È ben noto il sentimento di angoscia e smarrimento che invase le vite degli artisti operanti a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. La consapevolezza della morte e del dolore caratterizzano questo periodo in cui tutti devono confrontarsi con la guerra e i pericoli constanti. È una consapevolezza pesante e costante che influenza gran parte degli artisti attivi in questo periodo.
Più ci si avvicina alla Prima Guerra Mondiale, più il caos e l’angoscia prendono piede nella pittura, così come in tutti i campi di espressione. Nei primi anni del Novecento le avanguardie irrompono nel mondo dell’arte e scardinano tutti gli schemi e le tradizioni che si erano venuti a creare nel corso dell’Ottocento.
Mai vi fu epoca più sconvolta dalla disperazione e dall’orrore della morte. L’uomo chiede urlando la sua anima, un solo grido d’angoscia sale dal nostro tempo. Anche l’arte urla nelle tenebre: è l’espressionismo.
Hermann Bahr
La consapevolezza della fine di un amore
Un perfetto esempio di come l’uomo affronti queste terribili sensazioni in tutti gli ambiti della propria vita, ci viene fornito da un dipinto di Oskar Kokoschka del 1914. Oskar Kokoshka era un pittore e drammaturgo austriaco che venne influenzato dalla pittura di secessione e in seguito dal gruppo espressionista Die Brücke.
Visse a Vienna e insegnò a Dresda. Dopo che le sue opere furono giudicate dai nazisti come “arte degenerata”, egli si trasferì a Praga, poi a Londra e infine a Ginevra dove passò gli ultimi anni della sua vita.
Ne La sposa del vento Kokoschka esprime bene l’angoscia che caratterizza l’artista in questo periodo. Egli si raffigura con l’amante Alma Mahler, vedova del Mahler musicista. Si nota un grande divario tra la posizione rilassata della donna immersa in un sonno tranquillo e la posa agitata e per nulla rilassata di Kokoschka. Egli sembra esprimere un presagio, sembra prevedere il futuro della loro relazione che, ormai, silenziosamente volgeva a termine.
Come in ogni ambito, lo spirito dell’artista è sempre il più consapevole. È ciò vale non solo per il presente, per ciò che accade a lui, ma anche e soprattutto, per ciò che verrà a incrinare gli equilibri. Questa consapevolezza è una lama a doppio taglio, in quanto permette di agire sempre essendo un passo avanti, ma allo stesso tempo implica il caricarsi di un peso non trascurabile.
La consapevolezza del dolore
Se dovessimo pensare all’angoscia, la prima opera che ci verrebbe in mente sarebbe probabilmente L’urlo di Munch. E proprio Edvard Munch, in seguito a tragiche vicende di famiglia come la morte della sorella quindicenne e poco dopo della madre, traspone le sue paure e i suoi sentimenti nei suoi lavori.
Camminavo lungo la strada con due amici
quando il sole tramontò
il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue
mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco
i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura
e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.Edvard Munch
La consapevolezza di essere soli
La citazione coglie nel segno il punto focale di tutto ciò. Perché l’artista è sì consapevole dei suoi sentimenti e del modo in cui esprimerli, ma allo stesso modo egli è consapevole di quando invece questi risultino invisibili ed estranei a chi lo circonda.
Nonostante ciò, sappiamo bene che la sensazione dell’artista è una situazione universale causata dal contesto della guerra e dai demoni che si annidano in ognuno di noi.
Potremmo fare tantissimi nomi di altri grandi pittori, scultori, scrittori che bene esprimono questa consapevolezza del loro stato d’animo e delle cause che provocano tutto ciò. Sicuramente ciò è dovuto alla grande introspezione tipica degli artisti del periodo ma anche dal loro coraggio nel trasporre il tutto sulla tela o nelle pagine di un libro con la speranza di essere capiti almeno in parte. Anche se tutto questo dovesse succedere un secolo dopo.