Il 12 agosto 1944, a Sant’Anna di Stazzema, in provincia di Lucca, i soldati nazisti compiono l’ennesima, terribile strage. Il paesino di Sant’Anna è piccolo, arroccato tra le colline e poche strade lo raggiungono da valle: sembrava il luogo perfetto dove potersi rifugiare e gli stessi tedeschi la definirono una ‘zona bianca’. Così la pensavano anche gli abitanti e chi vi si era rifugiato, tutti civili. Erano donne, bambini e anziani. Non c’erano uomini, perché erano nascosti nei boschi, pronti a difendere il paese e i propri cari da un’eventuale incursione nemica. Non avranno mai l’occasione di provarci, perché i nazisti presero un’altra strada, raggiungendo Sant’Anna indisturbati e, paradossalmente, gli unici a sopravvivere sono proprio gli uomini.
Furono uccisi circa 560 civili innocenti, disarmati.
È stato un trauma enorme per la popolazione, un taboo durato anni, addirittura fino agli anni Settanta nessuno sapeva dire davvero cosa fosse successo in quel giorno buio: chi era sopravvissuto cercava di dimenticare, rifiutandosi di parlarne. La vittima più giovane dell’eccidio si chiamava Anna Pardini: aveva venti giorni.
Nel corso dei decenni successivi, vari monumenti sono stati innalzati nei luoghi della strage, ma più recentemente è stato chiesto un nuovo contributo per la realizzazione di un monumento-memoriale-opera d’arte a Gianni Moretti.
Moretti, classe 1978, è un giovane artista originario di Perugia, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Accettò immediatamente l’incarico, e dopo un lungo processo di tre anni, di raccolta di testimonianze, studio del territorio e ideazione dell’opera d’arte vera e propria, ha creato Anna – Monumento all’attenzione, inaugurato il 25 aprile 2018.
Si è abituati a considerare un monumento come inscritto in un luogo preciso, ma l’opera di Moretti cancella questo preconcetto: è un lavoro che si sviluppa sulle quattro strade di montagna che furono percorse dai nazisti in quel 12 agosto 1944.
Per Moretti, un monumento è qualcosa che serve a ricordare e il ricordo è qualcosa di sfuggente, che cambia forma nel tempo, qualcosa che si posa sul resto dell’esperienza, come fosse una polvere.
Dopo questa prima considerazione, Moretti si è posto la domanda obbligatoria: che diritto ha lui, un uomo giovane, che non ha vissuto quella strage, di raccontare un evento tanto terribile? È giusto che sia proprio lui a farlo? Come mantenerlo un gesto rispettoso e non cadere nella banalità?
Trova delle risposte estremamente intelligenti e rispettose a tutte queste domande: se è senz’altro vero che lui personalmente non era presente quel giorno, dunque non ha vissuto la strage, questo non lo esclude a priori dal poterne dare un proprio contributo. Moretti ha parlato a lungo con i sopravvissuti e si è subito sentito vicino al racconto della sorella di Anna Pardini, la neonata di 20 giorni uccisa quel 12 agosto. Da quel momento, la sua ricerca si è concentrata proprio su Anna, e soprattutto, sulla vita che non ha avuto la possibilità di vivere.
Riprendendo quell’immagine del ricordo come polvere cangiante, Moretti individua la forma finale del lavoro: una pioggia dorata che si posa sulle strade percorse dagli assassini, ma seguendo il percorso contrario. Se i nazisti hanno percorso le strade dal basso verso l’altro, il lavoro di Moretti lo farà dall’alto verso il basso, per andare a suturarne le cicatrici.
Per celebrare la vita mai vissuta di Anna Pardini, Moretti realizza un elemento dorato per ogni giorno di vita che è stato strappato ad Anna. In questo modo l’opera d’arte-monumento è un continuo work in progress, a cui ogni anno si aggiungono 365 cardi dorati, piantati nel terreno.
Il cardo è stato scelto dall’artista riprendendo un’antica leggenda tedesca, in cui si racconta che nel luogo dov’è stato commesso un omicidio, ogni giorno nasceva un cardo e ogni sera si richiudeva. Il cardo realizzato da Moretti è un elemento in acciaio con la calotta dorata, così che una volta piantato nel terreno –come fosse un chiodo- rimanga visibile soltanto la parte superiore splendente, creando una vera pioggia dorata sulle strade della montagna.
Ad oggi, il lavoro di Moretti conta oltre 27.000 elementi.
Fondamentale è il fatto che questi 27.000 cardi non sono stati piantati nel terreno da Moretti, perché il senso della sua opera non è il prodotto finale, ma la sua costruzione, il processo fisico e consapevole di piantare un cardo dopo l’altro, a mano, ricordando così ogni giorno strappato ad Anna.
Il lavoro è stato quindi realizzato in collaborazione con la comunità, e il primo cardo è stato piantato dalla sorella di Anna.
A questo link sono consultabili i prossimi incontri ai quali chiunque può prendere parte e dare il proprio contributo piantando i cardi d’oro ed eternando la memoria delle vittime.
L’opera è stata realizzata in collaborazione con l’azienda Giovanardi s.p.a. –per la realizzazione dei cardi d’oro,- e con il Ministero dei Beni Culturali e la Soprintendenza di Lucca.