Milioni di uomini, donne, giovani e bambini stanno fuggendo dalla guerra, dalla povertà e dalla morte per cercare di avere una minima speranza di salvezza. Salvezza che cercano in Europa, vista da molti come un paradiso in cui poter vivere serenamente. Per i migranti però la speranza è molto spesso distrutta quando si cercano di superare i confini, soprattutto quelli croati, per chi segue la rotta balcanica, e i confini libici, per chi segue la rotta centrale. A quel punto, si affronta l’inferno.
Il confine libico: come ci si arriva
La rotta più comune scelta dai migranti africani è sicuramente quella centrale: partono dal loro Paese nativo, arrivano in Libia e, se riescono, attraversano il mar Mediterraneo fino ad arrivare in Italia. Per queste persone, quindi, il viaggio non parte dal luogo d’ imbarco ma dal loro Paese di provenienza.
Per far sì che i migranti riescano nel loro intento, devono appellarsi a due figure fondamentali che si sono conosciute recentemente: i reclutatori e i trafficanti di esseri umani. I primi si trovano nel Paese stesso della persona che vuole andar via e hanno il compito, sotto compensi molto elevati, di vendere i contatti dei trasportatori che porteranno la persona al luogo d’imbarco. Dopo il pagamento, il migrante non dovrà fare altro che contattare il trasportatore e iniziare il viaggio.
Arrivato in Libia, luogo d’imbarco, alloggerà per qualche giorno da qualcuno consigliato dal reclutatore. Qui, si metterà in contatto con i trafficanti che organizzeranno tutto il viaggio nel Mediterraneo. Il prezzo dipende dal punto in cui si decide di partire, ma spesso è tra i 500 e i 2.000 dollari. I migranti cercano in ogni modo di procurarsi questi soldi, anche vendendo la propria casa e rimanendo senza nulla.
Il viaggio è l’unica ancora di salvezza, soprattutto per qualcuno che pensa al futuro dei propri figli. Le persone che cercano di salvarsi diventano così fonte di guadagno.
Gli accordi tra Italia e Libia:
Dal canto suo, il nostro Paese ha sempre cercato di limitare gli sbarchi clandestini. Nel 2003, l’Italia ha deciso di inviare fondi economici al governo libico per la costruzione di due campi di detenzione per chiunque avesse deciso di intraprendere questo viaggio illegale. Nel 2007, sono state inviate numerose pattuglie italiane in acque libiche per respingere i migranti al porto di partenza. Il 2008 è stato invece l’anno in cui l’Italia ha finanziato la costruzione di campi di raccolta per trattenere i migranti in Libia e impedirgli così di partire.
Infine, nel 2017 il governo italiano ha stretto un accordo con il trafficante di esseri umani Bija, conosciuto per la sua violenza e denunciato più volte dalle Nazioni Unite. L’obiettivo era trattenere quanti più migranti possibili in Libia, in cambio di milioni di euro. Quest’accordo verrà rinnovato, nonostante ci siano opinioni contrastanti.
I campi di raccolta in Libia, dove muore la speranza:
I migranti trattenuti nei campi di raccolta stanno soffrendo tantissimo. Infatti, i trafficanti cercano in ogni modo di non lasciarli partire e li rinchiudono per mesi, se non anni, in queste prigioni.
Le donne sono trattate come schiave sessuali: gli stupri e le molestie sono all’ordine del giorno. I minori non sono esclusi. Quotidianamente avvengono orrori di ogni tipo: maltrattamenti, torture e massacri. I migranti sono lasciati morire tra malattie e sporcizia, non hanno beni di prima necessità e sono trattati come oggetti senz’anima.
Molte volte i trafficanti ricattano i familiari di queste persone: inviano video in cui la persona cara viene torturata in modi orribili e vergognosi. I familiari sono così obbligati a pagare ingenti somme di denaro per far liberare il migrante. Spesso accade quindi che i parenti rimangano senza nulla, nella povertà più assoluta. La speranza di salvezza muore insieme a loro.
Il confine croato:
La rotta via terra che molti migranti scelgono di attraversare per entrare in Europa è invece quella balcanica, che passa dalla Bosnia-Erzegovina e arriva fino in Croazia.
Superare il confine non è facile: la polizia croata va alla ricerca di migranti clandestini e li riporta indietro, supportata da fondi europei. Per farlo utilizza macchinari sofisticati, come i droni, e si macchia di numerose violenze e torture testimoniate dai pochi migranti che riescono a fuggire e a passare il confine.
Nel luglio del 2019, Matteo Salvini ha dato voce all’accordo tra Italia, Slovenia e Croazia, che consiste nell’utilizzare pattugliamenti misti (italiani, croati e sloveni) per controllare i confini. L’obiettivo è infatti, ancora una volta, quello di fermare i migranti e riportarli indietro. Ma è in corso una vera e propria strage: la polizia croata è violenta, tortura i migranti clandestini, li uccide, li fa soffrire, li tratta come se fossero feccia umana. Ci sono numerose testimonianze, una di queste proviene da un ragazzo migrante di 15 anni: è stato torturato dalla polizia con scosse elettriche potenti e imprigionato in un container per trentasei ore. Questo è il prezzo che i migranti pagano per cercare di sopravvivere. E purtroppo, molte volte non ci riescono.
Il campo di Vučjak: tra Croazia e Bosnia
Tutte le persone che la polizia respinge sono poi portate al campo di Vučjak, un’ex-discarica situata tra la Bosnia e la Croazia. Questa zona è stata riempita di tende e accampamenti di fortuna, dove i migranti possono sostare e aspettare il momento giusto per tentare di nuovo di superare il confine, finché ne hanno la forza. Vivono in condizioni disumane, tra topi, scarafaggi, sporcizia, malattie e morte. Molti medici e volontari della zona portano i loro aiuti quando possono ma la situazione rimane invivibile.
La propria sopravvivenza, quella dei propri cari e l’arrivo in Europa rimangono gli unici obiettivi di queste persone che lottano ogni giorno tra la vita e la morte.