L’aria lassù tra le nuvole è molto pura e fine, frizzante e deliziosa. E perché non dovrebbe esserlo? – È la stessa che respirano gli angeli.
Mark Twain
Il significato etimologico di tetto è coprire, quello di soffitto, sospendere. Forse è per questo che useremo per loro il termine soffitti di cielo. Perché sono frammenti di cielo sospesi in una struttura chiusa, intagliati in forme predefinite per loro, dal cerchio, al rettangolo, fino alla croce. Squarci di una realtà superiore, intangibile, eppure concreta ed esistente. Non sempre però. In alcuni casi, gli oculi sospesi lasciano solamente intravedere o immaginare il cielo. Lo vediamo flebilmente da spicchi di vetrate, oppure come una ricreazione artificiale, artistica.
Vincent Van Gogh diceva: non mi stanco mai di un cielo azzurro. E anche se non è limpido e terso, c’è sempre la spinta incalzante e appetibile a voler rivolgere lo sguardo verso l’alto. Attraverso il tettuccio aperto di una cabriolet, da una finestra per tetto in mansarda, oppure solo grazie a un soffitto stellato dipinto in una cameretta. E così come il cielo azzurro è gioioso, il cielo notturno è romantico e quello plumbeo è malinconico. Come una coperta intessuta di ricordi, il cielo si nutre delle storie di chi protegge. Sono proprio alcune location italiane a creare un rapporto tra l’uomo e quello che lo sovrasta con i loro soffitti di cielo.
Siena e dintorni: forme squadrate nel cielo dal 1200
Il Palazzo Pubblico di Siena è stato edificato approssimativamente intorno al 1297. Si tratta di un palazzo comunale voluto dall’aristocrazia e dotato pertanto della propria torre gentilizia, la Torre del Mangia, che, con la sua imponente altezza di 88 m, si affaccia su Piazza del Campo. Dalla piazza si può osservare la fisionomia del palazzo, di pianta rettangolare e caratterizzato da un preciso stile gotico.
Con i suoi quattro piani, l’edificio forma un rettangolo che agisce da cordone di rinforzo per un cortile interno. Ed è qui che troviamo il soffitto sospeso. Poiché, dall’interno del cortile, è possibile vedere uno squarcio rettangolare azzurro dove si affaccia timida una porzione della Torre del Mangia.
L’atmosfera diventa poi più evocativa di notte, con la luna che fa da padrona e uno scenario dal sapore antico e romantico. Lo ha immortalato il fotografo Mauro Maione con il suo scatto The Moon and The Castle.
A 35 km a sud di Siena, un’altra protagonista di una narrazione a cielo aperto è l’Abbazia di San Galgano. Siamo a Chiusdino e il periodo di edificazione della struttura è sempre medievale, corrispondente all’arco temporale tra il 1218 e il 1288. In questo caso, la pianta dell’edificio è a croce latina e si imprime come un marchio nel cielo toscano, reso ancora più suggestivo dalla luce rosata del tramonto.
Il cielo attraverso l’obiettivo circolare: Puglia e Lazio
Il periodo medievale non è stato però solo dettato dall’imponenza gotica, bensì da una sua mescolanza con lo stile romanico, più sobrio e privo di fronzoli. Lo dimostra l’architettura di Castel Del Monte, in Puglia. Poco distante da Andria sorge un edificio tipicamente medievale, voluto, nel 1240 circa, da Federico II di Svevia, re del Regno di Sicilia. In questo caso la base architettonica è ottagonale, incorniciata da otto torri difensive che si ergono verso il firmamento. Il numero otto non è casuale, ma incarna una precisa simbologia che riveste magicamente la struttura.
Otto sono i lati dell’edificio, così come le torri e le stanze a piano terra e al primo piano. Non sono presenti classici ritorni medievali come il fossato o le mura di cinta, perché Castel Del Monte si propone come un eremo solitario, collocato su una collina nella zona delle Murge Occidentali e in grado di difendersi da sé.
La sua maestosità marmorea e granitica si accompagna alla particolarità del foro ottagonale che lo sovrasta e che verte verso una forma più morbida e circolare se immortalato da particolari angolazioni, come quella scelta dal fotografo Youness Taouil.
La forma circolare è invece propria di una struttura che incarna perfettamente l’idea di comunicazione con il cielo, come simbolo del divino: il Pantheon. Il tempio romano fu voluto dall’imperatore Adriano e costruito tra il 118 e il 128 d.C. sulle ceneri del precedente tempio di Agrippa, distrutto da un incendio. Nonostante l’infausto evento, sin dal progetto originario era previsto un oculo nell’immensa cupola di calcestruzzo del tempio. Il foro permette l’ingresso della luce solare, con una peculiarità, per cui il 21 aprile, giorno della nascita di Roma, il fascio luminoso penetra esattamente al centro della struttura.
Si tratta di un meccanismo voluto da Augusto, suocero di Agrippa, così da poter illuminare l’imperatore nella sua presentazione trionfale al tempio. Il Pantheon è così costruito intorno alla simbologia luminosa, veicolo di interazione tra umano e divino. La porzione di cielo in questo caso rappresenta uno spiraglio sulla realtà divina e ultraterrena e sulla sua influenza di potere. Non a caso, quindi, la struttura si erge nel preciso punto in cui, Romolo, nel 27 a.C., sarebbe asceso al cielo.
I finti cieli tra vetrate e riproduzioni contemporanee
E dal Mezzogiorno al Centro Italia si raggiunge Milano, dove si erge sotto il cielo meneghino la Galleria Vittorio Emanuele. Si tratta di una galleria commerciale, edificata in stile neo rinascimentale dall’architetto Giuseppe Mengoni tra il 1865 e il 1878. La sua è una pianta a croce latina, che si rivolge verso la cupola in vetro, attraversata da venature in ferro. Il soffitto del Salotto Milanese, non è uno squarcio a cielo aperto, tuttavia lascia flebilmente scorgere il cielo in una propensione simbolica verso l’alto.
La sua cupola, che tocca un vertice di 47 m, è intelaiata di spicchi di vetro, ciascuno composto da piccoli rettangoli, che mostrano un cielo timido, appannato, solo labilmente mostrato.
Lo stesso effetto si ritrova nella Galleria Umberto I napoletana, progettata dall’ingegnere Paolo Boubeè e sopraelevata 10 m rispetto alla sua gemella milanese. Ma non si tratta solo di soffitti a effetto mosaico con frammenti di cielo, ma anche di vere e proprie ricreazioni artificiali della distesa stellata.
Il riferimento è sempre napoletano e riguarda la stazione della metro Toledo, sulla linea 1, nei dintorni dei Quartieri Spagnoli e di Rione Carità. Toledo è solo una delle quindici stazioni d’arte del capoluogo campano, ciascuna affidata alle mani esperte di artisti di calibro internazionale. In questo caso l’artefice è Oscar Tusquets Blanca, che ha voluto omaggiare Napoli con colori azzurro e sabbia, per rievocare il paesaggio marittimo. Ad intessersi nell’atmosfera azzurra, dal tocco brillantinato, c’è un oculo, o meglio un falso oculo che richiama il cielo stellato.
Così cielo e mare si cingono in un’unica ambientazione. Come diceva il giornalista Romano Battaglia: cielo e mare sono come due specchi che di giorno si riflettono, di notte si ascoltano. C’è quindi ancora qualcosa di misterioso e segreto nel cielo, qualcosa che ci invita e ci spinge a rimirarlo continuamente in cerca di risposte. Forse cerchiamo un aiuto spirituale, forse vogliamo leggere il nostro futuro tra le stelle o i cumulonembi o forse, ci basta solo guardare in alto senza chiedere nulla in cambio.
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