“El Camino”: una seconda chance

“El Camino”: una seconda chance

Addio e buona fortuna. Ci mancherai.

Forse non è granché come formula di congedo. Forse quel ragazzo meritava di più. Forse si potrebbero trovare parole migliori, più sentite. O, forse, questo è impossibile. Forse è impossibile trovare i termini giusti per salutare un amico, un fratello, un compagno di viaggio, un uomo che tante volte abbiamo visto cadere e provare a rialzarsi sotto i colpi della vita e il peso di fin troppe scelte sbagliate. Eppure Vince Gilligan ci ha provato. Anche lui, come tutti i suoi fans, non ha dimenticato Jesse Pinkman e la sua storia. E con El Camino, il film uscito l’11 ottobre scorso sulla piattaforma Netflix, il regista di Breaking Bad ha voluto raccontare il destino di quel ragazzo biondo che tanto avevamo amato nel suo ruolo di co-protagonista a fianco del celebre Walter White. Un film attesissimo; un film molto apprezzato dalla critica internazionale; un film che tuttavia, accusato di “non necessarietà”, pare non aver convinto buona parte dei fans di BB, forse alla ricerca di qualcosa di più spettacolare, di un addio all’insegna di improvvisi colpi di scena ed esplosività.

Non ho alcun dubbio di aver meritato i miei nemici, ma non sono sicuro di aver meritato i miei amici.
(Walter White)

El Camino inizia là dove tutto era finito. Ci ritroviamo nella frenesia, occhi negli occhi, a guardare Jesse ridere nella disperazione mista a sporcizia, mentre fugge dalla prigionia, mentre prova a lasciarsi alle spalle le sbarre metalliche che lo hanno ingabbiato. Ed ecco, quasi a voler strappare l’illusione del momento, le sirene della polizia ci riportano immediatamente alla dura realtà dei fatti: Pinkman non è libero, non ancora almeno e, cosa ancora più importante, non può farcela da solo.

Sono queste le premesse giunti alla prima metà del lungometraggio, che si gioca sulla forte contrapposizione fra tre personaggi legati a doppio nodo alla vita di Jesse. Vince Gilligan, all’interno di un’operazione Amarcord che si trascina per l’intera pellicola, comincia con il riesumare due dei personaggi più sottovalutati di tutto Breaking Bad. I celebri Badger (Matt L. Jones) e Skinny Pete (Charles Baker): gli Amici. Quelli veri, quelli che ci sono sempre, quelli banali che lasciano sempre aperta la porta della comprensione e dell’aiuto incondizionato. Sono loro la prima tappa, quella necessaria a sbarazzarsi dello sporco (metaforico e non) per provare a ripartire con nuove speranze. Skinny e Badger danno tutto. Danno il loro tempo, i loro soldi, le proprie auto, persino loro stessi. E quei pochi secondi in cui Skinny dona il cappello all’amico, privandosi non del superfluo ma dell’oggetto che meglio definisce la sua identità, rappresentano forse una delle sequenze più intime ed emozionanti dell’intero film.

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Quindi Todd. La nemesi di Jesse. Gilligan lo riporta in vita con un’accurata gestione del flashback e non lo fa per ragioni di trama. Certo i ricordi di Jesse sono propedeutici a capire le sue azioni, intenzioni e spostamenti, ma non è questo l’obiettivo primario. Gilligan vuole raccontare chi è Todd, vuole soffermarsi sulla sua grottesca gentilezza, sulla crudeltà che cerca legittimazione, su quei freddi occhi di pietra così distanti dall’emotività del protagonista. La ricerca dei soldi all’interno dell’appartamento di questo moderno Lucifero e il conseguente incontro tra Jesse e la “Kandy Saldature” fungono solo da contorno alle vere intenzioni del regista, che tenta assieme a noi di scavare l’interiorità del personaggio, alla ricerca degli estremi limiti di una malvagità che sembra non conoscerne.

Per un pugno di dollari.
(Sergio Leone)

Ebbene sì. Sergio Leone. È lui la scintilla che dà vita alla seconda sezione di El Camino. Anzi (per rubare l’espressione a Pinkman) lo sono quei “1800 schifosi dollari” che separano Jesse dalla libertà. Qui la vera protagonista è però la filosofia di Ed Galbraith, l’esperto di sparizioni già visto in BB, interpretato dal compianto Robert Forster e qui utilizzato da Gilligan per ricordarci una semplice lezione: il mondo non è fatto di benefattori. Gli accordi sono accordi e se il nostro uomo chiede 250.000, anche 248.200 non sono abbastanza.

Nasce da qui l’esigenza del protagonista di fare ritorno alla “Kandy Saldature” con cui ha diviso i soldi di Todd. Quella che pochi mesi prima era stata lo strumento della sua folle incarcerazione, diventa all’improvviso la strada più breve da intraprendere per la fuga e la conquista del denaro. Tutto questo a seguito di un duello western di leoniana memoria che lascia anche il tempo a noi spettatori di inquadrare definitivamente ciò che Jesse è diventato. Non un cattivo per scelta, ma un uomo disposto a scendere a patti con i propri valori e con la correttezza pur di ottenere quello che vuole.

Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo.
(Isabel Allende)

Oltre a evidenziare l’altissimo livello raggiunto dalle interpretazioni di Aaron Paul e Jesse Plemons, all’interno dell’analisi di El Camino non si può  tralasciare una menzione per lo straordinario comparto tecnico alla base della pellicola, frutto di una regia cristallina e di una fotografia in grado di restituire il suggestivo contrasto sabbia-cielo che avevamo imparato a fare nostro seguendo Walter White nelle sue avventure. L’impeccabile gestione dei flashback ci regala inoltre alcuni emozionanti camei, e stupisce come il sano fan service di Gilligan non risulti mai fine a se stesso, bensì sempre accurato nella ricostruzione dell’identità di ciascun personaggio (vedi W. W.).
E forse appare superfluo sottolineare l’abilità che si cela dietro alcuni movimenti della macchina da presa, ma è proprio da un inaspettato campo-controcampo che nasce una delle ultime inquadrature del film capace di riportare in vita per una manciata di secondi anche la bella Jane (Krysten Ritter).

Quindi il bianco. Il bianco della neve dell’Alaska. Il bianco del foglio della vita di Jesse, tutta da riscrivere. Il bianco del candore di Brock, il bambino rimasto orfano anche a causa delle scelte sbagliate di Jesse e a cui il protagonista può purtroppo lasciare solo una lettera di addio.
Finisce così El Camino. O forse no. In fondo il cammino di Jesse è appena ricominciato e ciò che accadrà d’ora in poi è legato solo a speranza e immaginazione.

Ma cos’è dunque El Camino? Una pellicola che poco aggiunge alla trama della serie madre? Una semplice operazione commerciale? Un omaggio ai fan più nostalgici?
No. Nessuna di queste opzioni sembra riuscire a cogliere davvero l’essenza del film. E forse la risposta è molto più semplice di ciò che ci aspettiamo. Forse El Camino vuole essere un ultimo sincero saluto. Uno di quei tanti saluti che costellano la nostra banale quotidianità. Un saluto a noi e all’universo di Breaking Bad; un saluto a Jesse Pinkman e a tutti i Jesse del mondo a cui è stata concessa una seconda chance. Una chance per tirare fuori dalle tasche le chiavi della propria vita, inserirle nel cruscotto del mondo e, semplicemente, mettere in moto.

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