Correva l’anno 2008 quando negli Stati Uniti scoppia la cosiddetta crisi “dei mutui sub-prime” che, per i non addetti ai lavori, è stata causata dalla concessione rischiosa di mutui a un ampio numero di soggetti dal basso punteggio di credito. Molti di questi debitori non hanno poi potuto (ovviamente) pagare i mutui e questo ha portato inevitabilmente alla chiusura e al fallimento di molte agenzie di credito e, di conseguenza, a una crisi finanziaria di cui ancora paghiamo le conseguenze.
Fabio Calenda lo sa bene: economista, scrittore, giornalista, è stato lui stesso vittima di una truffa finanziaria, che nel 2011 ha coinvolto molti nomi noti della “Roma Bene”. Uno scandalo che è stato attribuito a Gianfranco Lande, soprannominato dai giornali “il Madoff dei Parioli”.
“I soldi sono tutto”, pubblicato da Calenda nel giugno dell’anno scorso, ripercorre gli eventi che hanno portato a quella crisi. La vicenda prende forma nell’ambiente della Roma nord: questo mondo ci è presentato attraverso lo sguardo di Gianni Alecci, cinquantacinquenne elegante e sportivo, sposato e padre di due figli maschi. La moglie è Eleonora, giornalista mancata, ma figlia di gente ricca. Dal loro matrimonio (non felicissimo) sono nati due figli: Roberto (quasi trentenne), finanziere internazionale e Stefano, sedicenne appassionato di cucina. Alecci, invece, lavora presso un’agenzia di marketing anche se la sua posizione di subalterno non lo entusiasma.
A lasciarlo insoddisfatto non è solo il matrimonio in rovina o la sua posizione lavorativa, ma anche la relazione extraconiugale con la giovane Lou, con la quale si incontra in uno squallido magazzino alla Garbatella, lontano da occhi indiscreti.
La narrazione ci porta oltre la patina di perfezione che riveste l’ambiente rappresentato, per mostrarci la condizione reale del personaggio: Gianni Alecci si sente – e siamo spinti a credere che lo sia – un fallito. Il confronto col figlio Roberto, l’invadenza della suocera Luisa, acuiscono la sua insoddisfazione e il suo desiderio di riscatto.
A costituire una svolta nella sua esistenza è l’incontro con il suo compagno di università Alberto Lepore: avvocato di successo e assiduo frequentatore del Circolo Aniene, introduce Alecci ad un loro vecchio compagno di scuola, Vincenzo Greco.
Se tra i banchi di scuola Greco era stato oggetto di scherno dei compagni di classe, ora è invece un elegante finanziare. In lui possiamo vedere una sorta di alter ego di Gianfranco Lande: ai suoi clienti, che gli affidano somme di denaro, promette interessi altissimi. Alecci, così come altri personaggi di un certo rilievo e certamente esperti, si affideranno a lui in virtù della sicurezza che Greco trasmette.
Aletheia: questo nome compare già all’inizio del libro, tra le parole di Lepore. È una società misteriosa, che raccoglie il denaro che Greco e i suoi collaboratori investono “in modo sicuro”, me già si manifesta la crisi finanziaria che a partire dal 2008 travolgerà le banche e, insieme a loro, investitori e risparmiatori.
Potremmo pensare che dietro il personaggio di Alecci si celi l’autore stesso, in una sorta di auto-fiction.
“prendere le distanze dal dramma vissuto e al tempo stesso di svelare gli aspetti psicologici e finanziari alla base della truffa”.
Calenda descrive dall’interno un mondo a lui molto noto, facendone un ritratto fedele. In realtà, in questa descrizione potremmo leggere una critica più ampia e non limitata a quel determinato ambiente romano: la società che Calenda descrive è sì romana, ma è prima di tutto una società in cui prevalgono gli interessi economici, nella totale assenza di valori, eccezion fatta per il Dio denaro.
Uno per uno, i valori sani della convivenza civile vengono distrutti: i legami familiari, il sentimento amoroso, l’amicizia. Tutto è tralasciato, accantonato, dimenticato, durante la corsa per il denaro. I rapporti sono portati avanti soprattutto per convenienza e la mondanità viene esaltata, solo perché occasione di incontri utili. In questo scenario di squallore e apparenza, la solitudine è l’unica vera compagna.
“I soldi sono tutto”. Il titolo compare a pagina 218. Più che un’asserzione, forse, dovrebbe essere una domanda rivolta al lettore. Questa lettura dovrebbe spingerci a chiederci se il denaro abbia realmente quel valore che noi e la società gli attribuiamo. E dopo questa dimostrazione dell’assurdità dei comportamenti dell’uomo, in nome dei soldi, la risposta non può che essere negativa.