Moda Camp: puro trash o specchio della società?

Sono servite ben 58 proposizioni per descrivere e cercare di far comprendere il concetto di ‘Camp’ nell’iconico saggio “Notes on ‘Camp’” scritto da Susan Sontag del 1964. Nel suo saggio critico la scrittrice sviscera la storia del camp, anticipando l’enorme portata che acquisirà in futuro.

“ciò che è innaturale, per l’artificiale e per l’esagerato”

e continua elencando la sua peculiarità

“nel camp ingenuo o puro, l’elemento essenziale è la serietà, una serietà che viene meno al suo scopo”

Il 2019 è assolutamente l’anno del Camp, è stato infatti scelto come tema dell’incontro annuale con l’ineguagliabile Met Gala e come argomento per la mostra del Costume Istitute, allestita ogni anno al Metropolitan Museum of Art di New York aperta dal 9 maggio all ’8 settembre.  È stato proprio il presidente del Met, Max Hollein, a spiegare le motivazioni della scelta dello stile Camp affermando che la natura dirompente del camp e la sua capacità di sovvertire i valori estetici moderni siano stati spesso banalizzati, ma la mostra rivelerà la sua profonda influenza sia sull’arte accademica sia sulla cultura popolare. Il suo entusiasmo è nato soprattutto grazie alla presentazione del progetto da parte del curatore della mostra Andrew Bolton

«stiamo attraversando un momento di camp estremo e perfino la cultura ufficiale si è convinta che quanto aveva sempre liquidato come “vuota frivolezza” in realtà è diventato uno strumento politico molto sofisticato e potente, specialmente per le culture emarginate. Che si tratti di un’accezione pop, queer o politica, credo che Trump sia la più evidente figura camp attuale».

La selezione della mostra conta ben 175 pezzi, abiti femminili e maschili ispirati ai quadri e ai vestiti conservati nella reggia di Versailles. È proprio all’epoca del Re Sole che il curatore della mostra fa risalire la nascita di questo fenomeno, ovvero con la nascita del concetto di moda. Luigi XIV voleva costruire uno «Stato moderno» e lo descriveva con il termine «à la mode». Più avanti sarà proprio Maria Antonietta a far nascere la sartoria e l’idea della couture. Il camp non si ispira solo alla pionieristica moda francese, ma viaggia fino all’Inghilterra vittoriana, con la figura del Dandy, percorrendo i secoli come un tornado ,immagazzinando tutto ciò che trova, fino a raggiungere il 900’ con stilisti del calibro di Gucci, Balenciaga, Prada, Demna Gvasalia, Marc Jacobs, Franco Moschino, Thom Browne, John Galliano, Christian Lacroix, Karl Lagerfeld, Versace e Vivienne Westwood.

Come si può riassumere quindi uno stile così eterogeneo? Il punto chiave è la creatività e soprattutto vestirsi per lasciare il segno, proprio come se fosse l’ ultimo giorno, senza  paura di osare, abbracciando la propria stravaganza interiore. Insomma “more is more”: il minimal è il vero nemico. Texture elaborate, brillantini e paillettes devono diventare le proprie migliori amiche. Mixare è la grande regola a partire da tutte le diverse versioni animalier, fino alle stampe floreali.

Tra gli elementi che compongono l’universo Camp, troviamo anche le perle “Non uscite mai di casa senza le perle, indossatele sempre e comunque”, consiglia Palomo Spain, lo stilista di ben 6 capi esposti alla mostra. L’uso delle perle risale alla Regina Madre inglese la quale era solita indossare una collana a tre fili. La regina madre, morta alla veneranda età di 101 anni, aveva forse trovato un elisir di lunga vita nei suoi collier? Palomo sottolinea che:

 

“Le perle vanno curate, hanno bisogno del calore del corpo, altrimenti muoiono, quindi indossatele quando cucinate o fate le pulizie, illuminano il volto in modo così bello, e vi sentirete di buon umore tutto il giorno.

Sempre con la lettera P, non bisogna dimenticare le piume, per soddisfare finalmente la fantasia interiore di passeggiare per la strada con il boa, straordinariamente ridicolo, ma altrettanto invitante. Proseguiamo con le ruches e i volant teletrasportati dagli anni 80’, dallo spirito di Lady Diana, la quale era solita sfoggiarli con estrema eleganza.

“Credo che sia importante prendersi delle piccole libertà ogni giorno, è un modo di esprimersi. E ruches e volant sono l’esempio perfetto, perché fondamentalmente non servono a nulla, sono quel tocco in più, l’espressione di chi non teme di mostrare la sua vera natura”,

Il tessuto prediletto è invece il moiré, il quale dona all’outfit uno stile super glam e sgargiante grazie alle sue nuance cangianti. Il tessuto viene realizzato con un procedimento che si chiama calandratura in grado di conferire alla lana, alla seta, e in alcuni casi al cotone, un disegno ondulato. È un tessuto molto antico, infatti compare per la prima volta durante il Medioevo per realizzare i risvolti. È stato scelto in quanto venne indossato da numerose antiche icone: i cardinali cattolici romani e gli zar di Russia.

L’accessorio perfetto? Un bijoux di Christian Lacroix degli anni 80 e 90, ricco di pietre così luccicanti da abbagliare e di dettagli intricati, i quali richiamano lo stile pomposo del barocco e del rococò.

Per essere eccessivi dalla testa ai piedi, non bisogna dimenticare di indossare tacchi vertiginosi, ampi e dalle forme più particolari possibili, che tu sia un maschio o una femmina. Le scarpe alte donano maggiore grinta e slancio e migliorano l’umore grazie alla sensazioni di essere elevate in confronto a tutti gli altri.

“Date a una donna le scarpe giuste e conquisterà il mondo”.

Per concludere possiamo affermare che con la sua eccentricità il camp va ben oltre la soglia del kitsch e del trash, scavalcandola senza farne mai realmente parte, per il suo forte significato intrinseco e per la sua capacità di racchiudere in sé l’evoluzione della moda attraverso i secoli. Il camp è una sensibilità trasversale, che unisce, nella sua espressione, provenienze ed epoche differenti. La moda Camp è riuscita a inglobare e traghettare attraverso i secoli i cambiamenti sociali, molto più dei libri di storia, esaltando ogni sfaccettatura, ogni peculiarità dalle più amate alle più denigrate.



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