“Quello è un genio, un talento naturale!”, quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase? Probabilmente spesso e a volte potremmo anche essere stati noi a dire una cosa del genere. Più raro invece qualificare una persona come grintosa e perseverante. Perché?
Angela Duckworth, docente di psicologia all’università della Pennsylvania e ricercatrice prolifica, ha dedicato molte delle sue energie a studiare le caratteristiche delle persone che nel lungo periodo ottengono risultati importanti ed è giunta ad una conclusione: certo che la fortuna aiuta, certo che la predisposizione naturale serve, ma alla fine ciò che accomuna chi arriva a tagliare un traguardo importante è, in modo significativo, un elevato livello di grinta intesa come capacità di essere perseverante nello sforzo verso un obiettivo accettando fatica, situazioni di stallo e difficoltà. Le sue ricerche sono condensate e divulgate nel saggio Grinta – il potere della passione e della perseveranza.
Scoprire che il talento ha un peso relativo può essere fastidioso: di fatto, smontare il mito del genio ha come conseguenza quella di ammettere che le cose possono cambiare, che tutti e anche noi potremmo, con atteggiamenti diversi, alzare l’asticella dei nostri scopi e obiettivi. Accontentarsi può essere un vizio o una virtù in base alle circostanze: se è l’atteggiamento di chi pensa che le qualità o ce le hai o non ce le hai, allora è il vizio di chi non vuole mettersi in gioco.
Duckworth a un certo punto cita anche Nietzsche per chiarire questo concetto:
La nostra vanità, il nostro amor proprio alimenta il culto del genio. Poiché se pensiamo il genio come qualcosa di magico, non siamo costretti a confrontarci e ammettere la nostra insufficienza (…) Chiamare divino qualcuno equivale a dire ‘non c’è da mettersi in gara’.
Inoltre privilegiare la grinta è abbastanza contro-intuitivo, va contro cioè il senso comune che da più importanza al talento, ma tant’è: spesso la scienza mostra come le nostre opinioni siano fallaci. Smontare la cultura del genio e del talento non è facile, perché come tante altre convinzioni permea la società occidentale in profondità.
A questo riguardo, Duckworth cita nel suo libro degli esperimenti nei quali a un gruppo di musicisti professionisti venivano presentate le biografie immaginarie di due pianisti con una carriera equivalente, solo che uno veniva descritto come un talento, l’altro come un gran lavoratore. Ai partecipanti venivano poi fatte ascoltare due brevi registrazioni, attribuite ai due pianisti, ma che in realtà erano momenti diversi di un medesimo pezzo eseguito da un pianista soltanto. Quasi tutti, interrogati su quale musicista scritturare alla fine, indicarono quello definito come talento naturale. Non solo: un esperimento quasi analogo è stato fatto con professionisti in campo imprenditoriale e ha dato gli stessi risultati, a testimonianza di una credenza di fondo che non riguarda certo solo gli ambiti più artistici.
Se il talento naturale serve, l’impegno però conta il doppio, la teoria di Angela Duckworth l’ha portata infine a sintetizzare i suoi dati nel modo seguente:
talento x impegno = abilità
abilità x impegno = riuscita
Si veda come l’impegno, sinonimo di grinta e determinazione, sembri essere l’ingrediente psicologico decisivo per la riuscita (così come lo sono, lo riconosce la stessa autrice, fortuna e ambiente favorevole, ma lo scopo delle sue ricerche è mettere in risalto le variabili psicologiche del successo). Se a questo punto il lettore si sta chiedendo quanta grinta ha, può iniziare a farsi un’idea abbozzando una risposta alle seguenti domande liberamente tratte dalla Grit Scale di Angela Duckworth:
- Ti capita che idee e progetti nuovi ti distraggano da ciò che stai facendo?
- Ti succede spesso di avere uno scopo e poi perseguirne poi un altro?
- Hai difficoltà a completare progetti che durano più di qualche mese?
- I tuoi interessi cambiano ogni anno?
- Dopo che per un breve periodo sei stato preso da un’idea, perdi poi interesse?
- Ti arrendi difficilmente?
- Lavori sodo?
- Porti a termine quello che cominci?
- Sei diligente in ciò che fai?
- Hai superato grossi ostacoli rispetto a una qualche sfida?
Chi ha risposto prevalentemente no alle prime cinque domande e prevalentemente sì alle seconde cinque, ha un elevato livello di grinta. Ma se così non dovesse essere? Quanta della grinta che una persona può avere è ereditaria? Come spesso capita rispetto a domande del genere, l’ereditarietà è relativa, l’ambiente di crescita è molto importante e la grinta può essere aumentata (o diminuita) tanto dalla persona stessa quanto dagli stimoli che riceve nell’ambiente in cui si trova.
In che modo? Lo vedremo nella seconda parte del pezzo.
FONTI
Duckworth A. (2017), Grinta- Il potere della passione e della perseveranza, Firenze, Giunti