La Lingua dei Segni Italiana, ovvero la lingua della comunità sorda che vive in Italia, è una lingua naturale, veicolata attraverso il canale visivo-gestuale, utilizzata nel territorio italiano dalla comunità sorda segnante e da svariate persone udenti.
In Italia ci sono diverse associazioni e cooperative che organizzano corsi in cui è possibile apprendere la lingua dei segni italiana, approfondirne lo studio e conoscere tutto quello che riguarda la cultura sorda; attraverso queste lezioni è possibile diventare interprete o assistente alla comunicazione.
Non esiste però ad oggi un disegno di legge ben preciso che regolarizzi questa lingua, infatti (per citarne una) nel 2011 è stato fondato il Movimento LIS Subito, criticato sia da famiglie che da associazioni contrarie al riconoscimento legislativo della lingua dei segni italiana.
Nell’ottobre del 2017 è stata approvata la “Legge quadro sui diritti di cittadinanza delle persone sorde, con disabilità uditiva in genere e sordocieche” al Senato, il Ddl n. 302 , decreto che è in attesa di approvazione alla Camera.
Per conoscere meglio questo tipo di lingua e gli studi necessari per apprenderla abbiamo intervistato Diamantina Serena Russo, giovane ragazza interprete di Lingua dei Segni Italiana.
Che tipo di studi hai dovuto affrontare prima di diventare interprete?
Sono studentessa di Lingue e Letterature Comparate, nello specifico cinese e inglese, presso l’Università di Napoli “L’Orientale”. Per quanto riguarda la Lingua dei Segni Italiana, in Italia non esiste un vero e proprio corso di laurea, (anche se alla Ca’ Foscari ci sono delle classi), ma ho conseguito un diploma come interprete dopo sei anni di studio regolari. Ho un diploma di livello base, di primo livello, di secondo e due di terzo livello. Infine ho conseguito un diploma come interprete. Al termine di ogni anno bisogna sostenere un esame finale, tramite il quale è possibile accedere all’anno successivo, mentre durante l’anno ci sono esami e verifiche.
Il mio percorso di studi è iniziato tramite l’università dove ho avuto la possibilità di frequentare un corso di Lingua dei Segni Italiana. Si trattava, però, di un corso privato quindi a pagamento, e l’Università ne ospitava soltanto le lezioni. All’Orientale avevamo come insegnante una delle interpreti migliori che abbiamo in Italia, Valeria Buonomo, che ha scritto dei libri sull’interpretariato della Lingua dei Segni Italiana e fa parte di una delle due Associazioni di Categoria di Interpreti Italiani, l’ANIOS. Il corso è durato tre anni e purtroppo, a causa di problemi burocratici, è stato interrotto. Per non perdere il lavoro svolto fino a quel momento io ed alcune mie compagne abbiamo continuato gli studi presso l’ENS di Napoli (Ente Nazionale Sordi).
Dopo un anno di studi all’ENS, dove ho avuto la possibilità di confrontarmi e conoscere persone sorde, la mia ex insegnante ha aperto una scuola a Napoli: la CounseLis. Quindi ho deciso di continuare a studiare, con due amici, in entrambi gli istituti. Questa decisione non è stata semplice per le ovvie difficoltà del caso, (tante ore da dover dedicare allo studio e le corse tra gli istituti), ma alla fine siamo riusciti a conseguire il diploma di terzo livello in entrambe le scuole. Ho continuato poi a studiare l’interpretariato solo alla CounseLis fino al diploma, qui ho avuto la possibilità di fare tirocini, sia passivi che attivi.
Sei soddisfatta degli studi svolti?
Sono molto soddisfatta dei miei studi in generale. Ho avuto la possibilità di lavorare con esperti del settore, una rosa di insegnanti di prim’ordine, sordi e udenti, tra tutte le scuole; te ne elenco qualcuno, salvo che vorrei dirteli tutti perché ognuno mi ha dato tanto davvero: Valeria Buonomo, Marinella Salami, direttore esecutivo del Forum Europeo degli Interpreti di Lingua dei Segni (EFSLI), Rita Sala, Marcello Cardarelli, Costanza Giuliani, Cecilia Gazzeri, Concetta Grazioso, il professore Arturo Martone, già mio professore di semiotica all’Università Orientale di Napoli, Elvira Sepe (presidentessa attuale dell’ENS di Napoli), Paola Massa (che attualmente vive in Svizzera e porta avanti dei progetti lì con la lingua dei segni), Tiziana Gulli, Anna Di Pierno, Raffaella Granta, Mario Galò… Ce ne sono altri, tanti, e davvero tutti fantastici!
Uno delle ricchezze della scuola CounseLis, per esempio, è stata, oltre al metodo innovativo di studio della Lingua dei Segni, poter ricevere anche un certo tipo di appoggio mirato: un percorso ad hoc di counseling. Infatti lo studio di questa lingua non è facile, sia per la difficoltà in sé, sia a causa della burocrazia italiana che non la riconosce ancora a tutti gli effetti, il che porta a scontrarsi con il mondo del lavoro e il mondo in generale. Per questo, la scuola offre anche un sostegno personale ai suoi alunni per permettergli di affrontare al meglio, anche dal punto di vista psicologico, il loro percorso di studi: è prevista, come accennavo, un’ora di counseling personale privato e quattro ore di counseling collettivo di classe al mese, con specialisti. Ovviamente, per chi dovesse avere necessità si potrebbe personalizzare il proprio pacchetto.
Abbiamo anche fatto lezioni di etica e di deontologia professionale, oltre che un corso di dizione; ma davvero vi ho detto una piccola parte del nostro percorso di studi.
Purtroppo mi duole sottolineare che la situazione in Italia è molto complessa in quanto questa lingua non è ancora riconosciuta per vie ufficiali, per cui il mio personale percorso è stato questo, ma domani puoi incontrare un’altra inteprete che ha fatto un percorso di studi molto diverso dal mio, e non dovresti esserne sorpresa. Questo però chiaramente porta a dei problemi, sia per quanto riguarda la preparazione delle figure professionali che devono lavorare con questa lingua, quindi interpreti, interpreti scolastici e assistenti della comunicazione, sia per quanto riguarda la preparazione dei sordi e le difficoltà da affrontare quotidianamente in questo Paese che non permette dei servizi a trecentosessanta gradi. Non c’è, dunque, un’organizzazione solida che tuteli tout court la preparazione di un bambino sordo e che tuteli il nostro lavoro. Per esempio io sto facendo l’interprete scolastica ad un bambino sordo di seconda media, un lavoro di quaranta ore spalmate in due mesi, che si traducono in quattro ore settimanali (…). Si tratta quasi di volontariato, dal momento che viene retribuito con il minimo sindacale.
Mi sento comunque di dare un consiglio alle persone che vogliono avvicinarsi a questa lingua e a questo fantastico mondo: prestate sempre molta attenzione alla scuola in cui decidete di studiare perché, non essendoci regole precise, molte persone tendono ad aprire “scuole” di Lingua dei Segni Italiana che spesso sono corsi brevi, di circa un anno o due, gestiti da insegnanti che non hanno la giusta preparazione. Oltre a questi sono presenti anche molti corsi online, che non conosco per esperienza diretta, ma, da quanto ho visto indirettamente e per quello che so sullo studio di questa lingua, credo siano negativi in quanto, trattandosi di una lingua basata molto sulla corporalità, sul contatto oculare, e in generale su quello che la parola “multilinearità” esprime bene, è necessario avere un approccio maggiormente diretto.
Quello che fa davvero la differenza attualmente è una buona preparazione. Parlo di differenza da un punto di vista etico e professionale, che si traduce in una buona riuscita sul campo lavorativo. Se non traduci mai bene, o traduci a metà, l’informazione arriverà diminuita o falsificata alla persona sorda. E questo chiaramente potrebbe comportare non pochi problemi nella sua vita.
Per cui è anche inutile ricordare quanto queste sedicenti scuole siano negative per le persone sorde poi, dal momento che successivamente gli vengono affiancate persone non idonee, con tutte le relative conseguenze.
E soprattutto ricordate: l’unione e la cooperazione, tra interpreti, assistenti e comunità sorda! Non permettete che questo, a volte barbaro, mercato lavorativo vi faccia perdere di vista l’umanità e la bellezza dei rapporti profondi che si instaurano in questi contesti. Io ho una ricchezza enorme di persone tra colleghe e colleghi, e amici e amiche, udenti e sordi, che è un capolavoro. Siamo le nostre reciproche spalle di supporto, opportunità di scambio, crescita, collaborazione nonché amici e amiche sui quali puoi sempre contare.
Com’è nata la tua passione per la Lingua dei Segni?
La mia passione è nata da quando ero piccola, vedendo le interpreti al telegiornale o in altri contesti rarissimi. E a dire la verità sono sempre stata appassionata alle lingue. Poi nella mia vita ho fatto volontariato di tutti i tipi. Prima di iniziare il mio corso di Lis base presso l’Orientale, feci un anno di volontariato in un istituto in cui erano presenti persone con diversi tipi di disabilità. Qui conobbi un ragazzo sordo con un ritardo cognitivo, ma riuscivo a comunicare con lui molto bene. Subito dopo seppi del corso alla mia Università e non potevo che lanciarmi; da subito la mia passione è aumentata: è una lingua bellissima ed essendo una lingua che viaggia sul canale visivo-gestuale ti dà la possibilità di esplorare il mondo con occhi diversi, nuovi e pieni di vita e viverci con una nuova e più cosciente consapevolezza di sé e del proprio corso. La prima volta in cui ho visto un sordo “segnare” (che sarebbe l’equivalente del “nostro” parlare) ho pensato fosse uno spettacolo e me ne sono innamorata. Di lì ho portato avanti la mia passione nonostante la difficoltà degli studi. È necessario comunque e sempre avere tanta passione e tanto impegno.
Inoltre, a me piace tantissimo confrontarmi con le persone per conoscere le loro idee e lo studio di questa lingua mi ha permesso di non avere barriere che mi impedissero di crescere anche da questo punto di vista.
Hai lavorato attivamente sul campo?
Sì. Oltre al tirocinio organizzato dalla scuola e alle ore di interpretariato scolastico di cui ho parlato prima, da poco sono diventata la guida ufficiale del parco archeologico di Paestum. Inoltre, nel mio paese, Cicerale (in Cilento, provincia di Salerno), grazie a Gerardo Antelmo e al dottore Paolo Maietta, si è aperto da dicembre il Pairi che è un centro di ricerca sull’autismo, unico nel suo genere in Italia: si fa ricerca, diagnosi e terapia e c’è in progetto l’apertura del “Dopo di noi”, villaggio in cui le persone autistiche potranno vivere in assenza di genitori, ovviamente seguiti da personale e terapeuti esperti. Si insegnerà loro alcuni mestieri per permettergli di condurre una vita serena. Grazie a quest’Istituto ho fatto il corso di Terapia Multisistemica in Acqua (TMA) metodo Maietta, davvero bellissimo! Ho anche presentato un progetto che dovrebbe partire a settembre, incrociamo le dita. Si tratta di un progetto di ricerca in cui ho proposto di utilizzare la LIS per bambini autistici non-verbali, in quanto è un tipo di comunicazione che a loro calza alla perfezione, viaggiando su canali che sono più vicini alle loro esigenze. Ma una delle cose più belle è che utilizzando la Lingua dei Segni Italiana si attivano delle aree celebrali che stimolano anche il linguaggio verbale: quindi questo progetto aiuterebbe i bambini sia nell’acquisizione di una lingua più vicina alle loro esigenze per la comunicazione dei propri bisogni primari sopratutto e generali, sia darebbe la possibilità di poter attivare il linguaggio verbale. Comunque già aiutare un bambino a imparare la lingua dei segni è un successo: permettere a qualcuno di poter comunicare almeno all’inizio con i propri famigliari i suoi bisogni e le sue emozioni è molto importante, poiché è essenziale ricordare che uno dei problemi maggiori dei bambini con la sindrome dello spettro autistico è proprio quello di non riuscire a comunicare cosa si sente, cosa si ha dentro.
Questo centro, inoltre, ha finanziamenti privati per cui i bambini (per ora, ma anche gli adulti fra un po’) hanno molte agevolazioni economiche e le diagnosi sono gratis.
Che prospettive e progetti futuri hai?
Oltre alla mia personale voglia di lavorare in alcuni contesti tra cui il turismo esperienziale, escursionistico, storico ecc., vorrei anche avere la possibilità di essere presente per le persone sorde e le loro necessità. Secondo me dovrebbero esserci interpreti in tutte le istituzioni pubbliche, dalla scuola, all’ospedale, alle poste e così via. Il problema in Italia del non riconoscimento della Lingua dei Segni non consente l’esistenza di questo tipo di figure e i sordi devono procurarsi un interprete personalmente, con grandi difficoltà a volte, per cui spesso chiamano un parente. Il problema è però che si può anche conoscere correttamente la Lingua dei Segni, ma essere interprete è un’altra cosa! È necessario fare degli studi mirati alla comprensione del significato profondo, non limitandosi alla traduzione letterale che spesso è fuorviante o comunque limitante; la vera traduzione, simultanea o consecutiva che sia, è altro. Inoltre, voglio assolutamente portare avanti il mio progetto di ricerca presso l’Istituto Pairi e, insieme ad altre idee che ho, spero appunto di aumentare la presenza di interpreti nelle istituzioni pubbliche e di creare opportunità di lavoro e di crescita personale e professionale per le persone sorde, ma questa sarà una sorpresa! Magari ci vediamo tra un anno (meno spero) e potrò raccontarti gli sviluppi dei progetti e anche altri progetti che per ora non ti ho detto. Intanto per ora guardiamo le prime “piantine” nascere dai semi piantati con tanto amore e fiducia finora.
Intervista a Diamantina Serena Russo
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