Ai Cantieri Navali di Venezia è in corso un evento collaterale della Biennale, “To Lose Your Heads (Idols)”, che va alla scoperta degli artisti catalani e del loro pensiero artistico. Basandosi sulla complicata esistenza delle sculture nelle aree pubbliche, il curatore Pedro Azara esplora le reazioni dei passanti.
To Lose Your Heads (Idols)
Dall’11 maggio al 24 novembre 2019 si tiene la 58esima Biennale di Venezia, tra le performance da non perdere vi è la collettiva a cura di Pedro Azara e Marcel Borrás. L’esibizione esplora la teoria della percezione dell’arte e documenta la vita delle statue collocate nei luoghi pubblici che hanno ricevuto reazioni fisiche, di passione, rifiuto e oltraggio.
Un mondo di immagini
Da secoli viviamo ogni giorno tra le immagini. Dalla Via Crucis alle sculture, dagli impressionisti ai cubisti, i nostri sentimenti sono sempre stati risvegliati da quadri, foto, statue.
Non potremmo mai immaginare le nostre vite scollegate dalla vastità di immagini che ci vengono sottoposte ogni giorno. Spendiamo tempo su Instagram e YouTube, ci indigniamo a suon di tasti che battono veloci su una tastiera, ma le emozioni non sono tutte virtuali. Anche ai giorni nostri, infatti, troviamo spesso notizie di cronaca che parlano di atti fisici che risvegliano gli animi, come il gesto contro la statua di Indro Montanelli.
Il progetto della comunità autonoma Catalana parla proprio di questo. L’Institut Ramon Llull, istituzione pubblica dedicata alla promozione della lingua e della cultura catalana all’estero, lo ha commissionato e prodotto per raccontare le teorie della modalità di ricezione e trasmissione dell’opera d’arte. L’esposizione si focalizza sulla potenza delle immagini come entità viventi, in grado di regalare felicità o portare all’esasperazione.
Non solo sculture
In merito a queste tematiche, si incoraggiano conversazioni e dibattiti e si cerca la partecipazione dei passanti durante le performance messe in atto nel capoluogo Veneto. Il progetto, infatti, non solo racconta la storia di alcune statue ideate originariamente per spazi pubblici e che hanno cambiato la portata del loro significato col tempo, caricate di ideali e simbologie, ma si compone anche di performance, video e libri d’artista.
L’archivio
La documentazione fotografica e gli articoli di giornale esposti sono l’archivio su cui si è basata la ricerca del curatore. È anche presente un libro nel quale sei artisti catalani riflettono sul potere delle immagini attraverso disegni, illustrazioni, saggi e poesie. Difatti, oltre a Borrá hanno collaborato al progetto Albert García-Alzórriz, Perejaume, Francesc Torres, David Bestué, Lúa Coderch, Lola Lasurt e Daniela Ortiz.
La performance
La performance “She appropriates in present”, interpretata dall’attrice Marta Aguilar, durante i giorni di vernissage ha avuto come teatro le strade del sestiere Castello. Sulla falsa riga della Donna Oggetto di Marina Abramovic, è stata messa in scena la relazione tra passanti e sculture. Il pubblico ha dovuto interagire con l’attrice come se fosse stata una statua, approcciandosi con vari oggetti come bombolette spray, lecca-lecca e molto altro. Questi oggetti sono stati poi esposti nella mostra, in una macchinetta automatica chiamata “E.Y.M: (a f*** vending machine)”, che si configura come scultura autonoma.
Durante la relazione scultura umana-passante non sono mancati atti di emulazione di devozione o di protesta. Le stesse scene di vita reale dipinte dalla cronaca mondiale, come davanti a statue di calciatori, artisti, scrittori o politici. Come nel caso della Abramovic, le persone si sono trovate spiazzate di fronte alla performance e alle richieste del regista Marcel Borrás e hanno partecipato con incredulità e interesse. Lo spettacolo inscenato tra le vie della città è stato il preludio all’apertura della mostra stessa, il quale si è tenuto l’8 maggio 2019.
Suscita sempre grande interesse una persona alla mercé del prossimo, soprattutto quando non ha la possibilità di ribellarsi. Forse, uno dei messaggi dell’artista, è che non sia tanto la statua o la persona in se’ a istigare i nostri più reconditi pensieri, ma ciò che essa rappresenta. Indro Montanelli rappresentava lo sfruttamento sessuale delle schiave bambine, la statua di Amy Winehouse a Londra è il simbolo della musica black e del talento spezzato dalla vita sregolata. Ci si immedesima o ci si indigna, ma non si può mai rimanere indifferenti davanti a un concetto.
È possibile visitare la mostra fino al 24 novembre, vi consigliamo di andare a vedere il padiglione Catalano per vivere in prima persona quanto vi abbiamo appena raccontato, sicuri che non ve ne pentirete.
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