What is the cost of lies?
Il prezzo delle menzogne è il tema centrale che percorre i cinque episodi di Chernobyl, la miniserie HBO basata sugli eventi del disastro nucleare costato la vita a migliaia di persone. È un interrogativo assillante che perseguita i protagonisti fin dalla prima scena e torna continuamente a far sentire la sua presenza nell’inesorabile dispiegamento di bugie, silenzi, e incompetenze che condussero alla catastrofe.
26 Aprile 1986, ore 1.23: una colonna di luce ionizzata squarcia il cielo sopra Pryp’jať e incendia la notte. A pochi chilometri di distanza, presso la centrale nucleare di Chernobyl, il reattore numero 4 è esploso. Nessuno ancora lo sa, ma è l’inizio della fine. All’interno della centrale regna il caos più assoluto: allarmi impazziti, tubature rotte, polvere e calcinacci ovunque. Nella sala di controllo però, il capo ingegnere Dyatlov, responsabile del test di sicurezza in corso quella notte e colpevole di una serie interminabile di mancanze e negligenze, rassicura gli uomini: è fisicamente impossibile che un nocciolo RBMK esploda. Mente.
Da questo momento prende avvio una storia che si muove in due direzioni opposte. La prima risale la catena di comando degli errori e delle menzogne, delle riunioni in bunker segreti e delle sedute nelle camere del potere. Parte dal cuore del disastro, dalla centrale e da Dyatlov per arrivare, attraverso funzionari, dirigenti e politici, fino alle fondamenta stesse del regime comunista Sovietico, complesso apparato burocrate e statale che dietro l’illusione di potenza cela la propria intrinseca fragilità. Chernobyl getta luce sul funzionamento disumanizzato dell’URSS: un sistema basato su finzioni e apparenze, censure e insabbiamenti, su un simulacro di potere che non può essere scalfito dall’ammissione del disastro, anche a costo di immani sacrifici.
Il secondo filone racconta invece la disperata corsa contro il tempo nei giorni e nelle settimane successive per scongiurare conseguenze ancora peggiori. La posta in gioca è altissima: un cataclisma nucleare che rischia di propagarsi su mezza Europa sterminando milioni di persone. A fronteggiare il pericolo viene chiamato Valery Legasov, chimico e scienziato di fama interpretato da un eccelso Jared Harris; inizialmente inascoltato, troverà dei validi alleati in Boris Shcherbina (Stellan Skarsgård), vicepresidente del Consiglio dei ministri incaricato di supervisionare la gestione del disastro, e in Ulana Khomyuk (Emily Watson), personaggio fittizio creato per la serie come omaggio alla squadra di fisici e ingegneri che collaborarono con Legasov nei mesi successivi all’incidente; il suo aiuto sarà fondamentale per evitare un’ulteriore catastrofe e per ricostruire minuto per minuto la successione degli eventi che condussero all’esplosione.
Chernobyl è una serie cruda e angosciante che non esita a mostrare gli atroci effetti delle radiazioni. Puntata dopo puntata penetra la pelle, si immerge nella carne, si fa decadimento, corruzione, disfacimento. È una galleria degli orrori che schiacciano lo spettatore perché reali, non frutto di qualche fantasia da film horror. Infiammazioni ed eritemi, corpi piagati consumati dall’interno, cellule impazzite, tumori e metastasi. Non c’è niente di esoterico o soprannaturale nelle vittime ridotte a creature ormai irriconoscibili; nessuna arcana maledizione nel vento spettrale che soffia particelle mefitiche su ignari innocenti, se non quella scagliata dall’uomo contro sé stesso.
A pagarne le conseguenze sono le persone comuni; migliaia di individui coinvolti in quei drammatici e fatali momenti di cui Chernobyl racconta la storia corale. Attorno al centro magnetico rappresentato dalla centrale, presenza cupa e opprimente stagliata contro un cielo tetro di nubi radioattive, si tessono allora le trame di tante vite improvvisamente sconvolte: i vigili del fuoco accorsi in soccorso ignari del pericolo reale; i medici e le infermiere pronti a rischiare la propria vita per prendersi cura dei feriti; i sommozzatori e i minatori volontari in missioni suicide – tutti accomunati dalla totale abnegazione di sé, disposti al sacrificio personale pur di salvare gli altri. Dinnanzi a un evento epocale, al terrificante dispiegamento delle forze della natura, si riscoprono gli eroi di tutti i giorni, la dimensione umana nella sua forma più pura.
Con perfetta struttura circolare, l’ultima puntata torna al principio, anzi a prima dell’inizio, e al tema fondamentale del rapporto tra menzogna e verità, una questione tutt’oggi irrisolta se si considera che in Russia già si pensa a una contro-serie tv che racconti una versione diversa della storia, secondo cui il disastro sarebbe stato provocato da un agente della CIA infiltratosi all’interno della centrale.
Sfugge, forse, che a conti fatti Chernobyl non vuole essere un atto d’accusa al regime Comunista o una campagna contro l’energia nucleare, quanto piuttosto un’intima riflessione sulla condizione umana, che nel farsi particolare diventa universale. Il prezzo delle bugie è quello con cui si deve confrontare ogni singolo individuo, è il dubbio che attanaglia Legasov e, con lui, tutti noi. Mentire è atto a volte inevitabile, ma inevitabili sono anche le sue conseguenze: arriva sempre il momento di prendere una decisione, di pesare sulla bilancia della coscienza verità e menzogna e fare una scelta.
Sembra paradossale, per una storia così cupa, trovare alla fine un timido germoglio di speranza. Eppure proprio questo avviene, anche se a costo di sacrifici tremendi: necessari, purtroppo, per ripagare il debito accumulato nei confronti della verità.
Every lie we tell incurs a debt to the truth. Sooner or later that debt is paid.
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