Arto Paasilinna, Piccoli suicidi tra amici

“Piccoli suicidi tra amici”: la riscoperta della vita

Come si può tornare ad amare la vita, quando questa sembra averci tradito? Sembra impossibile, ma Arto Paasilinna, scrittore finlandese recentemente scomparso, è capace di mostrarci come ciò possa accadere. È questa, infatti, l’essenza del romanzo Piccoli suicidi tra amici, scritto nel 1990 e pubblicato in Italia nel 2006 da Iperborea.

L’antefatto

Finlandia, estate del 1989. Onni Rellonen, un imprenditore di mezza età con diversi fallimenti e un matrimonio deludente alle spalle, decide di porre fine alla sua vita proprio durante la vigilia della festa di san Giovanni, ricorrenza molto sentita dai finlandesi. Circondato da un’atmosfera di spensieratezza e allegria, Rellonen si incammina alla ricerca di un posto intimo dove poter premere il grilletto senza dare nell’occhio. Il destino, però, vuole che ciò non accada, e il capannone scelto dall’uomo si rivela essere già occupato da un altro aspirante suicida, un colonnello in pensione. I due uomini, costretti a mettersi a nudo confessandosi reciprocamente le proprie intenzioni, riescono finalmente a trovare l’uno nell’altra una figura amica, per cui vale la pena rimandare, almeno di qualche giorno, il suicidio:

Il colonnello fissò a lungo l’arma carica, prima di rendersi conto che non era più solo al mondo.

Sorpresi da come un caso fortuito avesse potuto salvar loro la vita, i due nuovi amici decidono di provare a rendersi utili, aiutando chi, come loro, si trovi in difficoltà e sia intenzionato a commettere un suicidio. In men che non si dica, un annuncio viene pubblicato su un giornale, e gli “aspiranti suicidi” si incontrano a Helsinki. La decisione presa di comune accordo dall’insolita banda è quella di unirsi e intraprendere un viaggio verso Capo Nord, per poi commettere un suicidio di massa lanciandosi da uno dei maestosi dirupi.

Prendersi cura degli altri e curare se stessi

Inizia così un viaggio che, più che un cammino verso una morte certa, ha l’aspetto di un’allegra quanto scapestrata vacanza. Nonostante le lugubri intenzioni non vengano subito abbandonate, i viaggiatori trovano un immediato conforto nella compagnia di persone simili a loro, con cui potersi aprire senza vergogna. L’amicizia, dunque, e la sensazione di essere utili nel mondo, diventano una motivazione valida per rimandare il lancio fatale.

Le giornate passate insieme fanno sì che i “suicidandi” maturino un senso di responsabilità reciproco, riacquistando anche fiducia nella vita. L’atto di prendersi cura di qualcun altro diventa, insomma, una cura anche per se stessi: divenuti i depositari del dolore altrui, i membri del gruppo, a partire dai fondatori, iniziano gradualmente a dimenticare i propri.

Il lungo viaggio assieme ai compagni di viaggio aveva fatto rinascere il gusto di vivere. Il sentimento della condivisione dei problemi aveva rafforzato la fiducia in se stessi, e il distacco dagli angusti scenari quotidiani aveva allargato gli orizzonti. La vita cominciava a mostrare un volto nuovo: il futuro appariva più luminoso di quanto non si fosse potuto immaginare all’inizio dell’estate.

Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo

D’altra parte, il fatto stesso di sentire la vicinanza della morte, provoca nei promotori dei “piccoli suicidi” un mutamento nel modo di concepire la propria esistenza. Di fronte alla morte, si sa, le differenze sono appiattite, e ciò è indubbiamente un sollievo per coloro che soffrono della propria posizione sociale (“Nella loro situazione le differenze sociali non avevano più importanza”).

Inoltre, i viaggiatori riescono ad applicare autenticamente l’inflazionato motto “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo”. Visti da una simile prospettiva, i problemi di ciascuno sembrano insignificanti, e gli amici sono sempre unanimi nel decidere di godere di ciò che la vita ha ancora da offrire, fino all’ultimo respiro. L’atto stesso del viaggiare aiuta i compagni ad allontanarsi, metaforicamente o meno, da ciò che li affligge. Ripensati da lontano, sotto un cielo stellato a Capo Nord o di fronte a un maestoso paesaggio alpino, tutti i problemi sembrano futili, risolvibili.

 

La natura: un personaggio silenzioso ma partecipe

piccoli suicidiLa natura, d’altronde, riveste un ruolo importante all’interno di Piccoli suicidi tra amici ed è, in generale, una tematica molto cara all’autore. Paasilinna descrive paesaggi che saltano all’occhio innanzitutto per il loro essere vivi: sin dalle prime pagine, viene da chiedersi come sia possibile pensare di interrompere una vita di fronte a una natura in un tale stato di fermento. Le parole dello scrittore hanno la capacità di restituirci intatti i colori, gli odori e persino i suoni che animano la campagna finlandese:

Dal prato saliva prepotente il profumo del secondo fieno, mietuto il giorno prima. I contadini lavoravano anche la vigilia di San Giovanni, le mucche non possono aspettare. I calabroni ronzavano, le rondini garrivano sul tetto del vecchio fienile. Dal lago giungeva lo strepitio dei gabbiani.

È come se tutti gli elementi naturali si mettessero all’opera per contrapporre la loro fragile ma tenace vitalità al cupo desiderio di morte dei protagonisti. E i risultati sono evidenti: la vivacità del paesaggio e il suo fremito silenzioso ma continuo sono contagiosi e ridonano energia a tutti i personaggi. È proprio la bellezza, oltre alla solidarietà, a rivelarsi come uno degli antidepressivi più potenti di sempre.

A dispetto delle apparenze, Piccoli suicidi tra amici è una lettura capace di divertire e trasmettere al lettore un messaggio di speranza. Con il suo tipico registro elegante attraversato da una sottile ironia, Paasilinna riesce a trasformare una vicenda inizialmente tragica in una vera e propria commedia. Quello dello scrittore finlandese, in sintesi, è un vero e proprio inno alla vita, ai suoi alti e bassi, al modo sorprendente in cui tutto può cambiare quando ormai abbiamo perso ogni speranza. È un inno all’amicizia, alle cose belle e semplici dell’esistenza, una dimostrazione che è sempre possibile rialzarsi, anche dalla peggiore delle cadute. Soprattutto se al nostro fianco abbiamo gli amici giusti.


FONTI:

Arto Paasilinna, Piccoli suicidi tra amici, Iperborea, 2006

Repubblica.it

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