Ornaghi&Prestinari: il duo che cambia le regole

Le regole della scultura non sono certo “scritte sulla pietra”. Un gioco di parole per farvi capire come l’arte possa essere singolare, libera, riscritta e ripensata da chi ha davvero qualcosa da dire.

Con Ornaghi&Prestinari si privilegiano i vuoti, piuttosto che la materia, dando un nuovo senso a tutto. Si scompone e si ricompone in uno livello quasi trascendentale, rappresentativo di un quotidiano vissuto attraverso gli occhi degli artisti, dove nulla è lasciato al caso. Ogni opera regala una sensazione e nasce da un sentimento, uno studio continuo e una crescita percepibile, scultura dopo scultura.

Ritrovarsi
Ritrovarsi, 2019

Ornaghi&Prestinari si svelano, ci raccontano del loro duo artistico e di come siano diventati mastri della scultura di diversi materiali. Dalla ceramica della residenza semestrale promossa dal Museo Carlo Zauli e dal MIC nel 2017 a quella utilizzata per Artissima Junior 2019, passando per plastica, marmo, vetro, come nel caso di “Tango” o di “Esperimento_1”.

Ornaghi&Prestinari

Valentina Ornaghi, classe 1986 e Claudio Prestinari, nato nel 1984, sono due giovani artisti milanesi. Come Ornaghi&Prestinari hanno cambiato l’approccio alla scultura, rinnovandolo grazie ad una visione multidisciplinare che unisce la storia dell’arte al design industriale.

Li abbiamo incontrati per porre loro qualche domanda, conosciamoli insieme.

  1. Come nascono Ornaghi&Prestinari?

Ci siamo conosciuti in uno studio di architettura “poliedrico” a Milano. Nel 2009, dopo aver studiato al Politecnico di Milano, entrambi ci siamo trasferiti a Venezia per frequentare i corsi di laurea specialistica in arti visive e architettura del paesaggio e abbiamo iniziato a collaborare artisticamente.

  1. Da dove traete spunto per le vostre opere? Avete artisti a cui vi ispirate?

Le nostre opere traggono spunto in primo luogo dalla nostra vita. Per noi la ricerca artistica nasce da un’esigenza interiore attraverso un percorso di conoscenza del mondo e di noi stessi per concretizzarsi in un linguaggio visivo. Certamente la nostra relazione è centrale in questo processo.

Essendo l’arte un linguaggio c’è sempre una continuità temporale di ogni opera rispetto a quelle che la hanno preceduta. Ci sono delle forme e dei concetti che si riattualizzano a partire dallo sguardo delle nuove generazioni.

  1. Avete un’opera in cui vi riconoscete particolarmente? Qual è la vostra opera che vi rappresenta di più?

Come dicevamo prima si potrebbe dire che le nostre opere accompagnano il corso della nostra vita quindi in tutte ci riconosciamo, ma nel momento presente sentiamo più affine quella che stiamo facendo o che faremo domani.

  1. Quali sono le prossime esibizioni in programma?

Il 7 dicembre inaugureremo una mostra a Fermo nelle Marche a cura di Matilde Galletti. Si tratta di una collaborazione con Savelli, una ditta di ascensori e impianti di elevazione che ha messo a nostra disposizione spazi, materiali e il know-how dei suoi esperti al fine di realizzare un’opera.

  1. Se non aveste seguito la carriera artistica, cosa avreste voluto diventare da grandi?

Abbiamo iniziato a lavorare professionalmente come artisti nel 2009 quando stavamo ancora facendo l’università e dopo due anni dalla laurea abbiamo cominciato a collaborare con Galleria Continua che rappresenta il nostro lavoro in Italia e all’estero. Ci siamo buttati subito e abbiamo provato a realizzare il nostro sogno cioè quello di poter fare quello che amiamo.

  1. Cosa provate mentre create? Riuscite sempre a collaborare o alcune opere sono frutto di un avvicendamento tra di voi?

Le opere sono sempre il frutto della nostra collaborazione, nascono sempre dal dialogo e dallo sviluppo di intuizioni che appaiono alla mente innanzitutto sotto forma di immagini. Un’intuizione viene sviluppata solo se convince entrambi, nel senso che a entrambi deve “dire” qualcosa.

La creazione ha diverse fasi e in ogni momento si prova qualcosa di diverso. Ci sono momenti di euforia dovuti all’entusiasmo verso una nuova idea, o una collaborazione a qualche particolare progetto, o a un nuovo materiale […]. Ci sono momenti in cui ci si confronta molto e si parla animatamente, momenti di crisi in cui ci possono essere dubbi e ripensamenti o momenti in cui si ha la sorpresa di vedere come concetto e forma trovano una loro corrispondenza.

  1. Qual è il vostro più grande sogno come artisti?

Riuscire ogni giorno ad essere soddisfatti di quanto si è fatto.

  1. Come riuscite a dare forma alle vostre idee? Da dove partite per la realizzazione di un’opera?

Partiamo da qualcosa che ci ispira e ci colpisce e che genera in noi un’immagine mentale. L’intuizione iniziale è sempre frutto della ricerca continua che da un lavoro all’altro si accresce e matura.

  1. Come riassumereste la vostra arte in una frase?

Citando un articolo del critico Roberto Lacarbonara sul nostro lavoro: “Riparare, prendersi cura, è un fare al limite del visibile, operando sulla sensibilità esiziale della natura lucreziana, sulla persistenza leggera del pensiero calviniano, attorno alla presenza di vita autentica che scorre sulla pelle degli oggetti più comuni, delle forme e di tutte quelle cose senza sguardo, stranamente segrete”.

  1. Anche i Fachiri è stato ispirato da un viaggio in Cina, la serie Grigio Lieve dalle ombre nelle opere di Giorgio Morandi, quanto la vita quotidiana influenza le vostre opere?

Parliamo di ciò che conosciamo quindi inevitabilmente le nostre esperienze di vita, i viaggi e gli oggetti verso cui sviluppiamo un’affezione possono entrare a far parte del nostro immaginario poetico.

  1. Com’è nata l’idea di Tango e cosa rappresenta quest’opera per voi?

L’opera Tango nasce dal tentativo di preservare all’infinito un momento di forte intimità. Il momento in cui si entra in una relazione profonda. Inizialmente i due spazzolini rimanevano uniti attraverso un bicchiere fatto solo di ghiaccio, poi abbiamo provato a sviluppare lo stesso concetto servendoci del calore che ammorbidendo la plastica ci ha permesso di creare un intreccio tra i due oggetti.

  1. Avete esposto le vostre opere in luoghi come la Biblioteca Comunale Ariostea, in quale luogo vorreste esporre una vostra opera?

Per casualità abbiamo esposto sempre in contesti molto connotati e particolari, spesso ricchi delle tracce della loro storia. Ci piace la sorpresa di relazionarci con spazi nuovi e sconosciuti.

  1. Cosa vorreste dire ad un giovane aspirante artista?

Cerca di fare il tuo meglio ogni giorno.

  1. Cosa pensate della situazione attuale degli artisti in Italia? Come si potrebbero valorizzare i giovani talenti?

La situazione dei giovani artisti italiani è senz’altro difficile perché manca una visione politica mirata. L’arte contemporanea come qualsiasi altra espressione culturale avrebbe bisogno di essere considerata come ricchezza, non meramente economica e quindi avvicinata al maggior numero di persone possibile.

Fonte di ispirazione milanese

Ispirati dal mondo che li circonda, questi due artisti dall’enorme talento e dall’incredibile umiltà, si mettono in gioco ogni giorno, indagando nella domestica, intima e fragile dimensione della quotidianità.

Tra le loro personali possiamo ricordare quelle alla Galleria Continua/San Gimignano 2014 e 2018, alla Galleria Continua/Les Moulins 2018 e al MAMbo-Casa Morandi di Bologna nel 2017.

Filemone e Bauci
Filemone e Bauci, 2017

Nel 2012 Ornaghi&Prestinari hanno ricevuto il Premio Regione Veneto dalla fondazione Bevilacqua la Masa e nel 2018 il Club GAMeC Prize. Nel 2017 sono stati i vincitori della residenza al Museo Carlo Zauli di Faenza con mostra finale al MIC.

Una delle loro creazioni più famose è “Filemone e Bauci”, una fusione in alluminio raffigurante due colonne umanizzate che stazionano una vicina all’altra. In zona CityLife, le due colonne osservano a braccetto i grattacieli che si stagliano verso l’alto, come a simboleggiare che il passato possa guardare il presente.

Filemone e Bauci sono due personaggi dei miti Greci ritrovati da Ornaghi&Prestinari. La storia narra che i due invecchino insieme, sopportando le difficoltà grazie alla forza del loro legame, furono gli unici ad aprire le porte della loro casa a Zeus e Ermes in cerca di accoglienza. Un’opera che conserva lo spirito della tradizione milanese, tra gli “umarell” e l’apertura al cambiamento.

Come loro si ispirano al mondo, speriamo di aver dato uno spunto anche a chi legge nell’inseguire i propri sogni basandosi sulla realtà e ringraziamo ancora i due artisti per la disponibilità e per la loro gentilezza.

FONTI

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