10 gennaio, Cagliari: arrestato un ragazzo di 28 anni che chiedeva foto pornografiche a ragazzini. I poliziotti hanno trovato foto e video (spesso videochat) pedopornografici nella memoria del computer e del telefono. Sarebbero almeno tre i minori adescati dal giovane. Le mamme di due dei tre bambini di 10 anni avevano notato che i figli comunicavano con il pedofilo inviandogli foto delle loro parti intime tramite WhatsApp. Un terzo minore adescato avrebbe ricevuto, in cambio di foto, il videogioco “Skin Fornite”.
24 maggio, Andria: arrestato un 22enne accusato di adescamento, corruzione di minorenni e iterate violenze sessuali. Attraverso il cellulare chiedeva fotografie, video e videochiamate dal contenuto pornografico, con proposte di appuntamenti. Gli incontri sono proseguiti per tre anni, fino a quando i genitori di un bambino undicenne hanno presentato la denuncia, avendo notato che riceveva numerosi messaggi sul cellulare, anche di notte. Sono giunte altre denunce dalla famiglia di un minore poco più grande. Il ragazzo si recava nei luoghi più frequentati dai ragazzi per poi adescarli, spesso con minacce.
Cos’hanno in comune questi due fatti di cronaca?
Si tratta in entrambi i casi di Grooming. La definizione della parola è riportata tra i neologismi di Treccani, con una prima attestazione nel 2012:
Grooming, adescamento sessuale di minori attraverso internet.
Il Grooming è una tecnica di manipolazione online di cui si servono spesso i pedofili per attirare minorenni. Questi iniziano a contattare un ragazzino/a e cercano di conquistarne la fiducia, poi provano a ricattarlo con favori di vario tipo, chiedendo magari foto pornografiche e alcuni arrivano addirittura ad abusarne sessualmente.
Sulla sua pagina internet, l’Accademia della Crusca, nella sezione “Domande e risposte” affianca il termine Grooming ad altri neologismi: sexting, cyberbullying, Snapchat; si tratta di termini spesso poco noti ai più adulti, ma di cui tutti dovrebbero venire a conoscenza per comprendere i rischi in cui i più giovani possono incorrere. Il sexting consiste nell’invio di messaggi dal contenuto sessualmente esplicito attraverso dispositivi informatici; con cyberbullying si intende “bullismo virtuale”, attraverso la rete; Snapchat è invece un’applicazione che consente di inviare immagini che rimarranno visibili da 1 a 10 secondi.
In queste quattro parole si riassumono gran parte dei pericoli in cui può incorrere un bambino non ancora in grado di tutelarsi su internet e che per questo può facilmente cadere preda di chi in rete si destreggia fin troppo bene ed è alla ricerca di persone più deboli, spesso minorenni. Altro pericoloso strumento utile a questi finalità oscene è la violazione della privacy attraverso un uso improprio dei dati.
Il nostro codice penale punisce il reato di Grooming, anche quando l’adescamento non raggiunge l’estremo livello della violenza sessuale. L’articolo 609 bis recita:
Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Occorre formare la consapevolezza dei più piccoli con percorsi di educazione civica digitale e mettere in atto azioni concrete per proteggerli dai pericoli della rete. Tuttavia questo non basta. Viviamo in un mondo digitalizzato, in cui i i bambini iniziano sin da subito ad entrare in contatto con le nuove tecnologie e ad addentrarsi nella pericolosa selva del web. I nuovi strumenti tecnologici non sono più solo mezzi, ma luoghi sociali, di relazioni e comunicazione, il che può influire anche molto pesantemente sullo sviluppo dell’identità dei più piccoli. Bisogna inoltre considerare che la tecnologia, benché costituisca un grosso pericolo, non può certo essere allontanata dai più giovani, poiché con essa crescono e imparano a convivere, inoltre vi vedono un oggetto del desiderio che tutti possiedono: allontanarli dal digitale significherebbe accrescere in loro questo desiderio.
I bambini comprendono sin da subito che sul web possono sdoppiarsi, cambiare identità, mostrare la versione di loro che preferiscono, fino ad arrivare a faticare a comprendere il confine tra realtà e mondo virtuale. In questo senso è cambiato anche il rapporto con la sessualità: per i giovanissimi l’educazione sessuale inizia in rete attraverso la pornografia.
Sul sito della Polizia di Stato si danno utili consigli ai più piccoli:
Non date mai informazioni come il vostro nome e cognome, indirizzo, nome della scuola o numero di telefono a persone conosciute su Internet;
Non mandate mai vostre foto a qualcuno conosciuto via Internet senza il permesso dei vostri genitori;
Leggete le e-mail con i vostri genitori, controllando con loro ogni allegato al messaggio;
Dite subito ai vostri genitori o ai vostri insegnanti se leggete o vedete qualcosa su Internet che vi fa sentire a disagio o vi spaventa, per esempio fotografie di persone adulte o di bambini nudi;
Non fissate incontri con persone conosciute via Internet senza il permesso dei vostri genitori;
Ricordatevi che on line le persone possono non essere quello che dicono di essere. La bambina con cui credete di chattare potrebbe essere un uomo adulto!
Occorre quindi educare i giovanissimi all’uso del web, nel modo più rigoroso possibile, iniziando con l’informarsi sul significato di questi neologismi, cercando di educare i più deboli e i più giovani al valore dell’esperienza e del contatto umano attraverso il corpo, piuttosto che mediante la barriera di uno schermo.