È un periodo importante quello in cui viviamo, dove vengono affrontati problemi le cui risoluzioni non solo avranno effetti sul nostro presente, ma anche su quello dei nostri nipoti. Si parla spesso di sostenibilità, di ambiente, di clima.
Ma cosa si può realmente fare? E cosa si sta già facendo?
Come prima cosa è importante sapere che in natura esistono molti tipi di risorse, i cosiddetti assets naturali. Questi si distinguono a loro volta in:
- Materiali biotici, es. le piante
- Materiali abiotici, es. i combustibili fossili
- Rinnovabili
- Non rinnovabili
Da questo piccolo schema è possibile comprendere una cosa fondamentale: l’uso che viene fatto degli assets deve essere bilanciato con la loro disponibilità nell’ecosistema. Una disponibilità, che per troppo tempo è stata ignorata e che ora deve essere oggetto di non interesse. Per essere precisi, intendiamo la disponibilità delle risorse come un vero e proprio capitale naturale e da tale, prendiamo in considerazione i termini di accesso alle risorse stesse e alla loro rinnovabilità. Questo perché come si può notare facendo riferimento solo ai fatti accaduti nel Ventesimo secolo, l’espansione dei consumi degli assets legata allo sviluppo delle tecnologie, ha avuto un devastante impatto sull’ambiente, di cui ormai siamo costretti a pagarne le conseguenze.
La dematerializzazione dell’economia
Seguendo la lezione del Professore Boccacci Mariani, una soluzione è possibile. Infatti, le cose possono cambiare e in meglio, ma come?
Nasce così un’importante via di uscita, quella di dematerializzare l’economia: diminuire la richiesta di materiali di intere economie, riducendo l’intensità di risorse nei prodotti e nei servizi, mediante un aumento di efficienza dei materiali. In termini concreti, tutto ciò può avvenire per mezzo della riduzione del consumo delle materie, mediante riciclaggio e riutilizzo di materiali secondari. È una condizione necessaria (ma non sufficiente) per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile delle economie.
A questa possibilità si affianca un ulteriore termine, quello del “disaccoppiamento”, chiamato anche “decoulping”. Il disaccoppiamento rappresenta un approccio strategico per muoversi verso un’economia globale più verde, ovvero un’economia che possa portare un miglioramento del benessere e dell’equità sociale, riducendo allo stesso tempo i rischi ambientali e la scarsità ecologica (M. Boccacci Mariani). Ma perché tanto interesse? Pensate ad un’importante possibilità, quella dell’estinzione di una risorsa. Infatti, qualora il tasso di prelievo di una risorsa superasse quello della sua riproduzione, l’asset rischierebbe l’estinzione, perché superato il limite di sostenibilità. Interessante è il caso delle bottiglie di acqua in PET, che dal 2000 ad oggi sono state ridotte del 50%.
Tuttavia, non bisogna solo pensare a cosa si debba fare, ma anche ai risultati ottenuti. È infatti cresciuta negli ultimi anni la percentuale di materia prima riciclata:
- 10% e il 30% nelle bottiglie
- aumento degli imballaggi in vetro di circa 16% in 15 anni.
- Lo spessore del laminato è stato ridotto di circa il 37% dalla metà degli anni Settanta ad oggi.
Ma come nasce il concetto di dematerializzazione? Un economista americano, Paul Hawken, propone di rivedere l’attività industriale nell’ottica della sostenibilità. Precisamente, egli reputa che sia necessario ricalibrare l’uso di input ed output al fine di riadattare il tutto ai nuovi vincoli ambientali. Un risultato, che seppur graduale, molto importare, sarà la sostituzione di combustibili a base di carbonio con l’idrogeno (cosiddetta decarbonizzazione).
I fini sono nobili, giusti, ma richiedono impegno. Pertanto, non stupisce che la suddetta teoria si fondi sulla consapevolezza che la dematerializzazione è un processo a lungo termine. È iniziato tutto tra il 1972 e il 1982, quando il design delle macchine americane ha ridotto annualmente il consumo di 250 milioni di tonnellate tra acciaio, plastica e gomma; ed ancora si parla di strategie. La strada è lunga.
La minimizzazione del bisogno di materia
La Teoria di Fuller rappresenta un importante tassello nella nostra analisi. Essa afferma che lo sviluppo dei prodotti sia rappresentabile su una curva di design, assimilabile ad una gaussiana. Il punto più alto della curva è anche il punto più alto in termini dimensionali del prodotto. Si pensi allo sviluppo dei personal computer, dei telefoni cellulari, che con gli anni sono sempre più miniaturizzati.
Tuttavia, dematerializzazione non è solo miniaturizzazione. È infatti possibile tracciare una seconda via, fondata sulla logica del “replace rather than repair” (sostituire piuttosto che riparare). Ci si riferisce ad un’economia circolare, attraverso il quale l’efficienza nell’uso delle risorse può davvero raggiungere i suoi massimi livelli:
- Maggior valore con meno input
- Utilizzo sostenibile
- Riduzione al minimo dell’impatto sull’ambiente
L’immaterializzazione
La dematerializzazione resta un importante obiettivo strategico per l’evoluzione tecnologica e il conseguimento di uno sviluppo sostenibile. Ma non l’unico. Possiamo infatti aggiungere un ultimo importante tassello, quello dell’immaterializzazione: la sostituzione di parti fisiche con parti digitali (Boccacci Mariani).
Decoulping, dematerializzazione, immaterializzazione: sono solo tre dei processi che la nostra società sta ora vivendo, verso un’economia più sostenibile, e verso un futuro possibile.
FONTI