I mondiali femminili di calcio sono stati un successo. Le migliori calciatrici del mondo hanno riempito stadi e incollato i telespettatori davanti agli schermi, tanto che lo share televisivo ha raggiunto ovunque punteggi notevoli, come in Italia, dove la partita delle Azzurre contro la selezione del Brasile, per la prima volta trasmessa su Rai1, ha raggiunto il 29,3% di share, tenendo davanti al televisore ben 6,5 milioni di tifosi. Questo evento è diventato ormai un faro per tutto lo sport femminile, in grado di far luce su un mondo spesso poco preso in considerazione e snobbato, se non addirittura vietato, come incredibilmente avviene ancora oggi in alcune nazioni.
In Italia, dove il calcio è quasi una religione e permea moltissimi aspetti della vita dei cittadini, solamente nel 2019 abbiamo potuto assistere sul primo canale della televisione pubblica ad una partita della selezione femminile, mentre l’attenzione per le squadre e il campionato femminile sta lentamente crescendo, aiutato negli ultimi anni anche dall’interessamento dei più affermati club calcistici, che hanno la disponibilità economica per investire molte risorse nel settore. Finalmente stiamo abbandonando cattive abitudini discriminatorie e sessiste, retaggio del passato, nel calcio così come in altri sport e, in generale, in molti aspetti della nostra società. Tutto è felicemente in evoluzione, in particolar modo grazie all’impegno delle atlete, testimonial di un necessario cambio di mentalità. Non in tutto il mondo, però, si assiste alla stessa crescita. Infatti, se lo sport può esser un indicatore della società in cui viene praticato, ci si accorge facilmente di come in molti Paesi in ogni continente l’arretratezza e le disparità siano tangibili.
Il mondo è straordinariamente vario e intricato e ogni Paese viaggia, più o meno velocemente e con alterne fortune, verso la parità sessuale, che omogeneamente sta interessando tutti gli aspetti della vita pubblica e privata degli individui. La pari retribuzione lavorativa, la possibilità di raggiungere certe cariche pubbliche o, più semplicemente, la possibilità di praticare gli stessi sport degli uomini finalmente si stanno avvicinando, non sembrano miraggi irraggiungibili, anche se, tuttavia, persistono assurde ed insostenibili discriminazioni. Dai cambiamenti evidenti, ad esempio l’incentivazione di tutti gli sport senza disparità sessuali, a quelli più silenziosi, e forse per questo ancora più difficili da estirpare, come lo storcere il naso davanti ad una ragazza in scarpini da calcio e i commenti sessisti detti a bassa voce mentre si vede una partita in tv, tutto il mondo sportivo sta abbracciando una profonda riforma e lo sport può essere, ancora una volta, uno strumento di svago e relax, ma anche di profondo insegnamento civico e culturale. Una scuola di civiltà prima ancora che di tattica calcistica o di pugilato.
Le sportive di oggi, dall’India all’Italia, lottano per segnare un goal in più delle avversarie, volare con evoluzioni mozzafiato su di una pista da skate o resistere a un altro round sul ring. Combattono per divertirsi, per realizzarsi e per far emozionare chi le guarda, donne o uomini che siano. Giocano per fare in modo che tutto ciò sia più facile e giusto per le ragazze che le succederanno, in una società che sappia trovare nello sport un motivo ulteriore per convivere senza discriminazioni, che sia una strada per ognuno verso ciò che lo rende felice, senza impedimenti, senza odio. Senza divisioni.