Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita.
Una sua simile l’aveva preceduta? Ah sì, certo che sì! E in verità non ci sarebbe stata forse nessuna Lolita se un’estate, in un principato sul mare, io non avessi amato una certa iniziale fanciulla. Oh, quando? Tanti anni prima della nascita di Lolita quanti erano quelli che avevo io quell’estate.
Potete sempre contare su un assassino per una prosa ornata. Signori della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiarono i serafini, i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali. Guardate questo intrico di spine. – Lolita (incipit), Vladimir Nabokov, 1955.
Lolita. Uno dei più controversi e gloriosi romanzi di tutti i tempi, rivoltante nella sua bellezza, ambizioso nella sua sfida verso ogni decenza sociale, devastante nella sua disperata umanità. Scritto da Vladimir Nabokov e pubblicato nel 1955, da quasi settant’anni esso ha contribuito ad affascinare e plasmare la cultura mondiale: tutti ormai, indipendentemente dal grado di istruzione o dagli interessi, anche senza aver mai messo le mani su una sua copia o visto uno dei suoi adattamenti cinematografici, ne conoscono a grandi linee, quasi in modo innato, la storia: Lolita, la ninfetta. Lolita, l’irriverente diavoletto seduttore. Lolita, la ragazzina provocante da cui il povero professor Humbert Humbert, di almeno il triplo dei suoi anni, non può far a meno di rimanere ossessionato, sino a commettere gli atti più folli e scandalosi pur di poterla avere tutta per sé.
L’immagine di Lolita come ragazzina già pervasa, sin dall’estrema giovinezza, di un erotismo lascivo e incontenibile – forse ancora più perverso di quello dello stesso professore il quale, coltissimo e accademicamente stimato qual era, proprio non riuscirà a resistere alla sua giovane tentatrice, condannando così di fatto la propria vita a un rovinosissimo declino che culminerà in tragedia – ha creato un vero e proprio mito estetico universale sin da quando The Olympia Press pubblicò per la prima volta il romanzo nel ’55: da quel momento in avanti, non solo Lolita è sempre rimasto nella classifica dei libri più letti al mondo, ma diverse correnti di moda e subculture di ogni genere hanno eletto la figura della sua protagonista a icona di stile e modello di sensualità, rendendola immortale nell’immaginario collettivo come incarnazione della fantasia maschile per eccellenza.
Barbra Churchill, professoressa dell’Università di Alberta che studiò largamente questo romanzo e la sua protagonista, nel suo libro The Lolita Phenomenon scriverà infatti che:
L’immagine di Lolita ha pervaso talmente la coscienza popolare che, anche coloro che non hanno mai letto il libro, di solito sanno perfettamente cosa voglia dire chiamare una ragazza “Lolita”. Il nomignolo “Lolita”, tradotto nella cultura popolare, significa un vivace tipino sexy, un’ingenuotta sfacciata, una sirena adolescente capace di stregarti.
Ecco così che lo “stile Lolita“ per quasi settant’anni è consistito, sul grande schermo come sulle copertine delle sue varie edizioni, in un infinito numero di lecca-lecca e occhialetti da sole color ciliegia a forma di cuore, in mutandine da bimba in pizzo, in piedi minuti che veneranti mani da uomo stringono per mettervi lo smalto, tenere fragole o qualsiasi velata allusione all’anatomia femminile.
In poche parole, Lolita, per tutta la sua storia letteraria, è stato un mostro raffinato e magnifico che ha immediatamente vissuto di vita propria, da cui è stato strappato via il significato sottile e devastante di cui l’autore l’aveva così abilmente permeato, vittima e specchio, come la sua stessa protagonista (e vi è una certa ironia in questo), delle perversioni di un’intera epoca.
Nabokov stesso, già negli anni Sessanta, si disse scioccato dal fatto che praticamente nessuno avesse compreso il suo libro, sessualizzando all’estremo la figura di Lolita e “perdonando”, scuotendo la testa, quello che è a tutti gli effetti il suo carnefice.
Un terribile malinteso si nasconde infatti tra le irresistibili curve che hanno dato fama al romanzo: per prima cosa, Lolita non è un’adolescente, ma una bambina di appena 12 anni, assolutamente ignara della gravità di ciò che le sta capitando, sino a che non è troppo tardi (la sua figura è ispirata alla vera e tragica storia di Sally Horner, bambina di undici anni rapita e stuprata da un uomo molto più vecchio); seconda cosa, e più importante, l’intera visione sessualizzata di Lolita, ninfetta, diavoletto sensuale, mini femme fatale, esiste esclusivamente nell’immaginazione malata di Humbert Humbert, che è volutamente anche la voce narrante della storia. È la sua perversione a distorcere e plasmare a piacimento la realtà che ci viene raccontata, e Nabokov fu un maestro a far sì che il suo protagonista, pedofilo, stupratore, malato e criminale, suonasse nelle sue parole talmente colto, talmente affabile, autoironico, tanto da essere molte volte qualcuno per cui provare una sincera pietà e una profonda empatia: per tutta la lettura è piacevole la sua compagnia; i suoi pensieri disperati, bellissimi, poetici.
Tutto questo è stato immaginato indubbiamente come un geniale stratagemma volto a coinvolgere il lettore, a farlo riflettere sulla natura del mostro e le varie forme che esso può assumere. Un mostro raramente pensa tra sé di esserlo. Un mostro raramente sembra tale. Un mostro può essere anche incredibilmente colto e piacevole. Un mostro può essere capace di amare la propria vittima. Ma in pochissime occasioni il vero messaggio di Lolita venne e viene tutt’ora, purtroppo, compreso. Sembra che la cultura artistica popolare abbia ancora una volta preferito largamente, negli anni, dipingere lo stupro di una bambina come la scoperta precoce della sua sessualità, alimentando la fame di oggettificazione che le donne sono costrette a subire da sempre.
Le sue copertine sono state i tragici exempla di questo perverso meccanismo.
Nabokov fu molto chiaro su come voleva che la copertina di Lolita fosse rappresentata, ancora prima della sua storica uscita:
Voglio colori puri, nuvole sfumate, dettagli finemente disegnati, un sole la cui luce irrompa alla fine di una strada che si allunga all’orizzonte, la cui luce si deve riflettere su ogni solco e curvatura. E niente ragazzine… Chi potrebbe mai essere capace di creare una romantica, ben disegnata, non-freudiana e non infantile immagine di LOLITA (una distanza che si dissolve, un delicato paesaggio americano, un’autostrada nostalgica – questo genere di cose)? C’è solo un soggetto verso il quale sono assolutamente contrario: qualunque tipo di rappresentazione di bimba.
Eppure sembra che per quasi un secolo nessuno si sia troppo curato della sua volontà, così come è tragicamente stato per il suo messaggio. Questo, ovviamente, non può far altro che turbare chiunque sia disposto a spingersi minimamente al di là del sessismo e della marcia rape culture in cui tristemente ci troviamo a vivere e con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno.
Nabokov prese a ironizzare sull’ostinazione con cui il mondo continuava a interpretare malamente il suo capolavoro: cominciò a collezionare tutte le edizioni di Lolita che avevano miseramente fallito il loro scopo e amava particolarmente mostrarle ai suoi ospiti.
Forse Nabokov ha potuto convivere con questo enorme aspetto fallimentare di una delle sue più grandi prove letterarie (e sicuramente essere uomo può averlo aiutato molto nel farlo), ma fortunatamente noi non possiamo più: da pochi anni a questa parte lo scandaloso caso delle copertine di Lolita ha cominciato a interessare gli artisti di tutto il mondo e alcune nuove proposte di illustrazione sono state avanzate. Finalmente al centro della scena non c’è più l’oggettivazione sessuale di una bambina abusata, ma il carnefice che ne è responsabile, o la violenza stessa.
La speranza è che questo aiuti a sensibilizzare quei lettori troppo assuefatti dai vapori malati della cultura contemporanea da comprendere il vero significato del romanzo, invitandoli a guardarlo con altri occhi e rendendo così finalmente giustizia a uno dei più bei – e attuali, purtroppo – romanzi di tutti i tempi.
Le rivoluzioni, dopo tutto, si fanno leggendo.
FONTI
Lolita – The story of a cover-girl: Vladimir Nabokov’s novel in art and design, John Bertram
Cover girl: The difficulty of portraying Lolita persists 60 years on, The Coversation
Lolita, Vladimir Nabokov, 1955