Un esempio di disobbedienza civile: Manal al-Sharif alla guida del proprio destino

Uno dei traguardi più agognati dagli adolescenti è l’ottenimento della patente. È incredibile come un pezzettino di plastica, apparentemente insignificante, possa al tempo stesso rappresentare indipendenza, libertà e un passo verso l’età adulta. Non è così per le donne saudite: per loro la patente non è solo questo, ma molto di più. Sembra incredibile, ma l’Arabia Saudita ha abolito il divieto di rilasciare patenti alle donne soltanto il 24 giugno 2018. In seguito a questa legge, non esiste più nessuno stato al mondo in cui sia illegale per una ragazza guidare. La strada per raggiungere questo obiettivo è stata lunga e tortuosa, ma grazie alla tenacia delle attiviste è stato possibile.

Le prime proteste risalgono già ai primi anni Novanta. In particolare, la data che passò alla storia è il 6 novembre 1990. In questo giorno 47 donne, supportate da fratelli e mariti, organizzarono un corteo di 14 auto e sfilarono per le strade della capitale Riyadh. Purtroppo, il corteo venne interrotto circa mezz’ora dopo dalla Mutaween, un corpo di forze dell’ordine saudite il cui compito è far rispettare la legge islamica. Prevedendo l’intervento della polizia, le donne si erano premurate di evitare comportamenti che sarebbero potuti essere percepiti come anti-islamici. Nonostante ciò, gli uomini che avevano accompagnato le loro compagne e sorelle vennero portati in caserma e venne fatto firmare loro un modulo che sosteneva il divieto di guida per le donne. Le protestanti invece vennero arrestate e rilasciate dopo un giorno. Ciò ebbe conseguenze gravi, come la confisca del passaporto e il licenziamento.

In tempi più recenti, la figura di spicco di questa battaglia è quella di Manal al-Sharif. Nel 2011, insieme ad altre donne impegnate nella stessa causa, lanciò una campagna  su Facebook chiamata Women2Drive. L’obiettivo di questo progetto era quello di svegliare le coscienze di tutte le ragazze saudite spronandole a violare la legge facendo un atto tanto banale ma rivoluzionario in quel contesto: guidare. La speranza dietro questa campagna era quella di fare pressione sull’allora monarca Abd Allah, spingendolo ad abrogare il divieto di guida alle donne.

Manal al-Sharif divenne un volto noto anche per i media occidentali quando, nel maggio dello stesso anno, cominciò a circolare sul web un suo video alla guida per la città di Khobar. Il filmato il divenne immediatamente virale totalizzando oltre un milione di visualizzazioni anche oltre i confini dell’Arabia Saudita. Ciò causò non pochi problemi all’attivista, che venne subito arrestata il 21 maggio dalla polizia religiosa, per essere poi rilasciata dopo soltanto 6 ore.

Per Manal però ci furono ulteriori intoppi quando venne nuovamente arrestata il giorno dopo la sua liberazione. Molte organizzazioni internazionali, come ad esempio Amnesty International, intervennero a favore dell’attivista, spingendo affinché venisse rilasciata. Inizialmente la condanna per al-Sharif sarebbe dovuta essere più lunga, ma le venne concessa la libertà condizionata. Alcuni dei divieti le furono imposti per mantenere il suo status di libertà vigilata, come quello di non parlare con i media e, ovviamente, di non guidare. I problemi per la donna non finirono con la scarcerazione: in seguito ai fatti di maggio fu obbligata a lasciare il suo lavoro.

Ciò non fermò al-Sharif dal far valere la sua voce. Le sue campagne continuarono anche quando si trasferì in Australia, dove tutt’ora vive. Nel corso degli anni si fece portavoce di altre cause che la riguardavano direttamente in quanto donna. Nel 2012 si oppose pubblicamente a un’iniziativa del governo saudita che prevedeva l’invio di un SMS automatico ad ogni uomo qualora le mogli lasciassero il Paese. Infatti, secondo le leggi della sharia, i mariti o qualsiasi altra figura maschile di riferimento sono i guardiani legali della donna, che deve chiedere il permesso per ogni minima azione. La stessa Manal dovette chiedere l’autorizzazione al padre per potersi iscrivere all’università, dove conseguì la laurea in informatica.

Fortunatamente, l’impegno  e i sacrifici di al-Sharif (e di moltissime altre donne) non sono stati vani. Il 24 giugno del 2018 è stato eliminato il divieto di guida. Così facendo, non esiste più nessuno stato al mondo dove sia in vigore una legge del genere. Alcune patenti erano state addirittura rilasciate prima del fatidico giorno, indice di uno spiraglio di apertura da parte del principe Mohammed Bin Salman.

Al convegno del 2019 Women in the World, Manal ha spiegato l’importanza del traguardo raggiunto. La donna infatti dice che:

La chiave del cambiamento nel mio paese per le attiviste era la chiave per guidare le nostre auto. Questo perché la questione non si limitava soltanto a guidare un’automobile, ma a guidare il nostro destino.

 

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