La scuola del futuro si fonda sull’educazione digitale

Con l’espressione nativo digitale si identifica una persona che è cresciuta con il supporto delle nuove tecnologie come computer, Internet, telefoni cellulari e così via. Tendenzialmente questo termine si utilizza per riferirsi principalmente alle nuove generazioni, proprio perché i giovani non hanno avuto alcuna difficoltà a imparare l’uso della tecnologia, avendola utilizzata sin da piccolissimi. Di contro, esiste anche l’espressione di immigrati digitali: essa identifica le persone che hanno avuto grandi difficoltà, o che addirittura non riescono ad impadronirsi dei sistemi base per utilizzare le nuove tecnologie, poiché già adulti durante la loro diffusione.

Inutile evidenziare come i bambini ed i ragazzi di oggi vivano costantemente circondati dai supporti tecnologici, e come questi abbiano cambiato totalmente il loro modo di approcciarsi ai vari aspetti della vita, tra i quali anche il più importante per la loro crescita: l’educazione.  Sempre più spesso oggi si sente parlare di quanto sia importante l’educazione civica digitale nelle scuole: è necessario non solo dare ai bambini gli strumenti necessari per utilizzare i supporti elettronici, ma anche la capacità di servirsene in maniera critica e consapevole, onde evitare fenomeni spiacevoli come ad esempio il cyberbullismo, tristemente diffuso soprattutto tra i giovanissimi.

E’ notizia recente che la compagnia assicurativa Generali Italia abbia presentato sul mercato un nuovo sistema di polizze assicurative incentrato sulla prevenzione per monitorare e combattere i comportamenti violenti in Rete: segno che in Italia, come in Europa e nel resto del Mondo, tale fenomeno (che si estrinseca in comportamenti altamente diseducativi quali il furto, la diffusione di dati personali, lo stalking online, la diffamazione sui social network e persino la porno-vendetta,  cosiddetta “revenge porn”) desti molta preoccupazione.
Le scuole del nostro Paese attualmente non sono in grado di fronteggiare queste minacce e di garantire, quindi, un’offerta formativa che aiuti i giovani studenti nella loro crescita tecnologica, sia perché non sono dotate di personale sufficientemente specializzato in questo senso, sia perché non dispongono di supporti didattici multimediali. Le conseguenze di questa “mancanza” sono da un lato il digital divide, ovvero il divario tra i ragazzi che hanno effettivo accesso agli strumenti tecnologici e tra coloro che ne sono esclusi, dall’altro lo scarso interesse che i ragazzi mostrano nei confronti dei vecchi sistemi scolastici, a volte troppo obsoleti per loro.

A questo proposito il MIUR (Ministero per l’Istruzione, Università e Ricerca) sta cercando, ormai da anni, di creare progetti per l’introduzione delle tecnologie in classe. Ad esempio il Piano Nazionale Scuola Digitale è uno dei pilastri de La Buona Scuola (legge 107/2015): al centro di questo disegno di legge vi sono l’innovazione del sistema scolastico dal punto di vista dell’educazione digitale. Uno dei cambiamenti sostanziali apportati nelle scuole negli ultimi anni è la diffusione nazionale delle LIM (Lavagne Interattive Multimediali), una superficie interattiva su cui gli insegnanti e gli alunni, oltre a scrivere, possono allegare immagini, visualizzare testi e riprodurre video, consentendo quindi un utilizzo a 360°. Inoltre, secondo insegnanti ed esperti del settore, l’utilizzo di questo strumento si è rivelato positivo per gli studenti e a oggi quasi il 90% delle scuole pubbliche possiede le LIM. Un altro progetto caldeggiato dal MIUR è l’iniziativa Cl@ssi 2.0, partita dall’anno scolastico 2009/2010 in 156 classi di Scuola Secondaria di primo grado. Si tratta sostanzialmente della possibilità di poter utilizzare strumenti tecnologici (oltre alle LIM sono presenti anche computer e tablet nelle aule) dotati di connessione ad Internet. C’è,infine il percorso iTEC, ovvero una piattaforma online che consente a dirigenti scolastici, insegnanti ed educatori di imparare a utilizzare le nuove tecnologie. Alcuni esempi del progetto iTec sono “Tell a Story”, ovvero la possibilità di creare dei video biografie di personaggi famosi da parte dell’Istituto comprensivo di Cadeo, o i “Book trailers“, ovvero le video-recensioni fatte dagli alunni del liceo Chris Cappell di Anzio. 

Lo scopo del sistema scolastico italiano, dunque, è quello di creare una “scuola del futuro” in cui i giovani non solo siano in grado di imparare ad appropriarsi correttamente delle nuove tecnologie, ma possano anche imparare divertendosi. È fondamentale che la scuola italiana continui così, al fine di rendere gli studenti cittadini attivi ma soprattutto in grado di essere competitivi in una società ormai totalmente tecnologizzata.

CREDITS:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.