Anno 1987. Creativo per indole, e per scelta, Alberto Cavallari è un architetto milanese e pendolare che, da qualche anno a questa parte, ha creato e conservato numerose piccole agendine colme di ritratti da lui realizzati.
In che modo? Tutti i giorni un ritratto diverso.
Di chi? “Passeggeri”, naturalmente. Il nome dell’omonima pagina Instagram, interamente dedicata ai suoi dirimpettai, questa volta eseguiti in digitale. IPad, penna e un po’ di “stalkeraggio” – come ama definirlo lui.
Ecco come l’artista ha deciso di raccontarsi in un’intervista a Lo Sbuffo.
Come e quando è nata l’idea?
L’idea è nata nel corso del tempo. Io sono architetto e, essendo un pendolare, tengo sempre con me un’agendina dove poter annotare le mie idee e i miei schizzi per qualche progetto. Nel corso degli anni della mia vita da pendolare, ho iniziato a ritrarre le persone così per gioco e per passatempo, fino a quando mi sono accorto che questo cosa poteva diventare qualcosa di più grande. E quindi ho iniziato a raccogliere tutti questi disegni, che ormai non conto più.
Ti sei lasciato ispirare da qualcuno?
Non ho uno stile tutto mio. Mi piace sperimentare e realizzare disegni di vario tipo. Diciamo che uno dei miei riferimenti è sempre stato Hugo Pratt e il suo Corto Maltese: i suoi disegni sono la giusta summa di essenza, sintesi e espressività.
Perché hai deciso di disegnare proprio la categoria “pendolari”?
La risposta è molto semplice. Semplicemente perché, andando tutti i giorni a Milano in treno, sono io stesso un pendolare. Ed è nato tutto perché mi accorgevo che le persone, quando sono davanti allo schermo del cellulare, non si accorgono assolutamente di quello che gli sta intorno. E quindi, era naturale che loro, pur avendo una persona che palesemente li stava ritraendo, non si accorgevano, e tuttora non si accorgono di niente.
Come scegli i tuoi soggetti?
All’inizio, quando non c’era ancora una piena consapevolezza di quello che poteva essere questo “progetto”, la mia scelta era del tutto casuale. Quindi, quando avevo voglia e mi trovavo di fronte qualcuno lo ritraevo. Adesso, che il progetto ha un po’ più consistenza, cerco sempre di più delle persone particolari. Tutto è comunque dettato dal fatto se sono ispirato o meno. Capita qualche volta di non essere ispirati, ma poi ti capitano davanti dei passeggeri talmente particolari che vale la pena di ritrarli.
Come realizzi i tuoi disegni?
Ho due modalità. La prima riguarda l’agendina, come sono partito all’inizio, e quindi sono ritratti fatti – il 99% – con la penna, un segno indelebile che non può essere assolutamente modificato. L’altro metodo è in versione digitale, quindi banalmente con un IPad e una matita. In quel caso, a volte cancello delle piccole parti. La scelta dell’ IPad è stata dettata soprattutto dal fatto di poter applicare direttamente il colore. Anche perché mi sono imposto una sorta di regola: non sapendo mai quando scendono i passeggeri, quando scendono, o comunque, quando ritengo di aver finito, il ritratto è terminato e non rielaboro mai a casa. Quindi, il periodo della realizzazione dura sempre il tempo massimo di un viaggio.
La tua tecnica come si è evoluta?
Si è evoluta con l’allenamento e la ripetizione del gesto. Ad oggi non ho ancora una tecnica e uno stile definito e mi piace sperimentare e affinare il tratto, cercando sempre una maggiore spontaneità e sintesi.
Qualche pendolare si è mai accorto di essere “osservato” più del dovuto?
La cosa pazzesca è che nessuno se n’è mai accorto. E nessuno di fronte a me si è mai accorto nemmeno se gli scattavo una foto, che tendenzialmente tengo in un archivio privato, semplicemente per matchare e verificare le immagini.
C’è un soggetto, tra questi, a cui sei particolarmente legato?
Ce ne sono un po’ a cui sono parecchio legato e che, se dovessi fare una selezione, non riuscirei a togliere perché sono scolpiti nella mia mente e quasi ci sono affezionato. Un aneddoto particolare è legato ad una signora con i capelli ricci e biondi: un giorno mi ero imposto solo di leggere, poi come sono salito sul treno l’ho vista e ho pensato: “Questa non può non essere ritratta”.
Come definiresti il tuo progetto?
Lo definirei un progetto itinerante. La cosa che mi piacerebbe più di tutte è associare a questi nuovi volti, che vengono generati dal disegno, delle storie. Creare, quindi, nuove identità dove si intersecano sia i disegni che le parole.
Un libro quindi?
Esatto. Tendenzialmente, la svolta vorrebbe essere questa.
Siamo di fronte ad un artista poliedrico e pienamente cosciente di ciò che potrebbe essere il suo prossimo obiettivo. Una personalità completa, e complessa, che sembra spingere e farsi strada anche laddove l’arte e il suo mondo sembra averle viste tutte.
È questo, in fondo, ciò che serve per fare differenza in un campo – tanto bello, quanto difficile – come quello artistico. Fantasia, consapevolezza e un briciolo di ironia possono davvero contraddistinguere un vero artista.
Alberto ne è la prova tangibile.
FONTI
Intervista
Copertina – Pic by Alberto
Immagine 1 – Pic by Alberto
Immagine 2 – Pic by Alberto