“Lo sguardo di Ulisse”: il vincitore di THAUMA al Kerkìs

In scena il 5 novembre al Teatro Kerkìs Lo sguardo di Ulisse, spettacolo vincitore del festival THAUMA 2019. Sul palco i ragazzi del Liceo milanese Vittorini, in una messa in scena di Marco M. Pernich e Stefania Lo Russo. THAUMA, festival promosso da Università Cattolica del Sacro Cuore e Centro di Cultura e Iniziativa Teatrale “Marco Apollonio”, prevede la partecipazione annuale di 24 concorrenti (12 spettacoli/laboratorio e 12 progetti di scenografia o costumi). Il tema è il teatro antico: dall’adattamento alla riscrittura, fino alla messa in scena filologica, il Festival offre ampie libertà espressive. Così il Liceo Vittorini si è cimentato in una riscrittura composita e articolata dell’Odissea. Uno spettacolo particolare, poiché sceglie di non portare in scena il protagonista, Ulisse. Lascia così spazio a tutti quei personaggi con cui Ulisse entra in contatto durante il viaggio di ritorno a Itaca, i co-protagonisti appunto.

Lo spettacolo è ben scandito in quadri, che si susseguono sulla scena. Ciascuno è dedicato a un particolare personaggio e dominato da un’immagine specifica. Quest’ultime risultano infatti immediatamente accattivanti, quasi magnetiche. Ogni quadro è infatti dominato da un’immagine-guida. Questa, nonostante si evolva durante la scena, conserva invariata la sua struttura fondante. Ciò apporta potenza ed energia e inserisce lo spettatore in una catena simbolica complessa e intricata. In particolare, la tela di Penelope, fatta e disfatta, evoca il celeberrimo inganno. Oppure il dirompente Polifemo incatenato ricorda una forza mutilata. O ancora Circe, circondata dalle belve, non è che una donna suadente. Insomma uno spettacolo costruito per immagini composite ed efficaci, che catturano lo sguardo dello spettatore prima dell’arrivo in scena dei personaggi.

Lo sguardo di Ulisse è uno spettacolo dalla drammaturgia complessa. I testi, di varia provenienza, costituiscono un insieme armonico e ben equilibrato. Attingono a tradizioni letterarie differenti: dall’Odissea (da cui viene estrapolata anche la frase “rituale” in greco) ai Dialoghi con Leucò di Pavese, per passare da Pirandello alle Laminette Orfiche. Per questo è adeguato parlare di uno spettacolo riflessione a partire dal testo e dai protagonisti dell’Odissea.

Lo spettacolo è inserito in una struttura quasi geometrica. Un’introduzione, la successione di quadri e un finale, aperto. Nell’architettura dello spettacolo rilevante è la figura del narratore, che introduce i quadri e offre interessanti spunti di riflessione. Questo, il canto e la danza, vengono utilizzati soprattutto negli intermezzi e permettono di suddividere nettamente i cambi scena. Come è facile intuire, nello spettacolo è fondamentale la figura del coro. Nella tragedia greca esso aveva una funzione specifica, al punto da essere nominato “personaggio collettivo”. Suo è il compito di cantare e danzare. A seconda degli autori, esso può commentare situazioni o riflettere riguardo azioni dei personaggi. Il coro di Lo sguardo di Ulisse ripete un canto e un ballo in diversi punti dello spettacolo. Come un ritornello, l’incessante idea del ritorno ricorda i riti sacri.

E ora uno sguardo ai personaggi. Compare per prima Calipso, seguono poi Circe, Nausicaa, Polifemo e Penelope, insieme al Dio e la Dea. In ordine non cronologico rispetto all’Odissea, attraversano la scena come fantasmi che emergono dall’ombra. Un’ombra tutto sommato non troppo diversa dall’inconscio umano. Una tenebra oscura dove si rifugiano istinti e impulsi primari. I personaggi sgorgano infatti dalla coscienza di Ulisse. Evocano ricordi ed emozioni vissute, ma non sono altro che manifestazioni concrete e corporee di un’esperienza. Ma se è vero che Ulisse è il paradigma dell’uomo comune, allora quei personaggi sono presenti in ogni essere umano.

Chi sono dunque Calipso, Circe, Nausicaa, Polifemo, Penelope? Sono figure incarnate? O proiezioni di un’interiorità scavata e dunque sono elaborazioni della mente? Ciascun personaggio rappresenta un archetipo, ovvero un “modello esemplare”. Penelope, per esempio, è archetipo della moglie, Nausicaa della fanciulla adolescente, Circe della donna maga. I personaggi sono dunque incarnazioni di archetipi e Ulisse non fa altro che percorrere un viaggio all’interno della sua coscienza. L’Odissea diventa così un viaggio psichico, un esistenziale viaggio di ricerca. Incontrando i personaggi, Ulisse incontra sé stesso, o meglio una manifestazione particolare di sé stesso. I personaggi si rivolgono a Ulisse, che si pone perciò nella posizione di spettatore. Osserva la scena, il “palcoscenico della propria interiorità”, proprio come il pubblico osserva lo spettacolo teatrale. La psiche diventa un teatro e allora, forse, porsi al di là della quarta parete, come uno spettatore, permette di osservarsi meglio, e forse comprendersi meglio.

FONTI

kerkìs.net

visione dello spettacolo

CREDITS

copertina

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