Hamletmaschine – la macchina Amleto – è uno dei drammi più complessi e discussi del secondo dopoguerra. Heiner Müller, regista e commediografo tedesco, compose il testo in 5 atti nel 1977. Come si può intuire dal titolo, l’opera si lega indissolubilmente al dramma dell’Amleto di Shakespeare. Tuttavia non è una traduzione, né un adattamento del dramma originale. Non riprende in modo puntuale personaggi o avvenimenti. Può essere definita piuttosto una riflessione “per frammenti”, una messa in discussione profonda e radicale. In effetti il copione è breve e privo di trama. Il testo sembra rappresentare, principalmente attraverso monologhi, schizzi di pensieri e riflessioni profonde. Insomma, l’interpretazione è complessa e totalmente affidata all’immaginario dei lettori-ascoltatori. Per questo il testo paralitico di Hamletmaschine è progettato per essere accompagnato da danze, cori e musica.
La riflessione operata da Heiner Müller fu ispirata dalla lettura dell’Amleto di Shakespeare realizzata durante l’infanzia, poi approfondita con l’operazione di traduzione. Müller afferma in un’intervista:
Il mito è un aggregato, una macchina, alla quale si possono collegare macchine sempre nuove e diverse.
L’idea è quella di creare un’opera che sia un aggregato composito di elementi. In particolare, secondo Müller, ciò è possibile grazie all’estrema duttilità del mito. Il mito è composto da un nucleo, la “macchina” di Müller, e una periferia. Mantenendo inalterato il nucleo è possibile modificare infinitamente la periferia. Ciò consente la realizzazione di un numero estremamente elevato di adattamenti o rivisitazioni. Müller ha dunque preso le mosse proprio dalla riflessione sulla malleabilità del mito, elaborando così un’opera liberamente ispirata ad Amleto, ma contemporaneamente divergente dal dramma originale. I personaggi di Amleto e Ofelia sono, per esempio, intimamente connessi a quelli elaborati da Shakespeare. Tuttavia in Hamletmaschine sono rappresentati sotto una luce desueta. Müller fa emergere lati oscuri della psiche dei personaggi, caratteristiche sublimate e nascoste da Shakespeare.
Il testo è diviso in 5 parti, che ricordano i 5 atti della tragedia classica. L’impianto è molto solido. si sviluppa intorno a due dei personaggi protagonisti dell’Amleto shakespeariano: i due amanti, Amleto e Ofelia. L’atto I e IV vedono al centro Amleto e sono caratterizzati da due lunghi monologhi; il II e il V sono dedicati ai monologhi di Ofelia. Soltanto nel III atto, il centrale, i due personaggi entrano in relazione attraverso un dialogo. Accanto a essi, rilevante è il ruolo del coro. Tra i personaggi spiccano anche Marx, Lenin e Mao. Il testo infatti assume una sfumatura politica. Proprio Müller in un’intervista dichiara di aver riscontrato un’analogia tra la vicenda di Amleto e gli avvenimenti di Budapest del 1956, perciò alcuni critici sostengono che l’opera metta in scena la vita degli intellettuali tedeschi durante l’epoca comunista; tuttavia queste rimangono congetture poiché il testo è estremamente criptico.
Hamletmaschine è una tragedia senza tempo. I personaggi sono immersi in uno spazio-tempo sfumato e indefinito e non partecipano a una trama stabilita. Ciò viene esplicitamente dichiarato da Amleto, all’inizio del monologo nel IV atto:
Io non sono Amleto. Non recito più alcuna parte. Le mie parole non dicono più niente. I miei pensieri succhiano il sangue alle immagini. Il mio dramma non ha più luogo.
Oppure da Ofelia, che nel II atto dice: “ieri ho smesso di uccidermi”. I personaggi hanno perso identità ed energia sulla scena. Sono privi di forza, si presentano come detriti di un’esistenza già vissuta e impossibile da rievocare: Amleto e Ofelia sembrano ombre non più in grado di animare dei corpi, la prospettiva è di un tempo senza tempo. Un nichilismo spinto fino allo strenuo delle forze; l’apatia è tale da condurre il personaggio a parlare di sé in terza persona e riflettere, dall’esterno sulle private azioni della vita.
Tuttavia Amleto e Ofelia di Müller non possono essere definiti “personaggi piatti”. Hanno, al contrario, una densità tragica in un certo senso maggiore rispetto a quelli shakespeariani. Folgorante è Ofelia. Per Heiner Müller, Ofelia è una vittima indiscussa, una donna sfruttata che ha la forza di ribellarsi, e nel dramma l’eroina sviluppa una parabola tragica. Nell’atto II, il monologo rappresenta una prospettiva di totale distruzione e annientamento. Per Ofelia non c’è alcuna possibilità di scampo, se non l’enorme forza repressa dalla sua interiorità.
Faccio a pezzi gli strumenti della mia prigionia la sedia il tavolo il letto. Distruggo il campo di battaglia che era la mia dimora. Strappo le porte perché possa entrare il vento e il grido del mondo. Mando in frantumi la finestra. Con le mani insanguinate strappo le fotografie degli uomini che ho amato e che mi hanno usato a letto a tavola sulla sedia per terra. Do fuoco alla mia prigione. Getto nel fuoco i miei vestiti. Mi strappo l’orologio dal petto che era il mio cuore. Esco sulla strada vestita del mio sangue.
Ofelia distrugge tutto ciò che trova intorno a sé. Vuole annientare sé stessa e gli altri, fino a fare a pezzi il suo mondo, quel mondo che la sfrutta, la sottomette e la rende vittima di violenza. Ofelia è dunque una forza reattiva, che presto si trasformerà in vendetta. Nell’atto V infatti:
Qui parla Elettra. Nel cuore dell’oscurità. Sotto il sole del supplizio. Alle metropoli del mondo. Nel nome del sacrificio. Io butto via tutti i semi che ho ricevuto. Trasmuto il latte dei miei seni in veleno mortale. […] Abbasso la gioia della sottomissione. Viva l’odio, il disprezzo, la rivolta, la morte.
Ofelia diventa Elettra, la sorella di Oreste, l’eroina vendicatrice. La dolce e angelica ragazza amante dell’Amleto di Shakespeare si avvicina a Medea, Lady Macbeth, Elettra appunto. Il candore della pudicizia si dissolve nel sangue della passione e della rivolta. Ofelia diventa simbolo di reazione al sopruso e alla violenza. L’emblema del femminismo più puro e autentico. Dunque Müller, grazie ad Hamletmaschine, con una scrittura sclerotica ma densa di passione, ha caricato il personaggio di una tragicità senza precedenti. Ha rotto gli stereotipi caratterizzanti l’eroina shakespeariana, affidando al Ofelia una missione morale e collettiva.
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