Da qualche anno a questa parte termini e concetti espressi in lingua inglese, soprattutto in ambito economico e finanziario, sono protagonisti di articoli di giornale e servizi televisivi, tanto da esser ormai entrati a fare parte del lessico comune, anche se spesso non se comprende sino in fondo il significato. Tra questi vocaboli anglofoni un indiscusso protagonista del mondo economico, sempre più anche in Italia, è startup.
Una startup (o start-up) è, secondo la definizione data dall’imprenditore californiano Steve Blank, un’organizzazione temporanea che ha l’obiettivo di scoprire e ratificare un modello di business scalabile e ripetibile. Si tratta perciò di un’attività imprenditoriale giovane ed innovativa, di durata necessariamente temporanea, che tramite lo sviluppo e la sperimentazione di una possibile idea produttiva cerca di evolversi in una futura e stabile impresa commerciale.
I caratteri salienti di queste imprese dinamiche sono, quindi, l’innovazione e la sperimentazione. L’idea stessa che dona vita alla startup, infatti, è la possibilità di introdurre in un determinato mercato, individuato dal neo imprenditore, una novità, che consiste in nuovi prodotti o diversi processi produttivi o ancora tecniche di organizzazione del lavoro, così da poter ampliare il mercato stesso e ridurre i costi imprenditoriali.
Oltre a questo primo aspetto inventivo, occorre che questa ipotetica novità sia anche effettivamente realizzabile ed applicabile. Di conseguenza, il secondo aspetto essenziale delle startup risiede nella sperimentazione e nel lavoro di sviluppo. Per testare ed affermare che l’intuizione commerciale sia corretta, l’impresa deve investire molto, sia in termini economici che di tempo, nella ricerca e nello studio del proprio prodotto, tanto che il reale valore della startup non risiede nella sua capacità produttiva o nei suoi ricavi economici, ma nelle sue potenzialità future e nell’accuratezza del suo lavoro di sperimentazione.
Una buona startup basa la sua appetibilità commerciale proprio nella fondatezza ed applicabilità della sua idea innovativa, che potrà essere in seguito venduta a imprese di maggiori dimensioni oppure sviluppata dalla stessa piccola impresa tramite il supporto di investitori fiduciosi.
Queste particolari esperienze commerciali sono, per loro stessa natura, temporanee, perché il loro destino prevede obbligatoriamente due strade: o l’impresa ha successo, e quindi si trasformerà in una grande attività commerciale più incentrata sulla produzione e sulla vendita, oppure è destinata al fallimento. Questa seconda via è quella più spesso percorsa, in quanto mediamente quasi il 90% delle startup sono destinate all’insuccesso per diverse e svariate ragioni, quali l’inapplicabilità dell’idea iniziale, la scarsità di fondi per lavorare oppure una tempistica sfavorevole.
Invero, anche il tempismo è centrale nella buona riuscita di queste scommesse imprenditoriali, dal momento che è di primaria importanza che l’idea innovativa venga proposta non troppo presto, cioè quando i consumatori sono impreparati ad apprezzarne l’utilità, ma nemmeno troppo tardi, quando il mercato è saturo e la competizione eccessiva. Capire quando è il momento giusto per investire su una determinata intuizione fa parte della genialità e dell’abilità di investitori del settore, che forniscono fondi alle startup, e dello stesso founder.
Le startup necessitano di investimenti, in quanto sono solo potenzialmente imprese commercialmente valide e produttive di utili, e sono diverse le vie con cui raggiungere i finanziamenti. Oltre alle più classiche vie dei prestiti bancari o del bootstrapping, l’autofinanziamento, sono molto importanti anche i Venture Capitalist, cioè fondi di investimento ad alto rischio che, raccogliendo capitali da banche, enti previdenziali o assicurazioni, acquistano quote delle startup, oppure ancora i finanziamenti pubblici, che possono essere vinti sia tramite bandi nazionali che internazionali, specialmente dell’Unione Europea, in base ad una attenta valutazione del progetto imprenditoriale e della concretezza di tale progetto. In aggiunta a questo, lo Stato favorisce la nascita di tali soggetti tramite grandi incentivi fiscali, piattaforme interattive dedicate e comunicazioni ufficiali semplificate tra Ministero ed imprese.
In Italia, i dati testimoniano che le startup a inizio 2019 erano circa 10.000, di cui il 17% si localizza a Milano, centro attrattivo per le imprese innovative italiane. Le startup italiane sono a vocazione prettamente tecnologica, il 38% del totale, mentre le restanti si occupano dei più svariati settori, tra cui spicca quello manufatturiero. Questo mondo è in continuo sviluppo e i dati e le ricerche statistiche evidenziano crescita in tutti gli aspetti studiati, dalla forza lavoro impiegata al valore economico prodotto, che a fine 2018 ha abbondantemente superato 1 miliardo di euro.
Le startup sono quindi un terreno in continua mutazione e perpetuo dinamismo, dove successi, fallimenti e coraggiosi investimenti sono mescolati assieme, che senza dubbio incentivano sviluppi ed innovazioni della società, danno linfa al mercato e ai settori produttivi e creano potenziali posti di lavoro ed opportunità per tutti i cittadini, specialmente giovani con buona preparazione ed ottime qualità intuitive. Il futuro che ci aspetta è, infatti, il prodotto delle idee nuove e sorprendenti che le startup sviluppano e portano nel mondo.