Lo sviluppo della tecnologia è da sempre elogiato per aver accelerato i tempi di comunicazione, di apprendimento, di gestione e di informazione. Eppure, tra i vantaggi che ha apportato negli anni, sta nascendo un’importante problematica: la dipendenza. Al pari di una droga, internet può diventare una dipendenza. Già nell’ultima revisione della International Classification of Diseases (Icd-11) l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato la dipendenza da videogiochi una vera e propria malattia mentale, il cosiddetto “internet gaming disorder”. Diverso dal solo gaming perché si riferisce esclusivamente a tutte le modalità di fruizione dei soli videogame.
È una patologia sempre più concreta negli ultimi anni. Si pensi solo al fatto che il 95% dei teenager utilizza quotidianamente internet.
Ma cosa è nel concreto “l’internet gaming disorder”?
Come spiega Federico Tonioni, fondatore del primo ambulatorio italiano sulla Dipendenza da internet, il giocatore dipendente è perlopiù un ragazzo, che soffre di mancanza di attenzione da parte dei genitori; investe più di 18 ore giornaliere nel gioco, dove eccelle ed è molto competitivo, a differenza di quanto avviene nella realtà. Questi ragazzi sono isolati, vivono in uno stato di ansia nel momento in cui non possono giocare, non riuscendo a relazionarsi con la realtà circostante.
Ma perché solo ora, alla 72esima World Health Assembly, l’Oms ha deciso di aggiornare in definitiva la patologia?
La dipendenza da internet e videogame è una questione aperta. Vi sono studi, esistono dati, eppure, non sono sufficienti. Si pensi a quanto scriveva Young nel 1995 a riguardo. L’abuso di videogames può avere effetti su:
- Relazioni interpersonali
- Salute
- Calo nelle prestazioni scolastiche e lavorative.
E Griffiths nel 2005 stilava una lista di possibili sintomi:
- Salienza del gioco
- Stato di euforia, dato che il gioco permette di provare emozioni piacevoli
- Stato di ansia e di depressione in caso di astinenza
- Isolamento
- Tentativo di smettere di giocare, ma si scontra a numerose ricadute.
Cosa porta molti ragazzi ad estraniarsi dalla realtà e a rinchiudersi in un mondo virtuale?
Il mondo virtuale è una via d’uscita da quello reale. E non deve stupire se molti finiscono per preferire il primo. Realizzare un proprio “avatar” un’immagine diversa da quello che realmente si è, poter decidere per sé stessi, sono i primi motivi che portano ragazzi ad isolarsi e ad investire la totalità del proprio tempo nel gaming. Proprio i giochi di ruolo online sono quelli potenzialmente più rischiosi. I role-playing games infatti, permettendo di personalizzare il proprio avatar, conoscere nuovi utenti, avanzare nel gioco, determinano nell’utente un alto livello di gratificazione di cui quotidianamente non godrebbe.
Ovviamente il lavoro che è stato fatto e che continua tuttora non ha intenzionalmente voluto ledere le compagnie di Gaming. Eppure, la scelta adottata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità non ha visto indifferenti le imprese e alcuni addetti ai lavori, tra cui Christopher Ferguson. Ferguson ha criticato la scelta dell’American Psychiatric Association di inserire l’internet gaming disorder in “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders 5″ (DSM-5); in particolar modo perché per il Manuale basti la presenza di soli 5 dei 9 sintomi elencati a dimostrare di essere in presenza di “net gaming addiction“. Ma da quanto dimostrato durante la stessa Assemblea, secondo questa definizione, l’esistenza di un qualsiasi hobby potrebbe causare dipendenza.
Dipendenza oppure no, il mondo virtuale sta prendendo sempre più spazio, soprattutto tra i più giovani; è importante conoscere bene ciò che questo può comportare.
FONTI
Griffiths, M., Davies, M. & Chappell, D. (2004). “Online computer gaming: a comparison of adolescent and adult gamers.“.
International Classification of Diseases
Yee, N. (2006). “Motivation for play in online games. CyberPsychology & Behavior”.
Young, K. (1995). “Internet addiction: symptoms, evaluation, and treatment”.