Teatro Kerkìs, “Alla ricerca di Antigone”

La stagione dell’associazione Teatro Kerkìs termina con la messa in scena di Sofocle. Alla ricerca di Antigone. Lo spettacolo rappresenta l’esito del Corso di Alta Formazione 2019, riproposto nella sua ottava edizione. Il corso offre ai partecipanti la possibilità di un’immersione pratica e teorica in uno dei classici del teatro greco o latino. L’inizio del percorso consiste nella lettura del testo in lingua originale e nella traduzione per la scena. L’obiettivo è approfondire tematiche e significati testuali, soprattutto rapportati alla contemporaneità. Successivamente, grazie a supporti di regia e a un corso pratico per attori, viene studiata la messa in scena. Gli attori sono giovani ragazzi, molto spesso con poca esperienza in campo teatrale. L’obiettivo è formativo: la messa in scena del testo classico mira a restituire la corretta teatralità a opere ormai lontane dai repertori tradizionali. Non bisogna dimenticare infatti la vitalità del teatro nell’antica Grecia e Roma.

L’obiettivo dell’associazione è quindi la messa in scena del testo classico originale. Non ci sono adattamenti o integrazioni, anche se la lingua risulta svecchiata e contemporanea. In particolare, Sofocle. Alla ricerca di Antigone rappresenta una fedele traduzione dall’Antigone, per l’appunto, opera per la prima volta rappresentata nel 442 a.C. e divenuta poi celeberrima grazie all’indimenticabile eroina protagonista. La lingua appare semplice e fluente: la scelta di drammaturgia consiste in una commistione tra il registro letterario e colloquiale, in perfetto equilibrio. Vengono tuttavia conservate espressioni tratte dalla cultura e dalla società greca. Questa scelta, anche se piuttosto ardita, è coerente con l’obiettivo della messa in scena.

Il coro desta interesse particolare. Il Teatro Kerkìs, infatti, diversamente dalle tendenze del teatro contemporaneo, conserva questa entità. Nella cultura greca, il coro aveva una funzione essenziale: era una componente imprescindibile dello spettacolo teatrale. I coreuti erano cittadini comuni e il numero era variabile, da 7 a 50 componenti; il coro tragico di Sofocle, in particolare, contava 15 elementi – danzatori, non attori. I componenti si dedicavano prevalentemente al canto e al ballo, interrompendo la performance attoriale e creando intermezzi tra gli atti. Non bisogna dimenticare, infatti, quanto la tragedia greca fosse lontana dall’idea moderna di spettacolo teatrale: si avvicinava piuttosto al melodramma. L’idea era quella di creare una commistione perfetta tra scene di recitazione e di canto. Il coro, inoltre, commentava eventi e azioni della tragedia, spesso interagendo con i personaggi.

Il coro di Sofocle. Alla ricerca di Antigone è composto da ragazze giovani. L’idea è quella di conservare la funzione di commento e interazione con i personaggi, in particolare con Creonte. La recitazione è cantilenante, proprio per rimandare alla funzione canora del coro greco. Sono pochi, in effetti, i canti veri e propri. In particolare, lo spettacolo si conclude con un canto, conservato in lingua greca. Anche la danza viene rievocata con coreografie semplici ed essenziali. L’impressione, quindi, è quella di un’operazione di sintesi dell’entità del coro greco. In effetti, sarebbe pressoché impossibile una sua conservazione integrale: il contesto storico e sociale sono diversi a tal punto da non consentirne il supporto.

La scenografia è semplice e geometrica. Pochi sono infatti gli oggetti scenici: il trono del re e uno sfondo che evoca i contorni della città. Lo spazio è utilizzato nella sua interezza. Il coro, a questo proposito, si posiziona spesso sulle gradinate antistanti al palco e i personaggi entrano in scena dal corridoio. In questo modo il palco viene ampliato, verso un’idea di spazio-fiume. I costumi sono semplici e rievocano sinteticamente l’atmosfera greca. I personaggi, infatti, indossano tuniche colorate. L’obiettivo dello spettacolo e, più in generale, dell’associazione teatrale, è ricercare un senso di verosimiglianza con l’atmosfera e la cultura della classicità.

Antigone è l’eroina simbolo della giustizia sociale e civile. Il re della città Creonte impone, tramite un decreto, il divieto di seppellire il corpo di Polinice, il fratello. Antigone trasgredisce alle leggi imposte e persegue il suo obiettivo fino alla morte. L’eroina lotta per una morale privata, contro le usurpazioni del potere. In effetti, la tragedia di Antigone può essere considerata un lungo dibattito sul valore della giustizia. Essenzialmente, l’intera tragedia consiste nel dialogo tra i due personaggi protagonisti, Creonte e Antigone. Il primo rappresenta la giustizia dello Stato: un re inflessibile che non cede alla legge, nemmeno di fronte alla promessa sposa del figlio. Antigone invece lotta per ottenere un diritto umano: secondo la mentalità greca, infatti, la sepoltura consentiva al morto il raggiungimento della pace eterna. L’inflessibilità di Creonte di fronte alla richiesta di pietà persiste fino al termine della tragedia: il pentimento s’intravede solo dopo la strage.

Antigone è un personaggio talmente complesso da non risultare definito e proprio per questo il Kerkìs sceglie di chiamare lo spettacolo Alla ricerca di Antigone. Il personaggio è inavvicinabile a una lettura superficiale: così potente, ma estremamente enigmatica, da millenni Antigone agisce come un’archetipo attraverso generazioni di uomini. La sua infinita complessità consiste proprio nel suo pensiero, apparentemente logico, che domina l’intera tragedia. Da Sofocle:

Per me l’avere in sorte questa morte non è punto un dolore: lo sarebbe se avessi osato lasciare insepolto il morto, uno che nacque da mia madre. Non è dunque di questo che m’affliggo? Un gesto folle tu lo credi? Forse il folle è chi m’accusa di follia.

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