Crescere con l’idea della “famiglia da Mulino Bianco” è quanto di più deleterio ci possa essere: credere che mai il papà possa lasciare la mamma per la segretaria, o che mai la mamma possa stufarsi della solita routine familiare, non farà altro che farci schiantare, presto o tardi, con la cruda realtà. Ma questo, forse, è perché siamo stati abituati a vedere il mondo solo da una prospettiva, a livello relazionale: uno a uno, sempre e comunque. E se così non fosse? E se, in fondo, uno dei grandi problemi della nostra società fosse la nostra incapacità di pensare a delle relazioni aperte?
C’è chi l’ha fatto, chi ha immaginato questo mondo diverso, chi ha creato queste relazioni differenti, e di certo non se ne è pentito: parliamo dei poliamorosi (o poliamoristi, che dir si voglia). Pensare che il foglio Word segnali come ‘errori ortografici’ queste due parole è davvero indicativo: si tratta di un neologismo, coniato negli anni Novanta dello scorso secolo, quando si iniziò a considerare questo nuovo modo di concepire l’amore.
Con il poliamore si ammette la possibilità che una persona abbia più relazioni intime contemporaneamente, sia di natura sentimentale che sessuale, andando così a scardinare il postulato della monogamia sociale come norma necessaria. La relazione poliamorosa è basata sul consenso di tutte le parti coinvolte, che devono essere informate del contesto relazionale in cui si trovano inserite: le relazioni non devono essere caratterizzate da clandestinità ed il consenso delle parti implica una necessità di comunicazione trasparente tra i partner e il rispetto dei sentimenti di ognuno. Coloro che si riconoscono in questa filosofia rivendicano il diritto di poter scegliere una seconda strada rispetto a quella della monogamia, indicato come modus vivendi unico e dominante, e a cui la società ci educa sin dai primi anni dell’infanzia.
Ma quindi, nessun vincolo, nessun obbligo, nessuna regola? Al contrario, le regole ci sono eccome, cambia solo il numero dei partecipanti che decidono di giocare. I valori su cui si basa il poliamore sono gli stessi di una qualsiasi relazione amorosa “tradizionale”: fedeltà, lealtà, onestà, rispetto e comunicazione. Ce ne sono alcuni in più: il non possesso, ovvero la capacità di gestire la propria relazione e incanalare al meglio la propria possessività, e la gestione della gelosia.
Proprio sulla gelosia è necessario spendere due parole in più: molti problemi ha creato e crea oggi questo sentimento a volte così estremo e deleterio, tanto da essere a volte associato ad aggressioni e femminicidi. I poliamoristi tendono a non demonizzarlo ma a vederlo come una “meravigliosa opportunità”: così ne parla Louisa Leontiades, fondatrice e una delle autrici di Multiple Match, sito di dating e web magazine tematico sul poliamore, e autrice di The Husband Swap, romanzo sulla medesima tematica.
La gelosia è un sintomo di un problema sottostante relativo alla tua insicurezza e alla tua paura. La questione è: di cosa. La tua relazione è in pericolo di rottura? Allora la tua gelosia ti sta urlando: “cazzo, svegliati e lavoraci”. E se la tua relazione va bene (che tu sia poliamoroso o meno) ti dice che hai problemi di autostima radicati ancor più profondamente. Quanto saresti più felice se iniziassi a lavorarci! In ogni caso, essa è tutt’altro che un demonio. È un’opportunità. Io spalanco le mie braccia e dico alla gelosia: “Benvenuta, vecchia amica, sono contenta che tu sia qui. Su cosa vuoi che io lavori?”
Gli ostacoli che i poliamoristi hanno incontrato sulla loro strada sono di diverso tipo: innanzitutto sono legati ai pregiudizi e ai luoghi comuni che sorgono spontanei ogniqualvolta si ha a che fare con il nuovo e il diverso. In particolar modo vengono imputate loro la paura e l’incapacità di impegnarsi, una divisione dell’amore che li costringe a contatti fisici ed emotivi piacevoli ma privi di evoluzione ed infine un elevato tasso di fallimento nelle relazioni stesse. Dall’altro lato, però, gli ostacoli sono anche di tipo istituzionale: pochissimi Paesi consentono matrimoni di stato fra tre o più partner. Nel contesto europeo fanno eccezione i Paesi Bassi, che hanno celebrato nel settembre 2005 la prima unione civile fra tre partner.
Insomma, non si vogliono certo decantare solo gli aspetti positivi di questa scelta: basti pensare al doppio dei parenti da dover incontrare per le feste comandate e al doppio dei compleanni da dover festeggiare. Fare una scelta libera, quello però non ha prezzo: e se la scelta fosse quella di amare più persone, è giusto che questa venga rispettata e facilitata appieno.