Il corpo femminile è da sempre oggetto di discussione, studio, persino di mistero. Dalla religione al mito, è stato circondato da storie, racconti e leggende che ne hanno plasmato la percezione nell’immaginario comune e, di pari passo con i cambiamenti storici e sociali, ha subito variazioni molto significative. Non è raro – siamo onesti, quasi sempre – che l’impronta più visibile lasciata sul corpo femminile sia quella del suo corrispettivo maschile, specialmente dal punto di vista scientifico in quanto, come è noto, le donne di scienza e cultura sono state marginalizzate di frequente fino al XIX secolo, restando nell’ombra degli uomini, sebbene presenti fin dall’antichità. Volete qualche esempio di queste influenze maschili? Noi ve ne proponiamo cinque.
1. L’imene
Partiamo dal mito greco: Imene, o Imeneo, era il dio delle nozze. Figlio di Dioniso e Afrodite o di Apollo e Calliope, i racconti definiscono Hymen come uno splendido giovane che riesce a sposare l’amata dopo aver salvato delle vergini ateniesi da dei pirati, perdendo tuttavia la propria vita la prima notte di nozze. Il nome ha anche un duplice significato, è sia “membrana, pelle sottile” sia il fiore rappresentativo della verginità femminile. È stato tuttavia Vesalio, padre dell’anatomia moderna, a usare specificatamente questo termine nel XVI secolo con il significato che conosciamo noi oggi.
Questa volta non parliamo di miti o leggende, pur restando nell’antichità e lasciandoci condurre dall’etimologia. Il termine vagina, infatti, senza cambiare i propri connotati morfologici e lessicali, deriva direttamente dal latino militare. Significa propriamente “guaina, fodero”, è ricorrente nella letteratura italiana, tanto che lo si può ritrovare anche nelle opere di Dante Alighieri e Vincenzo Monti, ed indicava lo stretto fodero che avvolgeva spade e pugnali. Quale sia la metafora in atto per la quale ora indichi una parte ben specifica dell’anatomia femminile, la lasciamo immaginare a voi. L’implicazione e l’influenza maschile sono evidenti.
3. L’isteria
Conosciute anche come salpingi, ovidotti o trombe uterine, le tube di Falloppio devono il loro nome più celebre a chi per primo le ha scoperte e determinate: saluti al signor Gabriele Falloppio, l’anatomista italiano che nel Cinquecento ne ha descritto la struttura e la funzione esatta. Non si sa esattamente cosa Falloppio facesse così vicino all’utero e come ci sia arrivato – si dice che facesse dissezioni sui cadaveri dei giustiziati, sebbene un allievo lo abbia smentito – ma nelle sue Observationes anatomicae le descrive talmente bene da rendere non necessarie immagini o disegni.
5. Il punto G