“Alle persone che dicono di andare ha casa, io non aprirei loro manco la porta” questa è una delle tantissime frasi riportate sulle vignette – o memes– che tutti noi amiamo condividere sui social network. Tutti ridiamo quando su internet riscontriamo errori linguistici banali, che sono indice di una scarsa cultura e dimestichezza con la propria lingua madre. Non tutti amano leggere né approfondire la storia e la grammatica dell’italiano, ma è anche vero che è necessario saper adoperare senza troppa fatica gli strumenti minimi linguistici poiché indispensabili per comunicare con gli altri e socializzare. Altrettanto necessari sono anche gli strumenti tecnologici e digitali che non sono utilizzati dagli italiani con la frequenza che noi ci immagineremmo.
Di cosa si tratta?
E’ necessario attuare una premessa e distinguere tra analfabetismo informatico, ovvero la totale incapacità di utilizzare qualsiasi dispositivo digitale, e l’analfabetismo digitale.
Si tratta -così dimostra l’ultima indagine Instat Noi-Italia– dell’incapacità di utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie di informazione e comunicazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione, per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite internet.
E’ un problema molto frequente in Italia di cui si parla tanto, ma verso il quale non si è ancora attuata una vera politica risolutiva, incrementando involontariamente sempre di più questo terribile fenomeno. Le poche indagini svolte in merito sono chiare e non poco allarmanti: in Italia solo il 21% della popolazione è alfabetizzata digitale. Sotto di noi ci sono solo la Cina e la Turchia. Secondo le ultime statistiche è possibile distinguere la popolazione dai 6 ai 75 anni in quattro livelli differenti di competenza digitale:
- chi non ha mai utilizzato internet (analfabeta digitale totale) corrispondente al 37% della popolazione.
- chi non ne fa uso da almeno tre mesi, ovvero circa il 13%.
- chi ne ha fatto uso negli ultimi 3 mesi ma non è in grado di utilizzare i servizi più comuni su internet avendo, dunque, solo una conoscenza passiva dello stesso. Circa il 24% della popolazione può dirsi compresa in questa classe formata perciò da analfabeti digitali funzionali.
- chi utilizza internet anche nei servizi più comuni avendone una competenza attiva, ovvero circa il 26%.
Ovviamente i giovanissimi sono coloro che alzano la media nazionale: infatti già a 15 anni potrebbero vantare una buona competenza nell’utilizzo dei dispositivi digitali e in particolar modo del computer, strumento tecnologico che sta divenendo sempre più centrale nel metodo di apprendimento degli studenti. Tuttavia, in questo caso, il merito spetta quasi esclusivamente agli stessi ragazzi che devono adoperarsi a studiare il mondo informatico e digitale da autodidatti, dal momento che moltissimi professori non hanno un buon rapporto con tutto ciò che concerne la tecnologia. A volte il vecchio metodo all’antica basato sullo studio sul libro si rivela il migliore, ma è anche vero che nel 2019 i dispositivi digitali sono diventati indispensabili per svolgere anche le mansioni più tradizionali.
In un Paese in cui -è triste ammetterlo- il lavoro scarseggia è necessario altresì vedere internet non come una difficoltà nel nostro modus operandi, ma come una possibilità in più di business online e lavoro freelance. L’analfabetismo digitale ha anche delle ricadute non di poco conto sulla nostra economia: moltissime aziende e multinazionali italiane presentano alcune problematiche inerenti il mondo informatico e della comunicazione digitale poiché il 68% dei lavoratori dichiara di possedere competenze digitali inferiori. Proprio a causa di queste dinamiche il digital economy and society index, che misura lo sviluppo dell’imprenditoria italiana digitale e l’utilizzo da internet da parte del capitale umano veda l’Italia solamente al 25simo posto in Europa.
Quali sono le principali cause?
Dalla rivelazione Eurostat del 2013 è ben evidente come le principali ragioni per il non utilizzo di internet siano la mancanza di competenze digitali, i costi dei principali dispositivi tecnologici, la mancanza di interesse e motivazione.
Secondo Alfonso Molina, ricercatore e docente di Strategie delle Tecnologie dell’Università di Edimburgo la principale causa di tale fenomeno è la mancanza di leadership.
“Per mancanza di leadership –spiega il Professore– intendiamo la leadership dei governi che non hanno avviato politiche di sistema per l’analfabetismo digitale, non hanno dato una visione strategica, una direzione di intervento. La leadership dell’industria, che ha determinato una scarsità di investimenti sulle infrastrutture e sui servizi disponibili sulla rete ed infine la leadership del sistema educativo, per cui l’educazione non è una priorità come negli altri Paesi e manca quella cultura diffusa e indispensabile al giorno d’oggi.”
Una situazione del genere ha bisogno di soluzioni che coprano la totalità delle cause di questa problematica, ma soprattutto è fondamentale che venga stimolata la popolazione ad essere proattiva e invogliata ad approfondire la questione. E’ chiaro che fino ad oggi c’è stato un importante disinteresse, specialmente politico, ma ora, con questi dati alla mano, è importante che diventi una priorità del paese. Ricordiamo che, ad esempio, uno dei problemi principali che si riscontrano su internet sono le fake news, che pilotano l’opinione pubblica plagiandola e facendo credere cose assolutamente non vere; l’unico modo per combattere questa battaglia contro la disinformazione è l’istruzione a tutti i livelli.