Occhiate indiscrete e indesiderate, gesti espliciti, groping, catcalling. Sappiamo bene di cosa si parla: molestie sessualmente esplicite indirizzate alle donne. Si tratta di comportamenti che equiparano la donna ad un oggetto, visto e osservato nelle sue parti, invece che come tutto unico e – non ultimo – animato.
Tale visione ha anche risvolti psico-neurologici, che bisogna comprendere per affrontare al meglio un complesso di fenomeni tanto diffusi e tristemente intrinseci nella nostra società.
Lo studio
A fare luce sull’argomento è un gruppo di ricercatori dell’Università di Trento. Il loro recente studio “Assessing neural responses towards objectified human targets and objects to identify processes of sexual objectification that go beyond metaphor” mira, come dichiara il lungo titolo, a individuare quanto profondo possa diventare l’accostamento di una donna ad un oggetto. Non si tratterebbe, infatti, di una semplice metafora a sfondo sessuale, bensì ci sarebbe di più.
L’oggettificazione avviene ogni volta che un qualcuno diventa un qualcosa. Nel caso dell’oggettificazione sessuale, questo qualcuno è tipicamente una donna il cui corpo o le cui parti del corpo sono viste come meri strumenti, separati dalla sua personalità e individualità, considerate come se potessero rappresentarla.
Ciò avviene soprattutto nel caso di una persona parzialmente o completamente svestita, in quanto vista esclusivamente come corpo, piuttosto che come essere umano.
Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di categorizzare – e quindi riconoscere – come “umani” o “oggetti” gli stimoli loro proposti, cioè immagini di donne e uomini presentati ora interamente vestiti, ora solo parzialmente, tra immagini di avatar simili a bambole creati artificialmente. Si osserva che l’accuratezza e il tempo richiesto per categorizzare come umane le persone vestite sono uguali che si tratti di donne o uomini. Nel momento in cui, invece, si tratta di riconoscere persone in biancheria intima, si presentano differenze a seconda del sesso: si fa più difficoltà a distinguere dai corrispettivi avatar le donne rispetto agli uomini.
Oggettificazione della donna in neuroni
La ricerca così condotta mostra come il paragone tra corpo femminile e oggetto non sia strettamente semantico (metafora): esso avviene a livello percettivo. Di fronte al corpo seminudo di una donna il nostro cervello risponde in modo simile a stimoli provenienti da oggetti. Siamo portati a vederlo come più simile ad un oggetto, rispetto ad un analogo corpo mascolino nello stesso atteggiamento e vestiario. E attenzione, a reagire così non è solo il cervello degli uomini, ma anche quello delle donne stesse!
Cosa significa? I ricercatori osservano che:
Le nostre interazioni tra esseri umani sono in genere determinate dalla nostra volontà di conoscere pensieri, comportamenti, desideri e intenzioni dell’altra persona. Le nostre interazioni con gli oggetti, invece, sono per lo più guidate dalle loro utilità e apparenza. Questi schemi tipici di interazioni sono normalmente distinti in modo netto dal momento che regioni differenti del cervello servono a elaborare stimoli umani e non umani. Tuttavia, ci sono casi in cui il divario tra umano e oggetto tende a scemare. Questo capita quando altri esseri umani vengono oggettificati. […] Quindi, proprio come oggetti considerati soprattutto per le loro utilità e apparenza, quando oggettificate le donne sono apprezzate per la loro attrattività e il loro valore strumentale.
Inoltre, il gruppo di studiosi tridentini riporta dati di altre ricerche in materia, che suggeriscono analogamente l’uso di processi cognitivi tipici dell’interazione con oggetti anche nel caso del riconoscimento del volto umano, quando si tratta di target femminili oggettificati.
Implicazioni socio-culturali
Chiaramente non sono i comportamenti sessisti a trovare la propria base – e quindi giustificazione – in questi processi. Al contrario si può supporre che si tratti di un riscontro assai profondo di una mentalità a cui siamo tristemente avvezzi, di un atteggiamento culturale ormai interiorizzato, e che anzi trova proprio così un nuovo slancio. Come in un circolo vizioso, che in tal modo si spinge fino al possesso e alla violenza carnale. Come con un oggetto.
Anche il report individua un problema nell’oggettificazione sessuale di cui sono vittime prevalentemente le donne nelle moderne società occidentali. Si suggerisce, ad esempio, che questo modo di rappresentarle non sia adeguatamente compensato da immagini di donne forti, di carattere. Inoltre, il raffronto con la figura maschile appare sempre più impari se si considerano i punti di vista biologico-evoluzionistico e scio-culturale. Nel primo caso, si ritiene che il corpo femminile possa essere oggetto di maggiore attenzione, rispetto a quello maschile, per via dei primordiali segnali legati a fertilità e riproduzione che esso veicola. Nel secondo caso, come già si accennava, giocano un ruolo rilevante differenze di genere e stereotipi dovuti ad un’impostazione patriarcale della società.
FONTI