Cosa ci fa Pier Paolo Pasolini con un microfono in mano in uno stabilimento balneare? Sicuramente può sembrare insolito vedere comparire un intellettuale e scrittore del suo calibro – forse uno dei più importanti ed emblematici della seconda metà dello scorso secolo – in un contesto che sembra così lontano da quello letterario. Eppure con il docufilm Comizi d’amore lo possiamo osservare in questa veste tutt’altro che prevedibile.
Comizi d’amore, questo è il titolo di uno dei numerosi progetti cinematografici di Pasolini, intellettuale poliedrico e non soltanto scrittore. Un film che esce nel 1965, pensato, sceneggiato, diretto dallo stesso scrittore e prodotto da Alfredo Bini per Arco Film. Pasolini, si sa, non è mai stato un intellettuale avulso dalla società e arroccato nella torre d’avorio della letteratura, anzi tutto il contrario. Sono infatti numerosissimi – basta una breve ricerca su YouTube per rendersene conto – i suoi interventi in trasmissioni televisive, nelle quali si esprime sulle tematiche più disparate. Questo proprio a testimonianza del fatto che non gli interessava solo la letteratura in quanto tale ma vedeva in essa piuttosto uno strumento per indagare la realtà che lo circondava, cosa che farà poi anche attraverso il cinema.
Una delle tematiche forse più care a Pasolini riguarda infatti le fasce più svantaggiate della popolazione, come dimostrato da romanzi del calibro di Ragazzi di vita e Una vita violenta, e successivamente dalle sue produzioni cinematografiche, nelle quali vengono spesso narrate le vite dei ragazzi delle periferie romane con un’intensità quasi tragica, soprattutto nelle prime pellicole. Proprio questo suo interesse per il popolo e per le dinamiche interne alla società, per la sua lotta contro l’omologazione e contro la perdita dell’identità rurale – che vengono pienamente espresse e teorizzate negli Scritti corsari – decide a un certo punto di impegnarsi nel lungo progetto che darà poi come risultato finale Comizi d’amore.
Il docufilm, così definito dallo stesso Pasolini, ha come tematica principale l’amore. Ma non l’amore inteso nella sua accezione più eterea e sentimentale, anzi, tutto l’opposto. Lo scrittore intende indagare tutte quelle tematiche che riguardano l’amore nel suo aspetto più carnale, sensuale e perché no, anche pratico. E per farlo non organizza delle interviste rivolte a una selezione di soggetti, ma applica quello che, secondo la sua personale visione del ruolo dell’intellettuale nella società, dovrebbe fare ogni persona che si prende carico di questa definizione.
Per questo motivo lo vediamo vagare per gli stabilimenti balneari di tutta Italia, comparire tra le viuzze di piccoli borghi in Sicilia o in Calabria, sempre attorniato da una folta folla di curiosi. Lo scopo del progetto è infatti proprio quello di girare per l’Italia ponendo domande agli italiani su questioni legate all’amore, nella sua accezione più ampia. Pasolini ricerca opinioni su divorzio, prostituzione (era da poco stata approvata la legge Merlin, che sanciva la chiusura delle case chiuse), omosessualità…
Il docufilm è inoltre arricchito con gli interventi e le interpretazioni di altri scrittori e intellettuali dell’epoca, come Ungaretti, Musatti, Moravia e Oriana Fallaci. Contiene sicuramente una riflesso importante della società italiana di quegli anni, emergono opinioni divergenti su tematiche poco trattate:
“Per la prima volta il cinema verità in Italia parla della questione sessuale la quale è tabù non soltanto sullo schermo ma persino nei salotti e nelle conversazioni abituali.”
dice Moravia. Bisogna ricordare, però, che questo è comunque un quadro parziale in quanto una scrematura degli interlocutori avviene già nel momento in cui alcuni scelgono di parlare con Pasolini, mentre altri se ne allontanano, forse per pudore, forse per paura, come spiega Musatti:
“Io penserei che la gente o non risponde o risponde in modo falso (…) esiste un’ignoranza per paura. Esiste la possibilità che noi nascondiamo a noi stessi determinate cose perchè ce ne difendiamo, e allora queste cose le ignoriamo. Per ciò che riguarda il sesso è proprio così (…) in conclusione chi si scandalizza è psicologicamente incerto, praticamente un conformista. Le opinioni relative alla vita sessuale hanno una funzione difensiva per la gente. Cioè il ritenere che le cose debbano essere in una determinata maniera, conformemente a certe istituzioni e a certe convenzioni, ha una sua funzione psicologica. Protegge ad esempio da quella che è l’aggressione dei propri impulsi istintivi, noi abbiamo paura della nostra istintività, ci difendiamo istintivamente con queste forme di conformismo.”
Emergono talvolta dai dialoghi delle posizioni piuttosto all’avanguardia per l’epoca in cui viene girato il documentario. Ad esempio, nell’interrogare Ungaretti riguardo la questione degli “invertiti”. Termine che oggi può suonare insolito se non addirittura pregiudizievole ma che allora veniva usato comunemente per riferirsi agli omosessuali, che si riteneva fossero invertiti, all’opposto dell’ordine naturale delle cose. Il poeta infatti risponde così quando interrogato sull’esistenza o meno della normalità e dell’anormalità sessuale:
“Ogni uomo è fatto in un modo diverso, è fatto in un modo diverso nella sua struttura fisica ma è fatto in modo diverso anche nella sua combinazione spirituale. Quindi tutti gli uomini sono a loro modo anormali, tutti gli uomini sono, in un certo senso, in contrasto con la natura. E questo sin dal primo momento, e l’atto di civiltà che è un atto di violenza umana sulla natura è un atto contro natura (…) Io personalmente sono un uomo, sono un poeta e quindi trasgredisco tutte le leggi facendo della poesia”.
E se dunque Pasolini, Moravia, Ungaretti e molti altri scendono tra il popolo e si interrogano su questioni quasi ancestrali, indagando a fondo una realtà da cui non sono esclusi e che anzi, li ha resi ciò che sono, è forse possibile trarre alcune importanti conclusioni. La prima sicuramente è la rivalutazione del ruolo dell’intellettuale, che ancora oggi è purtroppo spesso percepito come un soggetto estraneo e talvolta superiore alla stessa società, di cui in realtà fa parte. La seconda conclusione che è possibile trarre da queste immagini riguarda invece i contenuti. Tutto ciò che inerisce la sessualità è sempre stato oggetto di tabù culturali, al contempo però molte questioni che oggi possono reputarsi superate o in fase di superamento, come quella dell’omosessualità, radicano le loro possibili soluzioni proprio in quegli anni, in cui vengono per la prima volta problematizzate e messe al centro dell’attenzione.
Lo Sbuffo ha intervistato Jennifer Guerra, giornalista presso The Vision e autrice de Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (Edizioni Tlon, 2020). […]
Sono nata questa mattina. Ho sentito il sole attraversarmi. Non era caldo come mi avevano preannunciato. Questo probabilmente perché, stando a quanto […]