Si diceva che la bellezza avrebbe salvato il mondo. Che la musica sia in grado di farlo lo si sussurra appena, perché le parole senza i fatti non durano a lungo, tanto più le parole messe in musica. Eppure, nell’era di Greta Thunberg, dei Fridays for Future e del riscaldamento globale, cantare di sostenibilità ambientale può essere un punto di partenza non solo significativo, ma quasi necessario.
Concerti eco-friendly, palcoscenici alimentati a pedali. Di modi per essere sostenibili ce ne sono per fortuna molti, sempre più in voga. Per esempio, la band di Bon Jovi a Buenos Aires ha utilizzato biocombustibile per alimentare il concerto; mentre Simone Cristicchi per piazza Farnese nel 2013 ha scelto ventisette pannelli fotovoltaici.
Il nostro viaggio musicale verso la sostenibilità parte però dai testi. Quando la musica si tinge di verde? Ecco qualche tappa.
Bob Dylan, A Hard Rain’s A-Gonna Fall
Scritta nell’estate del 1962, al tempo della crisi missilistica di Cuba, la nota canzone di Bob Dylan si è prestata a una miriade di interpretazioni. Si accenna a una dura pioggia, che potrebbe essere quella delle scorie radioattive, ma anche una pioggia acida. Il cantautore ha più volte ricordato come non c’è, in verità, un referente preciso, se non la paura diffusa. È in effetti una canzone di denuncia e terrore, dai toni apocalittici.
I’ve stepped in the middle of seven sad forests,
I’ve been out in front of a dozen dead oceans,
I’ve been ten thousand miles in the mouth of a graveyard,
And it’s a hard, and it’s a hard, it’s a hard, and it’s a hard,
And it’s a hard rain’s a-gonna fall.
Certo è che le pillole di veleno straripanti dalle acque non possono non richiamare in qualche modo l’attualità e i problemi ambientali. La minaccia di un oceano avvelenato e di un uomo, che dal 1962 al 2019, si è reso alla terra sempre più nemico.
Joni Mitchell, Big Yellow Taxi
They paved paradise
and put up a parking lot
They took all the trees
put ‘em in a tree museum
and they charged the people
a dollar and a half just to see ‘em.
Di fronte all’oceano un parcheggio, dove c’era l’erba un palazzo. Quanto ci ricorda il nostro Celentano, con la celebre Il ragazzo della via Gluck?
Marvin Gaye, Mercy Mercy Me (The Ecology)
Il ritmo soul di Marvin Gaye non cancella la drammaticità del testo che l’artista scrisse nel 1971. Mercy Mercy Me è una preghiera disperata, un appello alla pietà di Dio. Gaye elenca l’inquinamento, le radiazioni, il petrolio, come malattie che infliggono la terra: malattie terminali.
Quarant’anni dopo, la speranza è che alla pietà di Dio si affianchi quella dell’uomo. È un forte appello alla sostenibilità e alla consapevolezza.
What about this overcrowded land
How much more abuse from man can she stand?
Michael Jackson, Earth Song
Più volte schierato socialmente, Michael Jackson lancia nel 1995 la celebre Earth Song, a lungo numero uno in classifica e disco d’oro. La genesi della ballad viene descritta così dal musicista:
Questa è la canzone della Terra, perché penso che la natura stia cercando a fatica di compensare la cattiva gestione della Terra da parte dell’uomo. E con lo squilibrio ecologico in corso, e molti dei problemi ambientali, penso che la Terra senta il dolore, e che abbia delle ferite, e parla anche di alcune delle gioie del pianeta. Ma questa è la mia occasione per far sì che la gente ascolti la voce del pianeta.
Il videoclip del brano è un montaggio di immagini di deforestazione, assassini, povertà e danni ambientali. Popolazioni di etnie diverse soffrono per la guerra o per la distruzione del loro ecosistema, mentre Michael Jackson cammina tra le fiamme. Madre Terra però sa sconfiggere la desolazione. Mentre soffia un vento rinnovatore, rinascono alberi e animali.
Quello che l’artista rivela è un messaggio di vita. Chissà che non ci si limiti alla sopravvivenza.
Thom Yorke, Hands Off the Antarctic
Salvare il pianeta, nel mondo musicale, non è naturalmente solo cantare la sostenibilità, ma anche fare sostenibilità. Thom Yorke, leader dei Radiohead, pubblica nell’ottobre 2018 Hands Off the Antarctic, a sostegno della campagna #ProtectAntarctic di Greenpeace.
L’obiettivo della Onlus è infatti quello di trasformare l’Oceano Antartico in un’area protetta tra le più vaste al mondo, proteggendo così la fauna locale dall’inquinamento e dalla pesca industriale, che intacca oggi anche le aree che dovrebbero restare selvagge. Giù le mani dall’Antartico.
Coldplay, Up&Up
Brano conclusivo di A Head Full of Dreams, settimo album dei Coldplay, Up&Up è anche la degna traccia finale della nostra breve playlist eco-sostenibile.
Il video, realizzato da due registi israeliani, è onirico, una vera e propria opera d’arte di matrice surrealista. I membri della band si aggirano come giganti in un mondo di gulliveriana memoria, mentre fiori crescono sui grattacieli, aquile volano sott’acqua e i vulcani eruttano pop corn. I riferimenti ai disastri ambientali sono molti: ci sono trivelle e petroliere, uomini che stirano neve e causano valanghe, aspirapolvere che spazzano savane.
Siamo un popolo di distruttori, ma anche di creativi. Possiamo lanciare plastica nei fiumi, ma anche volare tra le stelle. Una bambina dondola su un’altalena che poggia sulla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, da cui arrivano ogni giorno immagini straordinarie della Terra.
Sostenibilità è fare in modo che di queste immagini ne possano arrivare ancora.
Fixing up a car to drive in it again
when you’re in pain
when you think you’ve had enough
don’t ever give up
don’t ever give up.