Milano è una città molto ricca per quanto riguarda l’arte in generale e l’arte pubblica in particolare.
La spinta iniziata durante il ventennio fascista, nella creazione di opere pubbliche inserite nello spazio urbano, è continuata gli anni Trenta con scopi propagandistici e ideologici legati al Regime, per poi slegarsi dall’ideologia politica nella seconda metà del Novecento.
Oggi, le opere pubbliche scelte per arricchire la città di Milano sono legate alla celebrazione della stessa, o dell’artista artefice.
In questo articolo vi consigliamo quattro opere d’arte pubblica contemporanea da ammirare senza dover pagare nessun biglietto, e senza bisogno di fare deviazioni dal vostro (probabile) percorso. Si trovano tutte nel centro di Milano e sono idealmente visibili nella stessa giornata, spostandosi a piedi.
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Ago, filo e nodo di Claes Oldenburg
La prima tappa del percorso è un’immagine ormai iconica della città, che si trova in uno dei luoghi più trafficati e di passaggio di Milano.
Ago, filo e nodo è un’opera del popartist naturalizzato americano Claes Oldenburg e della moglie Coosje van Brugge (1942-2009), e si trova davanti alla stazione di Cadorna, dietro al Castello Sforzesco di Milano, dov’è stata installata nel 2000.
Cadorna è un luogo di passaggio, dove sono presenti tutti i mezzi di trasporto, dai tram, ai bus, alle due linee di metropolitana, fino alla stazione dei treni e ovviamente le automobili. È uno dei luoghi più vivi della città, percorso da centinaia di persone ogni giorno.
L’opera è gigantesca, e ancora oggi sorprende chi la vede per la prima volta e chi non se aspetta una cosa del genere nel bel mezzo della piazza. L’impressione è che l’enorme ago con il suo filo colorato finisca sottoterra per rispuntare qualche metro più in là, sempre nel piazzale.
Il filo è giallo, rosso e verde, esattamente le stesse tonalità delle prime tre linee della metropolitana milanese. L’opera è un chiaro omaggio all’innovazione e al progresso cittadino, simboleggiato dal trasporto. È anche una celebrazione della città in quanto capitale della moda.
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L.O.V.E., Maurizio Cattelan
La seconda tappa dista neanche dieci minuti di cammino dalla prima. Ci spostiamo in Piazza Affari, di fronte al Palazzo della Borsa (Palazzo Mezzanotte) progettato nel 1927-32 in pieno ventennio fascista. L’architettura rispecchia perfettamente i canoni fascisti: linee dure e rette, una facciata monumentale che annichilisce, assenza di decorazioni.
L.O.V.E. di Maurizio Cattelan è stata installata nel 2010 davanti al palazzo. Inizialmente sarebbe dovuta rimanere in loco per due sole settimane, ma fece talmente tanto parlare (come sempre succede per ogni lavoro dell’artista), che il sindaco e l’assessore alla cultura decisero di lasciarla definitivamente lì, dove ancora oggi la si può vedere.
L.O.V.E. è un’imponente scultura in marmo di Carrara, rappresentante una mano gigantesca nel gesto del saluto romano, con tutte le dita mozzate ad eccezione del medio. Tipico di Cattelan è lavorare sulla provocazione, sui doppi sensi, sulle letture multiple. E, per un’opera simile, posta di fronte ad un’architettura fascista, provocare e spingere a letture più profonde è un dovere.
Lo stesso titolo richiama la parola amore, ma è anche un acronimo di Libertà Odio Vendetta Eternità, tutti concetti che riportano fortemente al Regime.
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Giallo Mori e Nembro Rosato di Pietro Consagra
La terza fermata è in via dei Mercanti, allo sbocco verso Piazza Duomo. Qui hanno trovato la loro collocazione due sculture di Pietro Consagra, artista astrattista fondamentale nel panorama romano e poi milanese della seconda metà del Novecento.
Giallo Mori e Nembro Rosato sono le due sculture bifrontali realizzate nel 1977, che prendono il nome dal tipo di marmo con cui sono realizzate, e che l’artista donò al comune di Milano.
Fanno parte della tipica produzione astratta che Consagra individua a partire dal 1968, lavorando sullo spessore della scultura e della materia che diventerà sempre più sottile.
Essendo sculture bifrontali, rappresentano una cesura e un accesso simbolico sia da piazza Duomo a via dei Mercanti, che viceversa. Poste ognuna a un lato della via, creano uno spazio nel mezzo, come un passaggio simbolico tra due torri, come fossero le porte antiche di accesso alla città.
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I rilievi di Arturo Martini all’Arengario
L’ultima tappa di questo piccolo tour sull’arte pubblica di Milano si conclude a pochi passi dalla precedente. Siamo sempre in piazza Duomo, solo dalla parte opposta, di fronte all’arengario, che dal 2009 è sede del Museo del Novecento.
L’edificio è un progetto di Piero Portaluppi, Giovanni Muzio, Vico Magistretti e Agostino Carlo Griffini, realizzato tra il 1936 e il 1956. Sono due corpi identici, affacciati sulla piazza, a fianco di Palazzo Reale. Al primo livello, all’esterno di entrambi gli edifici, sono presenti i rilievi di Arturo Martini, realizzati tra il 1940-42.
Sono cinque altorilievi in marmo, rappresentanti scene della storia di Milano, un ciclo chiaramente di committenza fascista, con scopo di commemorazione e autocelebrazione verso la città. Rappresentano scene che vanno dal Sogno di Costantino all’ Ingresso di sant’Ambrogio a Milano e San Carlo Borromeo e gli appestati, richiamando le figure centrali della città nel corso dei secoli.
I rilievi rispettano gli stilemi fascisti, ma Martini riesce ad infondervi una narrazione viva, rispettando comunque le richieste della committenza.
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