta frustrazione per tutti coloro che ne sono coinvolti. Tony lo sa bene; un giorno, infatti, la madre gli disse: “Perché in testa ho così tante cose da dire, ma me le dimentico prima che raggiungano le labbra?”. Ma come contraltare alle difficoltà, madre e figlio giocano. È questa, infatti, l’isola felice di Elia.
Per tenerla occupata e attiva, inoltre, il figlio decide di darle un progetto da realizzare. Le regala una piccola Nikon Coolpix P5000 da 10 megapixel, dicendole di fare almeno dieci fotografie al giorno di qualsiasi cosa volesse. Prima d’allora, la madre non aveva mai usato una macchina fotografica in vita sua.
Tony ha creato una pagina Facebook per lei e ha pubblicato il suo lavoro con orgoglio, inserendola anche in alcuni concorsi. Da aprile a giugno 2015, 17 delle splendide immagini di Elia sono spiccate sulle pareti del Chicory Common Natural Foods & Cafe a Durham, in Canada.
La fine del viaggio
Il viaggio di scoperta di Tony non è terminato con la mamma. Ora Elia vive in una casa di cura, a dieci minuti a piedi da casa del figlio. La sua demenza, infatti, era ormai tale da rendere pericoloso per lei vivere in casa. Elia non si ricorda più il nome del figlio ma riconosce ancora la sua faccia e ogni volta che lo vede fa un sorriso enorme.
Tony non la fotografa più. Non sarebbe giusto né etico da parte sua e, soprattutto, lei non capirebbe il motivo. Il padre di Tony, il fratello, il nipote, la sua compagna e il suo migliore amico sono tutti morti all’improvviso, senza lasciargli la possibilità di dire loro quanto li amasse. Con sua mamma, Tony vuole esserci e renderlo un addio molto lungo.
Le persone non autonome vogliono sentirsi parte di qualcosa, qualsiasi cosa. Non deve essere per forza qualcosa di estremamente profondo, può essere semplicemente passeggiare insieme. Date loro voce, interazione, partecipazione e un senso di appartenenza. Date valore al tempo. La vita è voglia di vivere e non attesa della morte.
Marshall McLuhan sosteneva che la fotografia conferisse una specie d’immortalità alla vita, rendendola eterna. Tony è riuscito a farlo, mostrando l’infinità e la profondità del bene che lo lega a sua madre e insegnandoci a farlo tutti i giorni.