Quando la perdita è inevitabile: La proibizione, di Valentina Durante

Posso salvare mio figlio.
Non lo farò.
Lui morirà.
Io no.
Io sarò felice
.

Così ha inizio La Proibizione, primo romanzo di Valentina Durante e fresco di stampa per Laurana Editore. Quella che a prima vista, almeno a giudicare dalla quarta di copertina, può apparire una storia fantasy, si rivela un dramma morale ed esistenziale con radici profonde nel quotidiano, nella vita di ognuno di noi. L’elemento fantastico costituisce in questo senso quasi un pretesto narrativo, la necessaria clausola affinché la storia cominci e le sostanze interiori dei personaggi prendano forma. Un romanzo che, nonostante la scrittura e lingua ossessivamente controllate, trattiene in sé una lacerazione mai guarita, quella prodotta dall’amore e, di conseguenza, dalla perdita.

Leni, la protagonista, custodisce un misterioso potere curativo, lo stesso che, poco dopo la sua nascita, ha spinto sua madre a lasciarla alle cure della zia Eleonora. Infatti, la caratteristica costitutiva di questo straordinario potere è il prezzo che deve essere pagato per la sua esecuzione:

Posso guarire le persone che amo. […] Quando guarisco qualcuno, lo perdo. Qualunque sia il male, la sua cura si trasforma nel mio male: io perdo l’affetto della persona che amo e che, proprio grazie a questo amore, ho potuto guarire. Vengo dimenticata. Disprezzata. La mia sola vicinanza produce, in chi da me è stato curato, una incontenibile repulsione. L’unico compenso possibile, per me, è dunque l’abbandono: devo allontanarmi da chi ho guarito. Restare significherebbe convivere con il disgusto della persona che amo, disgusto che, essendosi generato come reazione naturale all’amore che provo, essendo di questo amore un inevitabile sottoprodotto, non ha alcun rimedio. Non posso riavere la persona che amo. Posso solo dimenticare. Provarci.

la proibizione

È per questa ragione che Leni viene esortata dalla zia a non amare, in modo da non essere mai costretta a esercitare il suo potere, trovandosi così, in questa privazione – e proibizione -, completamente alla mercé della smania di dominio che zia Eleonora esercita su tutto quanto la circonda: oggetti, piante, animali e persone vengono costantemente prevaricati, umiliati dalla sua cura quanto dalla sua indifferenza. Il rapporto tra le due donne è infatti una guerra logorante e sottile, che giunge all’estremo quando Leni rimane incinta di un bambino, a seguito di uno dei tanti incontri occasionali che si concede per evadere dalla soffocante solitudine della casa in cui le due donne vivono.

Daniele è un bambino che Leni desidera e che ama visceralmente; eppure, al tempo stesso, la donna non può concedersi quell’amore, perché l’ombra della perdita è costantemente presente. L’unico modo per proteggersi, dunque, è quello di stabilire tra sé e il piccolo una distanza, impostare un rapporto di affetto sulla lontananza, su una presenza discosta che non può oltrepassare la proibizione che si è autoimposta. L’esercizio di questo amore distaccato, però, produce una somministrazione graduale ma continua di sofferenza e di angoscia, soprattutto dal momento che il bambino viene lasciato in balìa delle attenzioni morbose di zia Eleonora.

Solo quando Daniele ormai è un giovane adulto, i due riescono a stabilire un rapporto di vicinanza. Ed è proprio quando il loro legame sembra essersi fatto più forte, quando ormai la svolta sembra imminente, che l’espediente narrativo ritorna nella sua spietata intransigenza. Leni viene messa di fronte alla scelta impossibile, quella che ha temuto per tutta la vita, con la consapevolezza che, qualunque sarà la strada che deciderà di intraprendere, il risultato sarà sempre uno solo, e cioè quello della perdita.

Nel romanzo si lascia intendere che ogni tipo di rapporto amoroso la implichi, che anzi sia la perdita a definire, retroattivamente, la potenza e il significato dell’amore da cui scaturisce. All’abbandono, subìto o attuato, è inoltre correlata un’altra importante caratteristica: quella di essere il prodotto della vulnerabilità di uno dei soggetti coinvolti. Il potere di Leni, infatti, deriva dall’amore e ne è la più grande prova; è quella esternazione di amore a produrre negli altri il disprezzo e il disgusto. Sembra quasi che sia impossibile rivelarsi agli altri senza esserne abbandonati. Senza finire prigionieri della casa di zia Eleonora, fredda e crudele, il cui vuoto affetto è innervato unicamente dalla volontà di possedere, dal potere di umiliare e ferire.

la proibizione
Valentina Durante

C’è un’ultima domanda, però, che rimane in sospeso. È una domanda che Leni continua a porsi in tutto il romanzo e che, dopo la sua conclusione, lascia in eredità al lettore in tutta la sua spiazzante crudeltà, ed è forse il tema centrale, quello su cui si impernia tutta la delicatissima struttura del romanzo: è più tollerabile perdere senza possibilità di rimedio una persona o l’amore di quella persona? La protagonista Leni sembra raccogliere le forze necessarie per fare la sua scelta, ma non ci sono risposte fisse e assolute. E nonostante l’elemento fantastico che pone in maniera così diretta questo dilemma, in realtà il problema riguarda tutti da vicino, perché la perdita non è sempre uguale a se stessa, e per quanto inevitabile le nostre scelte possono plasmarla e darle un significato differente.

La storia de La proibizione, il dilemma profondamente drammatico e altrettanto morale che contiene, è veicolata da una lingua limpidissima e affilata e da uno stile frutto evidente di più elaborazioni e di uno strenuo labor limae. La voce narrativa di Valentina Durante è seducente nella scelta lessicale e nella costruzione dei periodi: ora si fa lirica, ora allucinata, ma mai scontata o prosaica. È forse questo l’aspetto più pregevole di questo romanzo, e certamente quello che più stupisce, trattandosi di un’opera prima. Durante presenta uno stile già maturo, una voce propria netta e definita, che sicuramente ha giovato della sua esperienza professionale come copywriter, ma che in realtà sviluppa molto di più: un discorso esistenziale e poetico di altissimo livello che, come giustamente afferma Giulio Mozzi, «si candida a un posto di tutto rispetto nel panorama della letteratura italiana del nostro tempo».

 


FONTI

V. Durante, La proibizione, Laurana Editore, 2019

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