Il termine giapponese kawaii, che definisce un tipo di cultura che si sta sempre più espandendo anche nel mondo occidentale, può essere tradotto in italiano come “carino”, “amabile” o “adorabile” e designa una tendenza applicabile al mondo della moda, del lifestyle, dell’arte figurativa, ma anche della vita quotidiana. La parola deriva dall’espressione kao hayushi, che, tradotta letteralmente, significa “viso illuminato” o “viso raggiante”, che poi si è trasformata in kawaii acquisendo l’accezione di “timido” e “imbarazzato” e, solo in seguito, di “carino”.
La cultura della tenerezza portata avanti dallo stile kawaii traccia le sue origini in Giappone, a partire dal periodo della protesta studentesca alla fine degli anni Sessanta, durante la quale gli studenti universitari, per ribellarsi alle autorità e alla cultura accademica da queste imposta, iniziano a rifiutarsi di frequentare le lezioni e a trascorrere intere giornate leggendo fumetti manga, i primi esponenti di questa sottocultura. In seguito, intorno agli anni Settanta, il termine viene applicato a un movimento giovanile che coinvolge soprattutto le ragazze, il loro stile di scrittura e la loro calligrafia, che diventa sempre più tondeggiante e decorata con simboli come cuoricini, stelline e piccoli animali, i precursori degli emoji. Un’ulteriore trampolino di lancio per lo stile kawaii, e in particolare per la sua diffusione in Occidente, è rappresentato dal personaggio di Hello Kitty, che, a partire dalla sua creazione nel 1974 ma soprattutto negli anni Novanta, è diventato il simbolo di questo tipo di cultura apparendo su ogni tipo di oggetto e accessorio, tra cui borse, T-Shirt e utensili per la casa, limitandosi inizialmente a un target di pre-adolescenti, per poi avvicinarsi anche a una fascia di mercato più alta.
Negli anni Novanta, inoltre, a causa della crisi economica che stava investendo il Giappone, molte aziende hanno iniziato a esplorare nuove strategie di mercato, tra cui l’utilizzo di marchi e brand kawaii per aumentare la loro attrattiva: sono nate così le prime partnership tra vere e proprie imprese di servizi, come banche e aziende di trasporti, e marchi di gadget e oggettistica kawaii, che avevano l’obiettivo di mitigare gli effetti della crisi tramite la loro piacevolezza e il successo che in quegli anni stavano ottenendo.
Tuttavia, la popolarità di questo stile di origine giapponese non si limita agli anni Novanta, ma va avanti a influenzare la cultura orientale e a diffondersi verso l’Occidente anche nelle due decadi successive: la cultura della tenerezza continua infatti a conquistare tutti, dai più piccoli ai più grandi, in particolare grazie ai gadget ufficiali e collezionabili dei principali brand kawaii, ai cartoni animati e ai fumetti, ai film d’animazione, ai giochi interattivi come Pokémon Go e ai fancy goods, ovvero beni di consumo come giocattoli, peluche, capi d’abbigliamento e articoli di cancelleria.
A una prima occhiata, si potrebbero associare i consumatori della cultura kawaii a dei veri e propri Peter Pan che si rifiutano di crescere, ma nella società giapponese la questione è molto più complessa e sfaccettata: il Giappone è infatti un Paese pieno di contraddizioni, dove all’apparenza di rigidità, alle ferree regole di comportamento e al culto del lavoro si associano il desiderio e la necessità di affrancarsi e liberarsi da questi dogmi. Tutto ciò è reso possibile dal fantastico mondo kawaii, un’oasi tutta rosa di pace e serenità per sfuggire alla pressione e alle costrizioni del lavoro, della carriera e della vita familiare, grazie alla quale è possibile esprimere se stessi attraverso l’arte, la moda e la tenerezza. Appare quindi chiaro come, in un ambiente dominato dallo stress e dalla competizione, lo stile kawaii possa fungere da pretesto per opporsi al mondo adulto, per lottare contro la sua rigidità e la sua mancanza di fantasia.
In conclusione, questa moda viene vista in maniera positiva o negativa? Forse sia l’una che l’altra. Se il concetto di ritorno all’infanzia può richiamare il desiderio di non diventare mai grandi da un punto di vista innocente e positivo, lo stesso può anche significare una negazione dell’età adulta e di tutte le responsabilità che da essa derivano. Tuttavia, per quanto riguarda la cultura kawaii nel suo aspetto di fuga dalla quotidianità e dalla monotonia della realtà, si può individuare anche il desiderio di mantenersi in equilibrio tra le due età ‒ quella dell’infanzia e quella adulta ‒ in un mondo di infinite possibilità.