Al decimo minuto della ripresa della partita Verona-Brescia, il pallone finisce in tribuna. Niente di nuovo quando ci si trova in uno stadio. Questa però non è la solita conclusione imprecisa del numero nove di turno. Il calciatore infatti ha afferrato il pallone con le mani nel bel mezzo di un’azione e l’ha scagliato verso gli spalti. Gesto irregolare nel gioco del calcio, certo. Tanto scorretto quanto i cori razzisti che i tifosi del Verona hanno rivolto al giocatore e che hanno scatenato infine la sua ira.
Il calciatore in questione è Mario Balotelli, che sicuramente nel corso degli anni non ha mai perso occasione per far parlare di sè, sia dentro che fuori dal campo. È conosciuto per la sua propensione all’esagerazione, come quella volta in cui, dopo essersela sfilata, gettò a terra la maglia dell’Inter in un gesto di stizza. Questa volta però non lo si può accusare di impulsività. Non è infatti il primo caso di manifestazioni razziste durante una partita di calcio. E le reazioni sono sempre più o meno le stesse. D’altra parte, nel ventunesimo secolo, come biasimare chi non ci sta ad essere discriminato per il colore della propria pelle?
L’arbitro ha interrotto momentaneamente la partita, mentre il giocatore minacciava di andarsene dal campo senza neanche concludere il match. Compagni e avversari hanno cercato di trattenerlo, riuscendo infine a farlo desistere dal suo intento. Tutto questo è successo in quattro minuti, al termine dei quali c’è stato l’annuncio dello speaker del Bentegodi. All’85’ Balotelli riesce ad accorciare le distanze sulla squadra avversaria segnando, e riuscendo forse a prendersi in parte una rivincita su quei tifosi irrispettosi. Non è però abbastanza, perché la squadra avversaria riesce infine a portare a casa la vittoria.
Questo purtroppo non è l’unico caso di persona che di fronte alle telecamere commette gaffe di questo genere, involontarie o meno che siano. Infatti un opinionista di Telelombardia, Luciano Passirani, è stato allontanato dallo studio per aver pronunciato una frase a dir poco infelice, a sfondo razzista (su Lukaku: “Per fermarlo o gli si danno 10 banane oppure è impossibile”). Passirani però si è subito scusato pubblicamente, denunciando quest’uscita come totalmente estranea alla sua persona.
Il fatto preoccupante è che l’Italia è un Paese in cui una frase del genere, detta in un contesto lontano dai riflettori, sarebbe passata inosservata. Inoltre Passirani è solito scusarsi addirittura per parole quali “cavolata” e questo è rassicurante solo in parte. Infatti potrebbe essere addirittura la conferma di quanto questa mentalità razzista inconsapevole sia radicata nella maggior parte degli italiani.
Questi scivoloni e bassezze che si è soliti vedere su campi da calcio e in qualche programma televisivo sembrano così lontani dalla quotidianità. Sembra quindi a dir poco sconcertante sentire di una mamma brianzola che, durante una partita del figlio di dieci anni, inveisce contro un avversario di colore. Ma si è arrivati anche a questo. Infatti un giorno prima di Verona-Brescia, su un campo lontano dai riflettori e con un’età media decisamente inferiore, si è verificato un episodio simile.
È inammissibile che una tale mentalità vada ad intaccare bambini così piccoli. L’Aurora Desio Calcio, la squadra in cui gioca il bambino ignobilmente insultato, ha deciso di scrivere una lettera al ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. La lettera denuncia l’ingiustificabile comportamento razzista della madre. La società ha chiesto anche la collaborazione della squadra avversaria, la Sovicese. Quest’ultima si è premurata di pubblicare una nota stampa ufficiale in cui viene condannato qualsiasi episodio di razzismo.
Ciò che è degno di nota è il comportamento del bambino. Questo ha incassato il “commento” senza mostrare apparentemente alcun segno di turbamento e ha denunciato il fatto solo alla fine della partita.
Il razzismo sembra aver intaccato la società in modo apparentemente irreparabile. Per questo ormai non stupisce quasi più sentire episodi simili a quelli sopra citati. È impossibile però non restare quantomeno turbati quando questi si verificano anche nel mondo dei più giovani. Il modo migliore per debellare questa epidemia razzista forse è proprio quello di combatterla partendo dai più piccoli, insegnando loro il rispetto e la parità. Solo così si potrà evitare che questi diventino adulti superficiali e pieni di pregiudizi.
FONTI
/one_half]