Università? Scuole superiori? Carriera? Lavoro?
Un aneddoto che può aiutarti a scegliere consapevolmente.
Tra i momenti più complicati di tutta una vita si possono, a ragione, conteggiare due momenti particolari: la scelta delle scuole superiori e la scelta dell’indirizzo universitario. Questo articolo non viene “a caso,” ma viene nel momento più giusto: i ragazzi delle scuole medie fra un paio di mesi dovranno presentare la domanda per le scuole superiori, così come, sicuramente, i diplomandi del prossimo 2020 staranno cercando di chiarirsi le idee sul futuro. E spesso questa si rivela un’operazione complicatissima. Non è facile scegliere, perché spesso non ci si conosce abbastanza, o non si hanno gli strumenti necessari per farlo. Fidarsi è bene, sì, ma conoscersi e decidere lo è di più.
Non è vero che “una scuola superiore vale l’altra“. Ogni scuola ha qualcosa di unico da offrire, o delle mancanze gravi che sarà poi necessario colmare. Tali mancanze possono essere dovute alla struttura in sé (fredda, vecchia, poco tecnologica) o magari allo stesso indirizzo (poca matematica, poco laboratorio, poche lingue).
È bene, dunque, nel momento in cui si valutano le alternative, tenere conto di tutti questi fattori e saperli porre sulla bilancia in modo critico e senza pregiudizi. Il consiglio non è quello di pensare al futuro (“che lavoro farò?“) ma di seguire i propri interessi e le proprie passioni, perché sono gli unici fattori che contano e che dimostrano quanto scegliamo noi davvero e non le aspettative che gli altri hanno su di noi e che temiamo solo di deludere.
Ecco, un’altra cosa: diffidate di chi pensa di poter scegliere al vostro posto. Ascoltate i consigli, ascoltate le testimonianze di chi quella scuola l’ha fatta, positive o negative che siano, registratele tutte, ma poi, a scegliere dovete essere voi e soltanto voi.
Questo perché chi più di voi vi conosce di più? E anche perché in questo modo non avrete niente da rinfacciare ad altre persone.
Per la scelta universitaria vale lo stesso principio. Non esiste nessuna facoltà che “garantisca un lavoro“, perché ci troviamo in un periodo storico e in un contesto sociale in cui il lavoro è tutto da inventare.
Tanti lavori tradizionali si stanno “estinguendo” per lasciare spazio ad altre attività nuove e mai viste prima d’ora. Lo studio non serve a preparare il mondo del lavoro, serve a preparare noi stessi ad affrontare la vita. È inutile studiare ingegneria se ci interessa la letteratura inglese, così come è stupido laurearsi in giurisprudenza se ci affascina la fisica.
C’è un forte pregiudizio che grava sulle materie più “astratte” (come la coscienza comune ama chiamarle), quali la letteratura, la filosofia, la matematica o la fisica pure e così via. Tale pregiudizio è il seguente: “Ma quindi vuoi fare l’insegnante?“.
È uno dei pregiudizi più antichi di tutti, quello che studiando, e quindi, pensando, non si possa arrivare a niente di ciò che il buonsenso comune chiama “concreto” e che l’unico possibile sbocco lavorativo coincida con l’insegnamento. Insegnare è un lavoro complesso e affascinante, ma non è detto che chiunque si laurei in una materia umanistica abbia come obiettivo l’insegnamento.
È divertente ricordare a tal proposito un aneddoto antico, che ci racconta Aristotele. Si racconta infatti che tale pregiudizio, quello cioè di non arrivare a nulla di concreto perché con il pensiero non si raggiunge nulla, gravasse già sul primo filosofo, Talete. Una volta venuto a conoscenza di queste voci che giravano su di lui, Talete volle dimostrare che i suoi concittadini si sbagliavano. Così, tramite le sue osservazioni astronomiche, arrivò a prevedere un abbondante raccolta di olive per l’anno successivo. Era inverno, e nessuno si preoccupava ancora di raccogliere olive. Ma Talete, giudizioso pensatore, affittò tutti i frantoi della città (cioè di Mileto) , che ovviamente riuscì ad affittare a poco prezzo, perché nessuno di inverno ha bisogno di un frantoio.
Quando arrivò la stagione delle olive, queste furono abbondanti e Talete poté ricavarne molto denaro. Denaro che dimostrò di poter guadagnare, se solo lo avesse voluto, ma non lo voleva, perché il suo unico interesse non era l’arricchimento economico, ma, come dice Aristotele, il quale ci tramanda l’aneddoto, la crematistica, ovvero l’arricchimento personale.
Che questo aneddoto sia vero o falso, non è importante. Ciò che conta è notare quanto questo pregiudizio sia antico, dal momento che ci giunge come testimonianza fin dal mondo greco. Il pensare non è un limite, mai, è sempre un punto di partenza, e chi davvero si impegna nello studio di ciò che ama, difficilmente ne resterà deluso, anche perché il momento dello studio in sé diventa un grande piacere. Non abbiate paura di scegliere la strada che più vi si addice.
Di questi tempi si ritiene necessario difendere soprattutto gli studi umanistici, quelli, appunto, che la gente chiama “astratti” e che sono demonizzati. Al contrario, rielaborando le parole che la filosofa Martha Nussbaum pronuncia per difendere lo studio della filosofia, è bene dire che non è solo la filosofia, o gli studio umanistici, ma è lo studio in generale, quello disinteressato e appassionato che fa la differenza. Perché,
“Studiare rende cittadini maturi”.
Scegliere è importante, sì, ma tenendo a mente sempre una cosa fondamentale: ogni scelta è reversibile. Per ogni passo che facciamo in avanti, possiamo farne uno all’indietro, o di lato, cambiare direzione, sbagliare e imparare da ciò che sbagliamo. La paura di scegliere è solo paura di perdere tempo, ma il tempo trascorso ad imparare non è mai perso, è sempre investito.