Lo scenario è questo: è notte e per le strade quasi deserte di una città si aggira un uomo avvolto nel suo impermeabile scuro. Non sappiamo chi sia, né cosa stia cercando. All’improvviso si ferma sotto un’insegna al neon. Che stia aspettando qualcuno? Forse non lo scopriremo mai. Però, se dovessimo scegliere una colonna sonora che accompagni i passi e le avventure delle quali probabilmente sarà protagonista la nostra figura misteriosa, ci potremmo orientare verso qualcosa di simile a Italia a mano armata o Bouchet Funk dei Calibro 35, entrambe cover di colonne sonore di film polizieschi all’italiana. Infatti, è così che la band ha iniziato con il primo album, Calibro 35 (2008), contenente – oltre a due brani originali – anche diverse cover di compositori famosi.
I polizieschi all’italiana e lo stile dei Calibro 35
I Calibro 35 sono una band indipendente in attività da oltre dieci anni.
«Rolling Stone» li ha descritti come “L’avvenimento (musicale) italiano più affascinante, più squisitamente rétro e più genuino degli ultimi anni”. Se avete mai sentito qualcuno dei loro pezzi, avrete già capito il perché. I cinque musicisti, con le loro sonorità funk-jazz, sono in grado di trasportare i propri ascoltatori all’interno di un film poliziesco anni Settanta, con quell’atmosfera un po’ noir e misteriosa che tanto andava di moda all’epoca. In effetti, per i propri brani, i membri del gruppo si ispirano alle colonne sonore che facevano da sfondo a questo genere di film. Prendiamo la sopracitata Bouchet Funk: chi di voi è appassionato di cinematografia italiana, saprà che il titolo è un chiaro riferimento all’attrice Barbara Bouchet, che comparve in diversi polizieschi all’italiana fra i quali, per esempio, il noir-poliziesco del 1972 Milano calibro 9. La colonna sonora di questo film ispirò inoltre la band, che ne propose la propria cover.
Perfino il nome del gruppo si ispira all’ambito cinematografico. Si fa infatti riferimento diretto alla pellicola 35 millimetri, il calibro di pellicola che veniva più comunemente utilizzato per le riprese cinematografiche.
La band e le collaborazioni internazionali
I membri della band sono cinque: abbiamo il chitarrista Massimo Martellotta, il polistrumentista Enrico Gabrielli (tastierista, flautista, sassofonista e xilofonista), il batterista Fabio Rondanini (che suona anche negli Afterhours e, nel 2018, è stato uno dei fondatori degli I Hate My Village, gruppo del quale abbiamo parlato in questo articolo), il bassista Luca Cavina e il produttore Tommaso Colliva.
La particolarità dei loro brani, decisamente insoliti nel panorama musicale italiano, li ha portati a suonare al fianco di diversi artisti con risonanza internazionale, come i Muse, per i quali aprirono il concerto milanese del 2010.
Altri musicisti, come Dr. Dre e Jay-Z, hanno campionato alcune parti dei loro brani per riutilizzarle nelle proprie basi musicali. Ecco, per esempio, Ogni riferimento a fatti accaduti è puramente casuale, brano del 2012 dal quale il beatmaker statunitense Dr. Dre ha preso dei sample per il suo pezzo del 2015, One shot one kill (feat. Jon Connor e Snoop Dogg).
Stan Lee: il singolo che anticipa Momentum
Insomma, i cinque membri dei Calibro 35 sanno decisamente il fatto loro e non si fermano mai. In effetti, a breve, verrà pubblicato anche il loro settimo album in studio, Momentum, la cui uscita è prevista per il prossimo 24 gennaio per Record Kicks.
L’album è stato anticipato, il 22 novembre scorso, dal singolo Stan Lee, già disponibile sulle piattaforme di streaming.
Il singolo comprende anche la versione strumentale del brano, mentre la versione non strumentale prevede la partecipazione del rapper e produttore statunitense Illa J. Si tratta di una sfida ben riuscita: il rap, più aggressivo e moderno, è riuscito a sposarsi bene con le influenze funk e un po’ rétro della band, che viene da un passato nel quale i pezzi strumentali l’hanno fatta da padrone. In effetti, sono loro stessi ad affermare che:
Dopo dischi interamente strumentali e solo “tra di noi” la scelta di confrontarci con qualcuno che “dice cose” sulla nostra musica non è stata semplicissima, ma ci sembrava la cosa giusta per avere nuovi stimoli e guardare oltre ciò che abbiamo sempre fatto.
Insomma, per il gruppo è stato un po’ come uscire dalla propria comfort-zone e, a giudicare dal risultato, è stato uno sforzo che ha dato i propri frutti. Stan Lee è un pezzo ritmato, che si inserisce bene nel panorama musicale contemporaneo ma, allo stesso tempo, non si percepisce uno stacco forzato con la produzione pregressa della band. Anzi, si ritrova sempre lo stesso fil rouge declinato, però, in maniera diversa.
Forse, anche la scelta del “collaboratore” ha favorito la buona riuscita del pezzo: Illa J ha diverse cose in comune con il gruppo. Fra queste spicca il suo modo di fare rap che rimane ancorato a tradizioni passate (nonostante si tratti di un genere relativamente giovane), ma con uno sguardo attento alla contemporaneità. Forse anche l’inserimento della versione strumentale del brano ha svolto la funzione di “paracadute”, il che ha contribuito a garantire maggiore sicurezza ai Calibro 35.
Momentum e le sue radici nel presente
Arriviamo, così, a Momentum. L’album si compone di dieci tracce, due delle quali sono featuring: ovvero, Stan Lee, della quale abbiamo già parlato, e Black Moon, feat. MEI.
Ciò che distacca questo lavoro dagli album precedenti sono le radici nella contemporaneità. In passato, i Calibro 35 hanno esplorato a fondo il mondo delle colonne sonore prese nella propria golden age, gli anni Sessanta e Settanta. Hanno fatto anche un giro nello spazio con S.P.S.C.E. (2015), disco contenente brani dalle sonorità un po’ più “futuristiche”, che proiettano l’ascoltatore in un luogo senza gravità, nel quale il proprio corpo non ha peso e i suoni che sente sono solo frutto della sua immaginazione. Ora, però, il gruppo vuole dedicare tutto il proprio lavoro al presente ed è proprio questo che viene fatto con questo nuovo progetto.
La complessità del presente, con i suoi scenari quasi apocalittici che i media propongono, trova corrispondenza nella complessità sempre crescente dei pezzi. All’interno dei brani infatti si intrecciano suoni particolari, che difficilmente l’ascoltatore ha avuto l’occasione di ascoltare in precedenza (per esempio, sono stati incorporati nel disco diversi tipi di sintetizzatori). Nonostante ciò, ogni suono risulta “reale” poiché non esiste nulla di programmato, la band non utilizza preset o programmazioni. Ogni strumento viene suonato da un musicista che lo rende “umano”. Il risultato sono suoni senza tempo, brani nei quali generi e influenze diverse vengono in contatto fra loro e si mescolano senza mai creare attrito. Sono gli stessi ragazzi della band ad affermare che si tratti di un vero e proprio prequel di quello che gli ascoltatori potranno aspettarsi in futuro:
Se il precedente Decade (album del 2018 che marca i primi dieci anni di carriera del gruppo ndr) era la somma di tutto ciò che avevate sentito nei dieci anni precedenti, Momentum è il prequel di quello che potrete sentire nei prossimi dieci anni. Calibro 35 stavolta non è né un orologio che va in ritardo né uno che va in anticipo: questa volta è un orologio fermo che, come dice Lewis Carroll, è più in orario di tutti perché almeno due volte al giorno segna l’ora perfetta.
I brani: ve li raccontiamo in anteprima
Abbiamo avuto l’occasione di ascoltare l’album in anteprima ed ecco le nostre impressioni.
Glory – Fake – Nation è il brano di apertura dell’album; questo introduce l’ascoltatore al metodo narrativo della band che, come detto in precedenza, risulta diverso dal solito, senza però discostarsi in maniera forzata dai lavori passati. Si tratta di un brano quasi del tutto strumentale che ne introduce subito un secondo nel quale, però, le parole di Illa J spiccano; parliamo di Stan Lee, singolo scelto per anticipare l’album.
Passiamo poi a Death of Storytelling, altro brano strumentale nel quale si può apprezzare tutta l’autenticità dei suoni messi in campo dalla band.
Ecco la più elettronica Automata, nella quale scendono in campo i sintetizzatori. Anche in questo caso, la canzone mantiene dei tratti legati alla tradizione musicale del gruppo, anche se vista da un punto di vista completamente diverso. Questo pezzo ricorda quasi un film noir ambientato nello spazio; sintesi perfetta e rielaborazione legata al presente di tutto ciò che il gruppo è stato in passato.
La canzone che segna la metà dell’album è Tom Down. Qui l’atmosfera si fa più cupa e misteriosa e la linea di basso sembra voler sussurrare qualcosa nell’orecchio dell’ascoltatore.
Thunderstorm and Data si lega più alla cultura sci-fi, sia per via del titolo – che ricorda un po’ l’ambito informatico – che per via dei suoni che sono stati inseriti all’interno della traccia. Ancora una volta troviamo suoni distorti e decisamente particolari.
Passiamo al secondo featuring, Black Moon, in collaborazione con l’artista Londinese MEI. La voce della cantante risulta leggera come una piuma, così come la base che, anche se ritmata, sembra scivolare piano sotto alle parole.
Si continua con Fail It Till You Make It che, verso la fine, esplode in un ritmo sempre più serrato per poi cessare improvvisamente lasciando spazio a 4×4, dominata da suoni che sembrano provenire da un ambiente urbano, ma rielaborati in maniera che si fondano perfettamente con il resto dell’album.
Il brano di chiusura è One Nation Under a Format. Questo, con un movimento circolare, torna a legarsi alla produzione passata della band, rivista però con un occhio più proiettato sul momento storico attuale.
Una sorta di dissolvenza chiude la canzone e l’intero progetto.
A chi è consigliato questo album? Oltre, ovviamente, ai fan storici della band, è consigliato a tutti coloro che vogliono approcciarsi alla musica strumentale ma non sanno da dove iniziare. L’intero repertorio della band è un’occasione per conoscere nuovi stili, nuovi ritmi e nuovi suoni mai ascoltati prima, che potrebbero aprire la via a sperimentazioni sempre più coraggiose.
Materiali gentilmente forniti da Fleisch Agency
Copertina e immagini gentilmente fornite da Fleisch Agency