È il 2015 quando 193 paesi, nel nome dell’Organizzazione delle Nazioni Unite firmano l’Agenda 2030. Testo essenziale per comprendere al meglio gli sviluppi e gli obiettivi che i governi sono intenzionati a raggiungere, per attuare un vero e proprio sviluppo sostenibile. Sviluppo che, secondo quanto affermato nel 1987 da Gro Harlem, in seno alla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, è definibile come:
Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali.
Gli ambiti sono molteplici:
- Ambientale: la capacità di mantenere la possibilità di riprodurre le risorse naturali;
- Economico: la possibilità di generare un reddito all’interno di una popolazione;
- Sociale: la capacità di garantire condizioni di benessere umano.
Da tempo si parla di sostenibilità ambientale ed economica, ma da poco si discute su cosa sia la sostenibilità culturale.
Un concetto che nasce proprio con Agenda 2030, emerso come nuova categoria in relazione con il patrimonio e le comunità. Decenni addietro si pensava che la cultura fosse un lusso. Ma in questi ultimi anni accedere al patrimonio culturale, di cui tutti noi siamo ereditari, è fondamentale. Un processo iniziato nel 2005 tramite la Convenzione di Faro, che si è rafforzato con la Dichiarazione di Hangzhou, la quale ha posto al centro dello sviluppo sostenibile la valorizzazione del patrimonio culturale. Atti che in fin dei conti auspicano alla piena attuazione dell’articolo 27 comma 1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, che recita:
“Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici”.
Nasce quindi un nuovo modo di concepire la cultura, come il motore che conduce allo sviluppo. Ha il potere di creare occupazione, di riqualificare e offrire spazi. In Europa 2020 diventa il primo passo verso una «crescita intelligente, sostenibile e inclusiva». Non stupisce perciò il crescente coinvolgimento di organizzazioni del Terzo Settore, che seppur private, hanno agito nel bene comune, precisamente per la valorizzazione di ciò che ha più da offrire il territorio. Sono proprio le organizzazioni culturali a condividere la missione dell’Agenda 2030, indirizzandosi verso uno sviluppo che venga generato dalla cultura, quindi sostenibile – perché è orientato al lungo periodo e alle generazioni future. Lo sviluppo sostenibile fa parte della missione di chi opera nella cultura, insito in tutti gli enti del settore.
Una tra le cooperative che negli ultimi anni ha sviluppato l’idea di patrimonio culturale come fattore di integrazione sociale e ha promosso una gestione partecipata, valorizzando il territorio è CoopCulture.
È l’inizio verso un nuovo modo di approcciarsi con la società, con il prossimo, e con il proprio patrimonio culturale.